Luigi Fadiga, docente di diritto minorile all'Università LUMSA di Roma, già presidente del Tribunale per i minorenni di Roma cura il percorso di lettura della Rassegna bibliografica 2/2009 dedicato al giudice minorile e ripercorre storicamente le fasi di costruzione della giustizia minorile fino al dibattito tuttora in corso.
L’autore si sofferma sulla specializzazione del giudice, introdotta per i giudici minorili già a partire dalla circolare del ministro guardasigilli Orlando del 1908. Con questa circolare si esortavano i giudici a essere attenti ai motivi che avevano indotto il comportamento deviante e a verificare l’ambiente familiare in un’ottica di tutela del minore. Con regio decreto legge 1404/1934 (tuttora vigente) si istituivano i tribunali per i minorenni (in ciascun capoluogo di corte d’appello), organi collegiali con competenza unitaria – penale, rieducativa e civile – che giudicano in composizione mista di quattro giudici: due giudici togati e due giudici onorari «benemeriti dell’assistenza sociale scelti tra i cultori di biologia, di psichiatria, di antropologia criminale, di pedagogia, di psicologia».
Fadiga evidenzia anche i complessi rapporti tra la figura del giudice togato e quella del giudice onorario, quelli tra i togati e i servizi sociali del territorio, delineando, infine, la figura del giudice garante dei diritti fondamentali dei minori frutto dell’affermarsi di una nuova cultura dell’infanzia che pone al centro l’interesse superiore del fanciullo.
Con la riforma del processo penale minorile, introdotta con DPR 448/1988, si richiede al giudice, per la prima volta in modo esplicito, capacità di comunicazione con i minorenni e di interazione con i servizi sociali, e si prevede la formazione e la specializzazione non solo del giudice, ma di tutti gli attori del processo penale minorile, compresi gli avvocati, gli operatori dei servizi e la polizia giudiziaria. Si tratta di un’ottica che supera la tradizionale partizione tra competenze penali e civili e che, considerando unitaria la funzione del giudice dei minori, punta a favorire «la diretta esperienza di ciascun giudice nelle diverse attribuzioni della funzione giudiziaria minorile».
Il dibattito sulla giustizia minorile e sul ruolo del giudice minorile togato è tuttora aperto. Consensi molto vasti raccoglie l’idea (non nuova) di istituire un apposito tribunale per la famiglia, unificandovi tutte le competenze familiari e minorili ora sparse fra molteplici organi giudicanti, ma, secondo Fadiga, tale ipotesi non regge a un’analisi ravvicinata delle proposte e conclude affermando che il futuro del giudice minorile appare incerto e denso di incognite.
Il percorso filmografico, a cura di Fabrizio Colamartino, si interroga sulla concreta possibilità da parte del cinema di documentare ciò che è, per sua natura, sottratto allo sguardo: la giustizia e, ancor di più, la carcerazione minorile.
Se taluni film sono serviti a denunciare le condizioni di vita disumane dei giovani detenuti, la maggior parte delle volte i meccanismi della giustizia minorile, i cui confini e le cui competenze sono molto più sfumati di quella ordinaria, restano “fuori campo” o vengono del tutto travisati.
Altre volte, invece, il cinema – e ancor di più il teatro – possono trasformarsi in occasioni di vera libertà ed emancipazione per i giovani reclusi: la parte finale dell’articolo compie una panoramica sulle principali realtà teatrali che operano nelle carceri minorili.