Secondo Rapporto sul benessere in Italia

30/06/2014 Tipo di risorsa: Temi: Titoli:

«Rappresentare una guida utile per policy maker, parti sociali e mondo della ricerca per individuare le priorità da affrontare nel breve e nel lungo periodo al fine di garantire un benessere equo e sostenibile alle generazioni presenti e future»: è l'obiettivo del secondo Rapporto sul benessere equo e sostenibile in Italia, elaborato dall'Istat e dal Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (Cnel).

Dai dati raccolti, si legge nel sito dell'Istituto nazionale di statistica, «emerge un quadro di luci e ombre, di tendenze positive di lungo periodo meno condizionate dalla congiuntura, come gli aspetti legati alla salute, all'istruzione o alle reti sociali, e di altre profondamente segnate dal ciclo, come il lavoro e la condizione economica delle famiglie».

Il rapporto, presentato a Roma il 26 giugno scorso, analizza 12 “domini del benessere” nel nostro Paese attraverso 134 indicatori: salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ricerca e innovazione, qualità dei servizi.

Vediamone alcuni. Per quanto riguarda la salute, ad esempio, i dati evidenziano, da un lato, un miglioramento delle condizioni di salute fisica e, dall'altro, la permanenza di disuguaglianze territoriali e sociali. I miglioramenti si registrano anche per alcuni indicatori di mortalità, come la mortalità infantile, che è diminuita negli ultimi anni, passando da 34,2 decessi per 10.000 nati vivi nel 2009 a 30,9 nel 2011. Non accennano a diminuire, invece, alcuni fenomeni che derivano da comportamenti che costituiscono rischi per la salute, come la sedentarietà, che riguarda il 41,3 per cento delle persone di 14 anni e più.

Per quanto riguarda l'istruzione e la formazione, il rapporto rileva un lieve miglioramento nell'ambito della formazione. Ciononostante rimangono forti criticità: fra queste, l'aumento del numero di ragazzi che non studiano e non lavorano (Neet), passati dal 23,9 per cento nel 2012 al 26 per cento nel 2013.

Uno degli aspetti presi in considerazione nel capitolo successivo è la conciliazione dei tempi di vita. Le difficoltà di conciliazione si manifestano con maggiore intensità soprattutto in presenza di figli piccoli, come testimonia la recente crescita del divario tra il tasso di occupazione delle madri di bambini in età prescolare e quello delle donne senza figli.

Dai dati riportati nel capitolo dedicato al benessere economico emerge che le condizioni economiche delle famiglie non migliorano, nonostante deboli segnali positivi nel 2013. L'aumento della povertà assoluta riguarda tutto il territorio nazionale e coinvolge in particolare le famiglie più ampie, quelle composte da coppie con tre o più figli, soprattutto se minori, le famiglie di monogenitori o con componenti aggregati.

Gli indicatori sulla qualità dei servizi «mostrano un quadro di luci e ombre con miglioramenti in alcuni ambiti, ma anche con alcune situazioni meno positive. Inoltre, persistono differenze territoriali importanti e diffuse che si riflettono in un sostanziale ritardo rispetto alle medie europee. Il caso che desta maggiore preoccupazione è la recente inversione di tendenza nell'accessibilità dei servizi per l'infanzia». (bg)