Scuole italiane ancora poco internazionali

09/09/2009

Le scuole italiane rimangono molto poco internazionali. È il risultato di una ricerca svolta da Ipsos per il neonato Osservatorio sulla internazionalizzazione delle scuole e la mobilità studentesca. In un indice sintetico di internazionalizzazione da 1 a 100 gli istituti superiori hanno ottenuto punteggi da 32 a 41.

A conseguire i punteggi più alti sono i licei classici (41) e scientifici (40). Indietro gli istituti tecnici (indici sul 33-32) e professionali (33). Meglio le scuole grandi, con oltre 40 classi (43) delle scuole fino a 20 classi (29). Manco a dirlo, l'internazionalizzazione è più forte nelle scuole del Nord: nell'area del Nord Est il valore tocca quota 45, mentre al Sud e nelle isole l'indice precipita a 32. Il parametro generale è stato costruito prendendo in considerazione variabili come il numero di lingue straniere insegnate, l'adesione a progetti europei e internazionali nell'anno in corso, la realizzazione di scambi di classe, il numero di studenti che frequentano un anno o un semestre o un trimestre scolastico all'estero o di studenti esteri in ingresso, la partecipazione attiva del corpo docenti ai progetti di mobilità degli studenti.

Qualche timido segnale di miglioramento c'è, però. Gli studenti che parteciperanno ai programmi di mobilità, secondo la stima di Ipsos, per il 2009 saranno tra i 3700 e i 4200 (un passo avanti rispetto ai 3200-3900 delle stime di due anni fa) mentre saranno circa 3000 gli studenti stranieri che trascorreranno un periodo di studio nelle nostre aule scolastiche. La meta preferita rimangono gli Stati Uniti (il 65% delle preferenze), che, insieme alla Germania, rimangono tra i principali paesi di provenienza.

L'indagine, condotta attraverso questionari sottoposti telefonicamente ai presidi di 402 scuole superiori scelte su tutto il territorio nazionale, ha cercato di fare luce anche su altri aspetti legati all'internazionalizzazione. Per esempio, tra le ragioni portate per giustificare la mancata adesione ai progetti europei i presidi citano la scarsa adesione da parte degli insegnanti (per il 28% delle scuole che hanno svolto attività in passato ma non nel 2008/2009 e per il 22% delle scuole che non hanno aderito a nessun progetto) e la lontananza tra le finalità dei programmi europei e il profilo dell'istituto (per il 26% delle scuole non partecipanti a nessun progetto e per il 12% di quelle “ferme” solo nell'ultimo anno scolastico). Ben il 35% di scuole non hanno mai partecipato ad alcun progetto (ma il 53% che ha aderito a qualche attività nel 2008/2009: un piccolo dato positivo).

D'altra parte, almeno a giudizio dei dirigenti scolastici, il «corpo docente poco aggiornato sulle problematiche della scuola» è la priorità più urgente per il 25% degli intervistati (e la seconda in ordine di importanza per un altro 18%). Da un'altra tabella emerge lo scarso entusiasmo dei professori verso i progetti di mobilità: il 53%, secondo i presidi, «subisce le scelte dell'istituto» e solo il 37% partecipa attivamente ai programmi. Ancora: solo il 12% dei docenti ha un atteggiamento molto favorevole verso queste attività.

I presidi sottolineano anche una serie di problemi strutturali che limitano qualsiasi proposito di ampliare l'offerta formativa: l'impossibilità di  programmare le  attività e lo sviluppo  dell'istituto nel medio  lungo periodo (il problema numero 1 per il 16%), le strutture scolastiche inadeguate e in cattive condizioni (urgenza per il 15%), la scarsa vocazione internazionale della scuola (11%) e l'eccessivo numero di precari tra i docenti (per il 9%).

Per queste ragioni, nella domanda che richiede l'autovalutazione sul livello di internazionalizzazione della propria scuola, la valutazione media in una scala da 1 a 10 si attesta sul 5,7 (col 42% delle scuole che si assegnano un voto tra 1 e 5 e un altro 42% che si assegna la sufficienza). I licei sono quelli che si sentono più internazionali (voto medio 6), tutti le altre scuole galleggiano sul 5. La media sale se si prendono in esame gli istituti che hanno studenti all'estero e accolgono ragazzi stranieri, arrivando al 6,7. Eppure, per gli intervistati, l'interculturalità aiuterebbe l'accoglienza e il rispetto di altre culture (per il 35%) e sarebbe utile per scambiare esperienze (per il 20%).

Frugando nella messe di dati resa disponibile on line dall'Osservatorio emergono altri aspetti interessanti. Il francese rimane la seconda lingua più insegnata dopo l'inglese (col 60%), mentre lo spagnolo (la seconda lingua più parlata nel mondo occidentale) è materia di studio solo nel 26% delle scuole. Ma l'insegnamento delle lingue straniere non è una priorità: nel 53% delle scuole raggiunge le 3 ore di lezione settimanali e solo nel 25% supera le 6 ore (soprattutto nei licei pedagogici e negli istituti commerciali).

L'Osservatorio è stato creato dalla Fondazione Intercultura Onlus per «attuare l’internazionalizzazione delle scuole italiane» e «tradurre la presenza di studenti stranieri in Italia in un approccio più proficuo delle nostre scuole verso la nuova realtà cosmopolita» e conta sulla collaborazione con Direzione Generale per gli Affari Internazionali del Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca e l'Associazione Nazionale Dirigenti e Alte Professionalità della Scuola. La rilevazione dei dati, in questa fase iniziale limitato alle scuole secondarie di secondo grado, verrà ripetuta con frequenza biennale, ma il sito dell'Osservatorio offre la possibilità di compilare schede di autovalutazione per gli istituti rimasti fuori dalla prima rilevazione. (mf)