L'Italia avvia la lotta alla circoncisione rituale clandestina grazie ad un protocollo d’intesa voluto dal Ministero della Salute, firmato dal sottosegretario Francesca Martini e dal presidente della Federazione italiana dei medici pediatri (Fimp) Giuseppe Mele.
L’accordo prevede un monitoraggio del fenomeno attraverso una adeguata informazione nei punti nascita, negli ambulatori pediatrici e in ogni altra struttura interessata. In particolare, impegna i pediatri a informarsi sull’orientamento religioso della famiglia del bambino e sulla loro intenzione di accedere alla pratica della circoncisione. In caso positivo, il medico dovrà informare le famiglie sulle possibili complicanze medico-chirurgiche che la circoncisione comporta. Infine, qualora i genitori decidano di procedere con l’intervento, il pediatra dovrà indirizzarli verso strutture sanitarie autorizzate.
“Morire a pochissimi mesi nel nostro paese, che ha una grandissime tradizione nella salvaguardia della salute del bambino, è una questione che deve sollevare le coscienze”, ha affermato il sottosegretario Martini, ricordando la morte dei due bambini circoncisi clandestinamente nel corso dell’estate.
Martini ha poi sottolineato come il diritto alla salute sia un diritto di tutti i bambini, anche di quelli temporaneamente residenti in Italia. L’obiettivo è dunque quello di fare rete tra le istituzioni e le associazioni dei medici pediatri per debellare il fenomeno della circoncisione clandestina e delle mutilazioni genitali femminili, che in Italia sono espressamente proibite da una legge del gennaio 2006.
“Nel nostro paese – ha affermato il presidente del Fimp – ci sono 30 mila bambine infibulate. […] Le immigrate africane in Italia continuano a circoncidere i figli a casa, mettendo in pericolo la loro vita. Nel loro Paese è una pratica che si fa ovunque, anche dal parrucchiere o dal barbiere, ma siamo in Italia e qui la circoncisione deve essere praticata da un chirurgo in sala operatoria e con tutti gli
accorgimenti del caso”.
L’intervento chirurgico non è comunque compreso nei livelli essenziali di assistenza, e quindi necessita del pagamento di un ticket sanitario. Proprio per questo alcune regioni italiane (Piemonte, Liguria e Friuli Venezia Giulia) nella loro autonomia hanno deciso stanziamenti di fondi a favore di progetti per un certo numero di interventi gratuiti di circoncisione da effettuarsi su bambini figli di immigrati residenti che ne facciano richiesta.
(foto: campagna sociale di Amnesty International contro le mutilazioni genitali femminili -
Agenzia Publicis Stockholm, Svezia)
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