«Nel riconoscere e promuovere la famiglia la società gioca la sua stessa sopravvivenza». Si apre così la premessa del nuovo Rapporto di monitoraggio del Piano di sviluppo dei servizi socio-educativi per la prima infanzia, una fotografia dei dati sui nidi e i servizi educativi integrativi aggiornata al 31 dicembre 2012 che invita a riflettere anche sugli orientamenti e le prospettive future delle politiche di settore. Il rapporto è stato presentato oggi, a Roma, nel corso del seminario Nidi e servizi per l'infanzia. Conoscere per governare.
I dati evidenziano come il sistema dei servizi sia cresciuto in maniera consistente nella sua dimensione: si è passati da 234.703 posti al 31.12.2008 a 287.662 al 31.12.2012, per una percentuale di copertura che è salita dal 14,8 per cento al 19,7 per cento.
Nell'arco temporale preso in considerazione dal monitoraggio (31.12.2008- 31.12.2012) «la relazione tra pubblico e privato si conferma come elemento fortemente caratteristico sia nello sviluppo che nella caratterizzazione del sistema dell'offerta».
Dall'analisi dei dati emergono, tuttavia, anche alcune criticità, come il divario tra le regioni nell'offerta dei servizi.
Ma vediamo più nel dettaglio alcuni aspetti approfonditi nel rapporto, realizzato da un gruppo di esperti costituito a cura dell'Istituto degli Innocenti di Firenze, nel quadro dei programmi del Centro nazionale definiti da parte del Dipartimento per le politiche della famiglia d'intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Ce ne parla Aldo Fortunati, direttore dell'area educativa dell'Istituto.
Quali sono le principali novità del rapporto?
Il nuovo rapporto di monitoraggio, come in parte anche il precedente, ci offre la possibilità di capire qual è stata l'evoluzione del sistema dei servizi educativi per la prima infanzia nel nostro Paese negli ultimi cinque anni, perché possiamo comparare la situazione al 31.12.2008, cioè la data in cui è uscito il primo rapporto, e la situazione al 31.12.2012. In questo arco di tempo si misura una consistente dimensione di sviluppo quantitativo del sistema dei servizi, che in sintesi passa da una copertura del 14,8 per cento a una copertura del 19,7 per cento sulla popolazione residente in età 0-2. Questo sviluppo si concentra sulla tipologia del nido, che ha un incremento da poco meno di 208 mila posti a più di 260 mila posti, mentre è sostanzialmente stabile, in leggero incremento, la diffusione dei servizi integrativi, che offrivano nel 2008 poco più di 24 mila posti e ne offrono oggi poco più di 27 mila, ma con una leggera flessione del dato rispetto all'anno precedente. Quindi il sistema integrato dei servizi è fortemente centrato intorno alla tipologia del nido d'infanzia, che assorbe circa il 90 per cento della potenzialità ricettiva dell'intero sistema. Lo sviluppo di cui ho appena parlato ha una leva fondamentale nel protagonismo del privato, che lo ha caratterizzato in particolare negli ultimi decenni e anche in questi ultimi cinque anni. Non dobbiamo pensare, tuttavia, a un sistema diviso tra offerta pubblica e privata, perché sono sempre più numerosi i servizi privati che ricercano un rapporto con la parte pubblica attraverso i meccanismi dell'accreditamento e del convenzionamento, riconducendo dunque la propria offerta all'interno del sistema pubblico e ricevendo per questo contributi e finanziamenti pubblici.
Le edizioni precedenti del rapporto hanno messo in evidenza differenze territoriali molto marcate nell'offerta dei servizi. Il divario tra le regioni è ancora così ampio?
