Servizi per la prima infanzia, report Istat

Nell'anno scolastico 2011/2012 diminuisce, anche se di poco, il numero di bambini che usufruiscono di servizi socio-educativi per la prima infanzia e si conferma molto ampio il divario tra le regioni nell'offerta pubblica di asili nido. È quanto emerge dal rapporto dell'Istat L'offerta comunale di asili nido e altri servizi socio-educativi per la prima infanzia.

Secondo i dati forniti dall'Istituto nazionale di statistica la quota di bambini che si avvale di un servizio socio-educativo pubblico o finanziato dai comuni è pari al 13,5 per cento e i comuni che garantiscono un'offerta di asili nido o servizi integrativi per la prima infanzia sono il 55,1 per cento. Come già detto, continuano a essere molto marcate le differenze tra le regioni: confrontando i due estremi della distribuzione regionale si passa dal 2,5 per cento della Calabria al 26,5 per cento dell'Emilia Romagna.

Oltre al calo, anche se molto lieve, del numero di utenti dell'offerta pubblica, il rapporto registra, tra le altre cose, anche la diminuzione della spesa pro-capite dei comuni per i servizi socio-educativi e del numero di bambini che usufruiscono di servizi integrativi.

I dati, si precisa nel rapporto, «sono riferiti ai soli utenti delle strutture comunali o delle strutture private convenzionate o sovvenzionate dal settore pubblico, mentre sono esclusi dalla rilevazione gli utenti del privato tout court». Quando si affronta il tema dell'indice di copertura dei servizi socio-educativi per la prima infanzia occorre tenere ben presente questa precisazione, riportata anche nella precedente edizione del report.

Il perché lo spiega Aldo Fortunati, direttore dell'area educativa dell'Istituto degli Innocenti di Firenze: «i dati Istat possono essere inseriti all'interno di un quadro conoscitivo più completo, che è quello delineato dall'ultimo Rapporto di monitoraggio sui servizi educativi per la prima infanzia, che sarà presentato il 13 novembre prossimo a Roma. Il Rapporto di monitoraggio, realizzato dall'Istituto degli Innocenti di Firenze su mandato del Dipartimento per le politiche della famiglia e d'intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, offre un quadro più completo perché non contiene solo i dati Istat ma anche quelli relativi alla consistenza del sistema dell'offerta legato ai servizi privati, non convenzionati con gli enti locali; integra il quadro il dato, molto importante, sul fenomeno degli accessi anticipati alle scuole dell'infanzia da parte di bambini ancora nel terzo anno di vita».

A Fortunati abbiamo rivolto qualche domanda su alcune evidenze che emergono dal rapporto dell'Istituto nazionale di statistica.

A cosa è dovuta la diminuzione del numero di bambini che usufruiscono di servizi socio-educativi per la prima infanzia messa in evidenza dal rapporto?

Si tratta di un dato importante e critico, che interviene in una serie storica che negli ultimi anni ha avuto, invece, un segno di crescita, non vertiginosa ma certamente progressiva e coerente nel tempo. La principale causa non è da interpretare come legata a una flessione della domanda e meno che mai a una flessione del bisogno di questi servizi, ma all'impatto che la crisi economica sta registrando sul sistema dei servizi, sotto una duplice prospettiva: da un certo punto di vista l'impatto della crisi produce una difficoltà da parte degli enti locali a coprire i costi di gestione dei servizi e questo conduce a una contrazione delle potenzialità ricettive del sistema dell'offerta; dal punto di vista della domanda la crisi espelle dal mercato del lavoro forza lavoro prevalentemente femminile. Così molti nuclei familiari con bambini piccoli abituati a un doppio reddito passano a un solo reddito: ne consegue la rinuncia a sostenere una spesa che viene a caratterizzarsi forzosamente come non indispensabile, perché non ci sono i soldi per farla e perché c'è un genitore che non lavora disponibile alla cura dei bambini. Naturalmente è difficile pensare che questi siano segni favorevoli a una premessa di ripresa dello sviluppo economico nel nostro Paese, perché è molto difficile pensare che lo sviluppo economico non passi anche attraverso un incremento della presenza di entrambi i sessi nel mercato del lavoro.

