Scuola, il (discusso) calendario delle vacanze

02/09/2009

Dal Corriere della Sera del 1 settembre proponiamo un articolo dedicato al dibattito sull'accorciamento delle vacanze estive. L'Italia è l'unico paese europeo a concedere tre mesi pieni di vacanza. Negli altri stati la sosta è più breve ma gli studenti usufruiscono di vacanze più frequenti e ripartite nell'arco dei mesi scolastici.

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Scuola, il (discusso) calendario delle vacanze

Tre mesi di vacanza, il ragazzino «bene» li ha passati al mare e adesso è un po' nervoso, insofferente. Il suo coetaneo con meno disponibilità economiche per gran parte dell'estate è rimasto a casa. Due settimane con i nonni, altre due con i genitori. Il figlio di separati è distrutto: ha fatto e disfatto le valigie in continuazione, seguendo le mete delle famiglie acquisite. Mesi duri. E costosi. Vissuti tra sensi di colpa (dalle mamme lavoratrici), tasche vuote, l'ansia di dover riempire lunghi e caldi pomeriggi. Certo, il riposo fa bene a tutti, soprattutto ai bambini. Ma, chiuse le fabbriche e crollato il numero delle casalinghe, ha ancora senso interrompere la scuola per un periodo così ampio? Sul tema le posizioni sono distantissime. Tanto quanto una possibile soluzione.

Il calendario. Dal 14 al 21 settembre. Ecco quando si torna sui banchi. Lombardia, Piemonte, Liguria, poi giù fino alla Puglia e alla Sicilia per chiudere con l'Abruzzo cui è stato dato più tempo riorganizzarsi dopo il terremoto. Cento giorni (circa) dall'ultima campanella. «Troppo» secondo lo psicologo Fulvio Scaparro. Per due motivi. Quello pedagogico: «Basta un mese per ricaricarsi». E quello politico: «Diminuendo i giorni di vacanza si darebbe una mano all'economia». La pensava così — era l'inizio del 2008 — il ministro Francesco Rutelli, convinto della necessità di ridurre la pausa estiva per favorire l'industria delle vacanze e «destagionalizzare» il turismo. Una proposta difficile da mettere in pratica nonostante il sostanziale ok del collega Giuseppe Fioroni, ai tempi titolare dell'Istruzione. Il motivo: la materia è di esclusiva competenza delle Regioni. E, in più, ci sono alcuni vincoli «insuperabili»: la data della maturità, degli esami di riparazione e, infine, i duecento giorni di lezione, obbligatori per tutti. Per cambiare servirebbe una rivoluzione.

Pro e contro. Paradossi della scuola: i presidi si dicono favorevoli a ridurre le vacanze estive, i docenti del Nord frenano e quelli del Sud sembrano più disponibili al cambiamento. «Un confronto sulla liberalizzazione dei calendari è possibile — sottolinea Giorgio Rembado, presidente dell'Anp, l'Associazione nazionale presidi—ma a due condizioni: che sia rispettata l'autonomia degli istituti e le famiglie siano d'accordo». Rembado mette in guardia dalle pause troppo lunghe: «Ne va della continuità dell'apprendimento», mentre Massimo di Menna, segretario generale di Uil scuola, avverte: «Le modifiche si fanno sulla base di esigenze didattiche, non turistiche». E comunque «certe decisioni vanno prese coinvolgendo i docenti». Circa 800 mila persone. Mimmo Pantaleo, alla guida della Cgil lavoratori della conoscenza, è ironico: «È curioso che si affronti l'argomento proprio in questo periodo. Se il ministero di viale Trastevere continua a tagliare ore di lezione, a diminuire i laboratori, se si aboliscono le sperimentazioni, allora altro che tre mesi di vacanza...». Una prospettiva da incubo per i genitori.


Nord e Sud.
II problema, in fondo, è tutto lì. Nella fatica quotidiana di madri e padri «acrobati» disposti a tutto pur di garantire «un'estate dignitosa» ai loro figli. E per questo motivo Giuseppe Colosio, direttore scolastico della Lombardia, è scettico su un'eventuale modifica del calendario: «Non vorrei che la scuola, come spesso succede, fosse chiamata a svolgere una funzione che non le è propria. In fondo stiamo parlando di un problema ricreativo-sociale, non didattico-pedagogico». Colosio preferisce dare un consiglio: «Niente tv d'estate. Ma attività fisica, qualunque essa sia. I bambini devono correre e sporcarsi. A volte i genitori hanno troppa paura che si facciano male». Alberto Bottino, direttore generale in Campania, ha una proposta diversa: giornate «formative attive» appena finite le lezioni. In dettaglio: «Terminati gli scrutini, i ragazzi potrebbero visitare fattorie, imprese, siti naturalistici, culturali e archeologici». Andare in gita a luglio. «Coinvolgendo i genitori e soprattutto gli enti locali». Potrebbe essere una soluzione.

L'autonoma Trento. Dibattiti, polemiche, teorizzazioni. In realtà qualcosa si è già mosso: la provincia autonoma di Trento sta seriamente valutando l'ipotesi di far partire la rivoluzione delle vacanze. Questione di clima. Lassù l'estate è molto breve e l'inverno ideale per dedicarsi allo sci. Ecco perché la giunta sta pensando di importare (a partire dal prossimo anno) il calendario dei lander tedeschi. «È arrivato il momento — ha annunciato la scorsa primavera il presidente della Provincia, Lorenzo Dellai — di guardare alle specifiche esigenze territoriali». L'assessore all'Istruzione, Marta Dalmaso, si è subito mossa inviando trecento mail ad altrettanti trentini per capire gli umori. Primo sondaggio. Cui a giorni, sul sito vivoscuola.it, seguirà una consultazione popolare online. «Già nella fase preliminare ho ricevuto moltissimi pareri. Ora si tratta di mettere insieme le opinioni, di tenere conto di tutte le posizioni e, solo alla fine, di prendere una decisione». Potrebbe essere il primo passo verso il «superfederalismo».

L'esperienza cattolica. C'è anche un'altra via. Quella del welfare scolastico. A proporla, e metterla in atto, sono alcuni istituti cattolici che garantiscono l'apertura (e la presenza degli insegnanti) anche nei mesi estivi. Lo racconta Maria Grazia Colombo, presidente nazionale dell'Agesc: «Gli stacchi troppo lunghi sono difficili da gestire. Ecco perché alcune realtà organizzano il "doposcuola" alla fine di giugno e, ai primi di settembre, una serie di lezioni per "rimettere in carreggiata" i ragazzi». È il sistema avviato dall'elementare Pietro Scola di Lecco. «Così si viene incontro alle esigenze delle famiglie».

La lezione di Obama. I sostenitori della vacanza breve possono contare su uno sponsor eccellente: il presidente degli Stati Uniti. Lo scorso marzo a Washington Barack Obama ha spiegato: «Non possiamo più permetterci un calendario scolastico disegnato per quando eravamo una nazione di contadini e c'era bisogno che i bambini andassero a lavorare nei campi al termine di ogni giornata». I giorni di lezione in Usa sono 184, 16 in meno rispetto all'Italia, 30 rispetto alla Corea del Sud. «Non è questa — ha insistito Obama — la modalità con cui preparare le nuove generazioni all'economia del ventunesimo secolo». Una lezione da importare? Il dibattito è ancora aperto.

Annachiara Sacchi

Foto: Sarah Baker