Rapporto Istat "Noi Italia": i dati sull'istruzione

19/03/2015 Tipo di risorsa: Temi: Titoli:

I giovani italiani tra i 15 e i 29 anni che non studiano né lavorano (i cosiddetti Neet) sono il 26 per cento del totale: circa due milioni e mezzo, un valore fra i più alti in Europa. Nel nostro Paese l'incidenza della spesa pubblica in istruzione e formazione sul Pil è pari al 4,2 per cento, valore inferiore a quello dell'Ue28 (5,3 per cento). Sono alcuni dati (il primo riferito al 2013 e il secondo al 2012) che emergono dal capitolo sull'istruzione dell'edizione 2015 del rapporto Istat Noi Italia.

Il report offre un quadro d'insieme dei diversi aspetti economici, sociali, demografici e ambientali del nostro Paese, della sua collocazione nel contesto europeo e delle differenze regionali che lo caratterizzano.

I dati riportati nel capitolo dedicato all'istruzione riguardano, oltre al fenomeno dei Neet e alla spesa pubblica per l'istruzione e la formazione: i livelli di competenza degli studenti quindicenni, i giovani che abbandonano prematuramente gli studi, i 25-64enni con livello di istruzione non elevato, la partecipazione dei giovani al sistema di istruzione e formazione, i 30-34enni con istruzione universitaria e l'apprendimento permanente.

Vediamone alcuni.

I dati più recenti sul livello delle competenze degli studenti (indagine Pisa dell'Oecd) evidenziano che l'Italia consegue una performance inferiore alla media Oecd e a quella dei Paesi Ue che partecipano all'indagine, ma confermano i segnali di miglioramento già evidenziati tra il 2006 e il 2009. «Anche se i risultati segnano un progresso rispetto alle edizioni precedenti dell'indagine, in Italia quasi uno studente su quattro non raggiunge in matematica il livello sufficiente. I due livelli apicali della scala della matematica includono poco meno del 10 per cento degli studenti delle scuole italiane, mentre negli stessi livelli si colloca oltre il 15 per cento degli studenti in Finlandia, Polonia e Germania e il 19 per cento in Belgio e Paesi Bassi. Nella lettura circa uno studente su cinque ha competenze inferiori a quelle basilari. Solo il 6,7 per cento si colloca nei due livelli più elevati, mentre in Finlandia, Belgio e Francia il contingente dei migliori supera il 12 per cento».

Altri dati rivelano che, sebbene il fenomeno dell'abbandono prematuro degli studi da parte dei giovani sia in progressivo calo, il nostro Paese è ancora lontano dagli obiettivi europei (10 per cento): nel 2013 la quota dei 18-24enni che ha interrotto precocemente gli studi è pari al 17 per cento; i ragazzi sono il 20,2 per cento, mentre le ragazze il 13,7 per cento.

La permanenza dei giovani all'interno del sistema di formazione, anche dopo il termine dell'istruzione obbligatoria, è pari all'82,4 per cento tra i 15-19enni e al 21,6 tra i 20-29enni. Rimane consistente il divario rispetto ai Paesi Ue.

Dalla lettura delle pagine del rapporto che riguardano i Neet si apprende che il fenomeno, dopo un periodo in cui aveva mostrato una leggera regressione (tra il 2005 ed il 2007 si era passati dal 20,0 al 18,9 per cento), è tornato a crescere durante la crisi economica: nel 2013 si è avuto l'incremento più alto degli ultimi anni (+2,1 punti percentuali rispetto a un anno prima). Più elevata la percentuale delle donne che non studiano né lavorano: 27,7 per cento, contro il 24,4 per cento degli uomini.

Dal 2012 in poi l'aumento del numero di Neet riguarda tutte le aree del Paese, ma in particolare il Mezzogiorno, dove l'incidenza del fenomeno raggiunge il livello più alto, pari al 35,4 per cento nel 2013 (in confronto al 19,8 per cento nel Centro-Nord). Sicilia e Campania le regioni con le quote più elevate (rispettivamente 39,7 e 36,4 per cento), seguite da Calabria e Puglia (rispettivamente 35,6 e 34,1 per cento). (bg)

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