Farò due osservazioni e un commento. La prima osservazione è questa: per quanto riguarda nidi e servizi integrativi la situazione è sempre tuttora caratterizzata da una concentrazione dei servizi nelle regioni del Centro-Nord, con differenze distributive molto forti perché nidi e servizi integrativi hanno un tasso di copertura che oscilla tra il 20 e oltre il 23 per cento nelle macro aree del Centro-Nord e si ferma, invece, a una percentuale di poco superiore all'8 per cento nel Mezzogiorno. Da questo punto di vista, dunque, continua a essere presente una disparità nell'opportunità di accesso a un nido per i bambini che nascono nelle regioni del Sud e per quelli che nascono nelle regioni del Nord. Accanto a questo, però, i dati del rapporto ci danno, per il secondo anno consecutivo, una misura anche del grado di accoglienza delle scuole dell'infanzia di bambini anticipatari, cioè di bambini più piccoli di quelli che normalmente frequentano una scuola dell'infanzia e dunque di bambini ancora in età da nido. Il dato ci rivela che il fenomeno degli anticipi, diffuso mediamente con una percentuale che tocca circa un po' più di 5 bambini su 100, è distribuito in maniera disomogenea nel Paese: è decisamente più forte nel Mezzogiorno, dove la sua copertura riguarda 9 bambini su 100, piuttosto che nel Centro-Nord, dove oscilla intorno al 3 per cento. La copertura complessiva del sistema delle opportunità è riequilibrata sul piano quantitativo dal fenomeno degli anticipi, ma occorre tenere presente che si tratta di servizi che hanno caratteristiche molto diverse (ecco il commento critico): nel caso dei nidi offrono condizioni di accoglienza qualitativamente buone in generale, mentre nel caso degli accessi anticipati alle scuole dell'infanzia offrono condizioni generalmente non buone o addirittura cattive, perché mancano requisiti fondamentali, come le attrezzature per il cambio e la cura dei bambini più piccoli.
Qual è l'impatto della crisi economica sui servizi educativi per l'infanzia?
Cominciamo a misurare l'impatto della crisi economica sul sistema dei servizi educativi per la prima infanzia. Un elemento che avevamo già colto analizzando i dati Istat. I dati Istat sulla spesa sociale relativi all'anno 2011 ci segnalano come per la prima volta si interrompa la serie storica dell'incremento dell'impegno economico da parte dei comuni nei confronti dei costi di gestione dei servizi e l'aumento del numero di bambini accolti all'interno dei nidi comunali o privati convenzionati. Questo è un dato che troviamo anche all'interno del contesto di monitoraggio, nel quale si legge come si determini quella che vogliamo considerare una pausa, speriamo momentanea, nel dato relativo allo sviluppo del sistema dell'offerta dei servizi. Nell'arco dei 5 anni c'è una crescita, ma se vediamo il dato dell'ultimo anno ci sono dei sintomi di stallo rispetto al precedente, se non di flessione negativa, come già detto nel caso dei servizi integrativi. Ciò è chiaramente dovuto alle difficoltà derivanti dalla crisi economica, sotto un duplice aspetto. In primo luogo, se vengono meno risorse pubbliche a supporto della copertura dei costi di gestione dei servizi, i comuni hanno difficoltà a mantenere in piedi i servizi che già ci sono (i dati Istat ci dicono che siamo di fronte al primo anno di flessione negativa nell'impegno economico dei comuni a favore di questo settore). In secondo luogo, le famiglie hanno difficoltà a pagare le rette anche dei servizi pubblici, perché spesso sono famiglie che passano da una situazione bireddito a una situazione monoreddito e quindi rinunciano ad accedere al servizio anche quando hanno ottenuto un posto. Questi sono sintomi che cominciamo a leggere e che probabilmente sono destinati ad accrescersi nel prossimo futuro, a meno che si intervenga per rinforzare la responsabilità di parte pubblica nel settore. La prospettiva dovrebbe essere quella di un accrescimento degli investimenti da parte del livello centrale di governo.
Quali sono le prospettive per un rilancio delle politiche di settore?
In questi ultimi anni abbiamo avuto provvedimenti straordinari da parte del governo in questo settore, che hanno distribuito risorse incentivanti lo sviluppo della rete dei servizi alle regioni e per loro tramite ai comuni e al territorio. Tutto questo in parte ha rafforzato la rete delle opportunità, ma se tale azione non viene storicizzata e resa permanente attraverso provvedimenti ordinari e non straordinari, molto probabilmente accadrà che proprio nelle aree di maggior sviluppo recente della rete dei servizi ci saranno dei sintomi di sottoutilizzo delle potenzialità della rete dei servizi per le difficoltà a coprire i costi di gestione. In una prospettiva positiva è auspicabile che le azioni di incentivazione allo sviluppo proseguano in una dimensione di programmazione pluriennale e siano assunti provvedimenti per la copertura ordinaria dei costi di gestione dei servizi: l'unico modo di garantire che i servizi si mantengano in vita e siano accessibili da parte delle famiglie in via generalizzata ed equa.
(Barbara Guastella)