A scuola per combattere i pregiudizi verso altre culture

26/06/2014 Tipo di risorsa: Temi: Titoli:

Il Progetto nazionale per l'inclusione e l'integrazione dei bambini rom, sinti e caminanti ha coinvolto 13 città riservatarie (Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia) in varie attività realizzate nelle scuole e nei campi, con l'obiettivo di favorire l'integrazione scolastica e l'inclusione sociale dei bambini e degli adolescenti rom, sinti e caminanti. A Rita Gungui, operatrice campo di Cagliari, abbiamo rivolto alcune domande sull'esperienza fatta dai bambini, dalle famiglie e dagli altri soggetti che hanno partecipato alla sperimentazione nella città capoluogo della Sardegna.

Per approfondimenti sui contenuti del progetto – iniziativa promossa dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la collaborazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la partecipazione dell'Istituto degli Innocenti di Firenze, che si concluderà il prossimo 30 giugno – si rinvia alla sezione dedicata di questo sito.

Qual è la condizione abitativa e sociale delle famiglie rom che vivono a Cagliari?

Due anni fa il campo rom è stato chiuso e le famiglie sono state inserite in alloggi residenziali, che si trovano in comuni limitrofi.

Il progetto ha previsto, fra le altre cose, laboratori e altre attività nelle scuole incentrate sul cooperative learning. Lavori di gruppo che hanno coinvolto tutti gli studenti, rom e non rom. C'è integrazione fra i bambini in classe?

All'interno delle classi target della scuola coinvolta nel progetto, la primaria Francesco Ciusa, ci sono diverse situazioni di disagio sociale; la scuola si trova in un quartiere popolare della città. Ci sono stati alcuni episodi discriminatori nei confronti degli alunni rom, ma non è accaduto niente di eclatante. Nell'arco dell'anno abbiamo riscontrato un miglioramento nell'integrazione fra i bambini. Qualche criticità è legata alla frequenza scolastica discontinua di alcuni bambini rom.

Qual è l'atteggiamento degli alunni verso gli stereotipi?

Gli alunni cagliaritani hanno alcuni pregiudizi nei confronti dei coetanei rom, che sono il risultato di quelli diffusi tra gli adulti. Non ho riscontrato pregiudizi, invece, nei bambini rom.

Quali attività hanno svolto i bambini durante i laboratori?

I laboratori in classe hanno previsto attività di giocoleria, altre iniziative ludiche e la realizzazione di un cartone animato inventato dai bambini. Le attività negli alloggi hanno previsto, fra l'altro, il sostegno nello svolgimento dei compiti e hanno rappresentato un'occasione importante per rafforzare le relazioni tra la scuola e le famiglie rom, che hanno accolto molto bene le iniziative portate avanti con la sperimentazione. Fra operatori e famiglie rom si è creato un clima di fiducia e di apertura.

Gli studenti hanno incontrato difficoltà nello svolgimento dei lavori di gruppo?

Le attività a scuola sono state accolte con entusiasmo dagli alunni. Le difficoltà incontrate dai bambini non riguardano in maniera particolare le attività previste dal progetto ma l'insieme delle attività scolastiche; sono legate, ad esempio, a problemi di attenzione.

Com'è il rapporto tra le famiglie rom e le altre famiglie?

C'è molta diffidenza, sia da parte delle famiglie cagliaritane, sia da parte delle famiglie rom. Ma in alcune occasioni, ad esempio quando i bambini escono da scuola, ho notato dei segnali di avvicinamento. Mancano momenti di incontro e di socializzazione.

Il progetto ha coinvolto figure professionali diverse: operatori, insegnanti, dirigenti scolastici, docenti e altri esperti. Com'è andato il lavoro di rete tra tutti questi soggetti?

Sicuramente il lavoro di rete presenta sempre difficoltà di comunicazione e rischi di sovrapposizione. C'è stata qualche difficoltà ma c'è stata anche molta collaborazione.

Quali sono i principali punti di forza e le criticità della sperimentazione?

Un punto di forza è la capacità di creare un ponte tra il mondo della scuola e gli alloggi in cui vivono le famiglie rom, con un intervento di sensibilizzazione su due livelli: la scuola ha avuto l'occasione di approfondire la conoscenza della realtà rom e le famiglie rom hanno avuto l'occasione di avvicinarsi al mondo della scuola. Un altro punto di forza è il fatto di aver previsto la presenza degli operatori negli alloggi. Un punto critico, invece, sono i tempi stretti del progetto: tempi più lunghi avrebbero rafforzato le relazioni e reso più efficaci le attività svolte grazie alla sperimentazione.

(Barbara Guastella)