Rassegna bibliografica 3/2011 - Educatore di comunità

15/02/2012

Educatore di comunità è il titolo del percorso tematico del volume 3/2011 della Rassegna bibliografica. Monica Pedrazza, professore associato di Psicologia sociale dell’Università di Verona, delinea lo specifico ruolo professionale evidenziando le criticità dettate dalla mancanza di una norma che a livello statale ne istituisca la figura, ma allo stesso tempo fa anche emergere alcuni tratti specifici e tipici, primi fra tutti la relazione educativa: lo strumento che l’educatore utilizza quotidianamente per produrre un cambiamento.

L’educatore che opera nelle comunità per ragazzi oggi non si prende cura esclusivamente delle persone in difficoltà ma, sempre più spesso, si occupa dei gruppi, delle situazioni difficili, delle comunità locali e delle identità collettive: svolge attività dedicate alla prevenzione dei soggetti a rischio; all’assistenza e al sostegno di soggetti in difficoltà nei centri di solidarietà sociale, nelle istituzioni per i portatori di handicap sensoriali, fisici e psichici, nelle associazioni di volontariato, nei centri di accoglienza; al recupero dei minori devianti, dei tossicodipendenti, degli alcolisti; all’ambito ricreativo e del tempo libero presso ludoteche, centri diurni e politiche giovanili; all’ambito culturale; al supporto dei servizi per l’infanzia, nei casi in cui occorra elaborare e predisporre interventi individualizzati per soggetti con difficoltà o handicap, oppure nei servizi riguardanti l’orientamento scolastico. In generale, in campo sociale, l’azione degli educatori è diretta a favorire lo sviluppo personale, l’autonomia, l’integrazione sociale e lavorativa.

Il contributo delinea il percorso formativo dell’educatore a partire dagli anni ’40-’50 del secolo scorso fino ad arrivare ai giorni nostri, evidenziandone il cambiamento in relazione al passaggio da una concezione assistenzialistica e custodialistica dei servizi sociali, a una concezione di promozione sociale, prevenzione e integrazione, come definita dalla Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (legge 328/2000), che segna un passaggio innovativo teso a garantire una maggiore unitarietà di interventi nel quadro di riferimento dei servizi alla persona.

L’educatore che quotidianamente si trova ad agire nelle comunità per minori fonda la sua azione nella relazione educativa il cui scopo è quello di aiutare l’altro a raggiungere un maggior livello di autostima, di autonomia e di senso di responsabilità, sostenendo un processo di cambiamento nel suo modo di percepire la realtà e di viverla sul piano emotivo. Oltre alla relazione educativa, l’autrice si sofferma sull’importanza di un codice deontologico e di un relativo codice sanzionatorio dell’educatore professionale per far sì che egli possa rispondere in maniera professionale alle richieste che emergono dalla società e dagli utenti.

Il contributo si conclude sul rischio di burnout della professione che indica una sindrome complessa caratterizzata dalla caduta emozionale nell’esercizio della professione, da un rapporto interpersonale sempre più spersonalizzato e da una ridotta realizzazione professionale. Per evitare questo rischio, pare particolarmente importante, secondo Pedrazza, offrire a chi opera come educatore nelle comunità per ragazzi un supporto e una formazione adeguata a conoscere le proprie emozioni, capirle e gestirle al meglio per poter essere d’aiuto agli altri ma anche a se stessi, nel proprio agire quotidiano. Il percorso tematico si conclude con una ricca bibliografia ragionata e suddivisa per tematiche e con un percorso filmografico.

Quest'ultimo, curato da Fabrizio Colamartino, spazia dalle figure di educatori istituzionali (operatori sociali, insegnanti, religiosi) a quelle decisamente anomale di educatori improvvisati, personaggi costretti dal caso o dalla necessità ad accudire bambini e adolescenti in difficoltà. Emerge, in questo modo, come la relazione educativa non é quasi mai univoca, bensì basata sullo scambio reciproco che il racconto cinematografico contribuisce ad enfatizzare. Nell'ultimo capitolo viene evidenziato come, negli ultimi due decenni abbia preso sempre più piede l'azione di quelle associazioni che, facendo proprio il concetto di partecipazione, sono riuscite attraverso laboratori di cinema a coinvolgere nell'azione educativa minori in condizione di difficoltà.

A chiudere il volume la consueta e corposa rassegna di segnalazioni bibliografiche e una selezione di articoli dalle riviste internazionali. (red)

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