Un'approccio europeo alla sicurezza on line

18/06/2009

Unire l'Europa nella ricerca sull'uso di internet da parte di bambini ed adolescenti: con questo scopo, dal 2006, è attivo il network Eu Kids Online coordinato dalla prestigiosa London School of Economics. Gli obiettivi sono duplici: prima di tutto, fare il punto sulle ricerche legate a rischi e opportunità della Rete per i minori nei vari paesi europei.

Poi, compiere una propria ricerca che  indaghi su scala continentale e in maniera omogenea sulle esperienze e le reazioni di ragazzi e genitori alle insidie che si celano on line.

La prima parte del progetto si è conclusa con un meeting tenutosi a Londra l'11 giugno scorso. Ricercatori da ventuno paesi europei si sono dati appuntamento nella capitale inglese per tirare le somme di un lavoro durato un triennio, nel quale, tra le altre cose, è stato costruito un archivio elettronico e accessibile al pubblico che ospita i dati di ben 390 studi empirici. «L'Italia è entrata nel progetto nel 2007 e abbiamo lavorato per fare un censimento delle ricerche disponibili sul nostro paese», racconta il referente italiano per Eu Kids Online Giovanna Mascheroni, ricercatrice dell'Osservatorio sulla comunicazione all'Università cattolica di Milano. «Il progetto globale infatti mirava ad  analizzare e confrontare i dati disponibili per individuare quali aspetti siano stati sottostimati nelle ricerche su opportunità e rischi di internet», aggiunge.

Il confronto tra le varie esperienze in tutta Europa ha tentato di mettere in relazione il tipo di ricerche e dati disponibili col contesto socioculturale. «Il risultato è che esiste una forte correlazione tra il numero delle ricerche e la diffusione di Internet tra bambini e adolescenti», commenta Mascheroni. In Italia, un paese dove la Rete ha iniziato a diffondersi davvero solo da pochi anni, il rapporto dei ragazzi con le nuove tecnologie è stato indagato relativamente meno rispetto alla media europea: «Le ricerche disponibili non sono pochissime, tra 30 e 40 – dice la ricercatrice della Cattolica – Per lo più si tratta di ricerche di scenario sull'accesso alla rete delle famiglie italiane e sull'attività on line dei minori italiani». Poi, ci sono anche lavori sui rischi, ma «in numero inferiore rispetto agli altri paesi e curate dalle Ong più attive in questo campo insieme ai cosiddetti content provider come le grandi case di software». Il rapporto di Eu Kids Online, basato su dati del 2008, classifica l'Italia tra i paesi a “basso rischio” proprio perché il web tra bambini e adolescenti è meno diffuso rispetto a paesi, come quelli dell'Europa del nord, in cui la penetrazione di Internet tra i minori tocca il 90%.

Eppure, a fronte di una diffusione e di un'investigazione accademica ancora limitate, ben diverse sono le rappresentazioni che i media danno delle insidie del web. «I media si concentrano sui rischi di “contatto”, cioè quando il minore è coinvolto in una comunicazione gestita e guidata da altri, e su quelli a carattere sessuale, soprattutto la pedopornografia – osserva Mascheroni – ci sono però molti altri pericoli che vengono trascurati: per esempio, si parla poco dei siti pro anoressia o dei rischi derivanti dallo spam, dai virus legati all'attività di download e dalla diffusione in rete dei propri dati personali». Quest'ultimo, connesso anche alla recente e tardiva diffusione in Italia dei social network è un fenomeno ancora poco studiato: «La prima ricerca è stata pubblicata solo nel 2008», afferma la referente italiana di Eu Kids Online.

La ricognizione del progetto europeo porta allo scoperto alcuni aspetti interessanti. Prima di tutto, in Europa si sta diffondendo una tendenza nata nei paesi anglosassoni. La ricercatrice della Cattolica la definisce «bedroom culture: l'intrattenimento e il tempo libero dei ragazzi è sempre più domestico e sempre più incentrato sui media – dice – vivono in mezzo alla tecnologia, ma da soli: anche quando si tratta di attività socializzanti, vengono portate avanti dalla propria cameretta». Il concetto di “generazione digitale”, poi, andrebbe forse rivisto: «Le ricerche più recenti tendono a metterlo in discussione e a contestualizzare usi, attività e competenze», puntualizza Mascheroni. All'inizio, anche nei paesi in cui Internet ha avuto una diffusione più recente, «il numero dei minori che la usavano era superiore rispetto a quello dei loro genitori, ma ultimamente - così dicono i dati del 2008 - c'è un'inversione di tendenza».

È quasi la rivincita dei genitori: all'incontro di Londra i ricercatori olandesi hanno presentato uno studio sulle competenze informatiche che conferma come gli adolescenti siano molto bravi nelle attività che fanno abitualmente (l'uso della messaggistica o dei social network), ma abbiano molte meno competenze informatiche dei loro genitori». Al controllo parentale viene attribuita una diversa priorità tra i paesi del Nord e quelli dell'Europa del sud: «Nei paesi latini, è più forte la tendenza a controllare di più l'uso di internet e dei media, con limitazioni temporali più che tecnologiche – spiega la ricercatrice – invece dei filtri alla navigazione, viene imposto un tempo limite di utilizzo oppure il bambino naviga insieme a uno dei genitori o parla molto delle sue attività sul web». Questo, secondo Mascheroni, va «forse messo in relazione con una maggiore familiarità con internet e con una diversa immagine dell'infanzia che hanno le culture nord europee, meno protettive e più propositive».

Comunque, le ricerche dimostrano «esiste una relazione  forte tra l'esposizione ai rischi e l'età o lo sviluppo di competenze on line: i rischi tendono ad aumentare come cresce l'età del minore e come aumentano le sue attività su Internet». Ma è ancora poco chiaro è il lato dell'esperienza del rischio: quando si trovano di fronte ad attività potenzialmente rischiose, come reagiscono i minori? Soprattutto, quando  e come gli adolescenti creano dei rischi on line? «Sono aree poco studiate e che speriamo di portare alla luce con la ricerca che ci impegnerà in questo prossimo biennio – risponde Giovanna Mascheroni – la raccolta dei dati partirà ad aprile del 2010 e i primi risultati dovrebbero essere disponibili per l'estate». La ricerca «permetterà di avere dati su scala europea immedia confrontabili» ed interesserà almeno 20 paesi europei e verrà condotta attraverso questionari somministrati a minori di età compresa tra 9 e 16 anni e ai loro genitori: si concentrerà sull'esperienza dei rischi on line e sulle strategie che bambini, adolescenti e genitori adottano per proteggersi. (mf)