Programma P.I.P.P.I., online la sintesi del rapporto 2014-2015

È online la Sintesi 2014-2015 del Rapporto di valutazione del Programma di intervento per la prevenzione dell'istituzionalizzazione P.I.P.P.I. La pubblicazione descrive il lavoro realizzato nel grande cantiere sociale che si è venuto a creare durante la terza implementazione del Programma.
P.I.P.P.I. è il risultato di una collaborazione tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Laboratorio di ricerca e intervento in educazione familiare dell'Università di Padova, i servizi sociali e di protezione e tutela minori nello specifico, come le cooperative del privato sociale, alcune scuole e alcune Asl che gestiscono i servizi sanitari delle 10 città riservatarie che hanno aderito alla prima sperimentazione del progetto, avvenuta negli anni 2011-2012: Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Torino, Venezia.
Paola Milani, docente all'Università di Padova e responsabile scientifico del progetto, spiega quali sono le specificità e i risultati più rilevanti del documento.

 

Qual è la peculiarità del nuovo rapporto?

 

È importante fare una breve premessa su P.I.P.P.I. Il Programma è iniziato nel 2011; dal 2011 al 2014 ci sono state due implementazioni con le città riservatarie, i cui risultati sono stati resi noti in precedenti rapporti; all'inizio del 2014, mentre eravamo nel percorso della seconda implementazione, c'è stato un accordo tra Stato e regioni, con il quale le regioni hanno chiesto di prendere parte alla sperimentazione. La peculiarità di questo rapporto è che rende conto del lavoro fatto con le regioni all'interno di 50 ambiti territoriali. Tra la seconda e la terza implementazione, dunque, c'è stato un grande ampliamento, perché siamo passati da 9 città (nella seconda implementazione) a 50 ambiti territoriali, così definiti dalla legge 328, e da 144 famiglie a quasi 500 famiglie e 600 bambini coinvolti. I numeri sono molto più rilevanti, ma anche la struttura di governance è cambiata: mentre prima i comuni delle città coinvolte erano responsabili diretti dell'implementazione, in questa terza fase il Ministero ha intavolato un rapporto diretto con le regioni, che sono assegnatarie dei fondi e responsabili dell'amministrazione del Programma e della sua gestione. Gli ambiti territoriali che hanno concluso il percorso sono stati 47.

 

Quali sono i principali risultati della terza implementazione del Programma?

 

L'obiettivo di P.I.P.P.I. è prevenire l'istituzionalizzazione, cioè tutti quei processi che non sono appropriati nell'area della presa in carico dei bambini in situazioni di protezione e tutela. Il lavoro è prevenire l'allontanamento, in particolare prevenire l'abuso e il maltrattamento, perché il target del Programma riguarda la fascia della negligenza, dove ancora non ci sono situazioni particolarmente gravi di maltrattamento o abuso. Scopo di P.I.P.P.I. è anche quello di garantire agli operatori dei servizi di uniformare il modello, il metodo e gli strumenti di intervento. La grande sfida, quindi, è quella dell'equità, cioè garantire ai bambini che nascono a Sondrio e a Reggio Calabria di essere presi in carico in un sistema equo, che guarda alle stesse cose e prevede gli stessi interventi. Abbiamo organizzato i dati del rapporto intorno a tre ordini di risultati: rispetto alla salute del bambino (dato primario), rispetto alle figure genitoriali (come cambiano i genitori nella presa in carico dei bambini) e rispetto al sistema professionale (come cambia il sistema professionale rispetto alla presa in carico dei bambini e dei genitori). Un risultato importante è sicuramente quello che riguarda il processo nel sistema dei servizi, perché abbiamo monitorato l'uso del modello, dello strumento, la partecipazione delle famiglie e dei bambini, ecc. e possiamo dire che abbiamo cominciato in Italia a utilizzare una metodologia condivisa nella presa in carico delle situazioni familiari che presentano queste problematiche. Gli operatori hanno iniziato a valutare e rendere conto all'esterno della valutazione che fanno delle famiglie e a progettare con le famiglie in maniera partecipata, secondo un modello di progettazione condiviso. Con questi strumenti che abbiamo messo a disposizione siamo riusciti a registrare sia i processi che gli esiti del cambiamento sui bambini e sui genitori. Si può notare un cambiamento, che è importante perché è la prima volta che in Italia si registra, all'interno di un campione italiano, un esito su un lavoro con le famiglie in forma così trasparente.

 

Sono emerse delle criticità in questa fase di P.I.P.P.I.?

 

C'è una forte criticità, legata al risultato di cui ho parlato prima: stiamo sperimentando in 50 ambiti territoriali che hanno aspetti organizzativi molto diversificati tra loro. Le organizzazioni influiscono sul modo in cui gli operatori gestiscono il rapporto con le famiglie. L'altra criticità è rappresentata dal fatto che nel sistema di governance è entrato il livello regionale e anche questo ha creato una diversificazione: sono entrate 18 regioni, con 18 modi diversi di gestire la governance.

 

(Barbara Guastella)