Quali le maggiori criticità che emergono dai dati?

Abbiamo una curva evolutiva del sistema dell'offerta pubblica di servizi che ha avuto un trend di sviluppo in termini di rafforzamento del sistema dell'offerta. Negli ultimi dieci anni il sistema dell'offerta è cresciuto nella sua potenzialità ricettiva ed è sempre cresciuto nel tempo l'impegno economico dei comuni a sostegno del funzionamento di questo sistema. Dieci anni fa i comuni spendevano circa un miliardo di euro all'anno per sostenere il funzionamento del sistema dei nidi pubblici e oggi spendono un po' più di un miliardo e mezzo. Un incremento del 50 per cento della spesa corrente è un dato importantissimo, che in questo momento, invece, misura i primi segnali di difficoltà. Le cose vanno di pari passo: si contrae la possibilità di supporto economico di parte pubblica al sistema e il sistema ne risente. Per la prima volta si percepisce un passo indietro nella potenzialità ricettiva di tutto il sistema dei servizi socio-educativi per la prima infanzia.

Quali sono i principali ostacoli che impediscono l'eliminazione del divario tra le regioni?

La causa principale è questa: nell'arco temporale, molto ampio, compreso tra la seconda metà degli anni Settanta del secolo scorso fino ai provvedimenti straordinari del Governo adottati con il Piano straordinario 2007-2009, non c'è stato alcun provvedimento proveniente dal Governo orientato a sostenere lo sviluppo del sistema dei servizi. A fronte di tale lacuna le regioni e le realtà locali si sono mosse con iniziative proprie, con un'orbita di riferimento territoriale o locale, mai nazionale. Da qui le differenze territoriali nello sviluppo del sistema dell'offerta. Le aree del Centro-Nord hanno conquistato livelli di copertura superiori al 20-25 per cento e 4 regioni (Toscana, Emilia Romagna, Umbria e Liguria) hanno tagliato il traguardo della copertura del 33 per cento. Il Mezzogiorno, invece, è rimasto al di sotto del valore medio dell'8 per cento di copertura. C'è un elemento di novità, purtroppo solo apparentemente positivo, che ha inciso negli ultimi anni perequando le differenze nell'opportunità di accesso ai servizi educativi per i bambini residenti nel Centro-Nord e nel Mezzogiorno: si tratta del dato relativo agli accessi anticipati alle scuole dell'infanzia da parte di bambini nel terzo anno di vita, che non emerge dal rapporto Istat ed è invece fotografato nel Rapporto di monitoraggio. Questo fenomeno, che a livello nazionale riguarda circa 5 bambini su 100, è molto più presente nel Mezzogiorno, dove la percentuale di accessi anticipati è prossima al 10 per cento, e molto meno nel Centro-Nord, dove la percentuale oscilla intorno al 3 per cento. Attraverso questo meccanismo surrogatorio, cioè non sviluppando di più l'offerta di nidi, ma utilizzando le scuole dell'infanzia anche per accogliere bambini in età da nido, il Mezzogiorno ha fortemente riequilibrato, almeno apparentemente, le potenzialità di accoglienza dei bambini piccoli nei servizi educativi. Apparentemente perché il dato quantitativo, che ha un certo rilievo, nasconde una debolezza qualitativa molto forte: accogliere un bambino in un nido, che è un servizio concepito per un bambino piccolo, vuol dire offrire un servizio di qualità; accogliere un bambino molto piccolo in una scuola dell'infanzia vuol dire accoglierlo in un contesto che non è stato adattato alla sua età, e, quindi, non offre quelle garanzie e quelle condizioni che sono il presupposto perché il servizio possa essere fruito in una condizione di benessere e positività.

(Barbara Guastella)

(Crediti foto: Monica Matteuzzi)

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