Povertà educativa in Europa, rapporto Save the children

16/12/2016 Tipo di risorsa: Temi: Titoli:

Nei Paesi dell'Unione europea e in Islanda e Norvegia il 28% dei minori è a rischio povertà o esclusione sociale contro il 24% degli adulti, nel complesso più di 26 milioni di minori. È quanto emerge dal rapporto di Save the children Sconfiggere la povertà educativa. Fino all'ultimo bambino, diffuso il 30 novembre scorso.
I dati del rapporto sottolineano come i minori corrano un rischio molto più alto di cadere in povertà rispetto agli adulti.
In Italia la percentuale di minori a rischio povertà o esclusione sociale sale al 32% ed è tra le più alte in Europa, contro il 14% dell'Islanda, il 12% della Norvegia, il 20% della Repubblica Ceca e il 23% dell'Austria. I Paesi con le percentuali più elevate sono Ungheria (41%), Bulgaria (45%) e Romania (51%). La Grecia registra il 37%.
«Alla radice della povertà e dell'esclusione sociale dei minori», spiega Save the children nella presentazione dell'indagine, «c'è la disuguaglianza. Il 10% delle famiglie più ricche in Europa attualmente guadagna il 31% del reddito totale e possiede più del 50% della ricchezza totale, e il divario tra ricchi e poveri sta aumentando in molti paesi».
I bambini che vivono in famiglie monoparentali, famiglie numerose o famiglie in cui gli adulti hanno poco lavoro o non ne hanno affatto, quelli con i genitori che hanno un basso livello di istruzione o i figli di genitori immigrati hanno maggiori probabilità di crescere in condizioni di povertà o di trovarsi in situazioni di marginalità. Anche quei bambini i cui genitori hanno un lavoro spesso non sono esenti dalla povertà. In Lussemburgo, Bulgaria, Spagna e Svezia, per esempio, un quinto o più dei bambini con genitori che lavorano è a rischio povertà. In Romania, la percentuale sale quasi al 50%.
Nel nostro Paese il 13% dei bambini è a rischio di grave povertà e il 17% vive in condizioni di povertà persistente. I maggiori rischi di povertà sono stati osservati tra i bambini che vivono in famiglie con i genitori che lavorano meno del 20% del loro potenziale rispetto a quelli con genitori che lavorano tra il 55% e l'85% del loro tempo.