L'episodio del bambino ridotto in fin di vita dalla madre adottiva, avvenuto a Viterbo il 2 febbraio, ha riproposto all'attenzione di media e opinione pubblica il tema del sostegno ai genitori nella fase del postadozione, riferito al caso specifico delle adozioni internazionali. Tema che fa discutere e registra, in parte, pareri divergenti.
Attualmente, in base alla legge 31 dicembre 1998 n. 476 - che ratifica la Convenzione de L'Aja del 1993 - i genitori adottivi, dopo l'ingresso del bambino straniero nella nuova famiglia, possono richiedere di essere assistiti dai servizi socioassistenziali degli enti locali o dagli enti autorizzati. Dei 73 enti autorizzati presenti nel nostro Paese molti offrono percorsi di accompagnamento della coppia nella fase del postadozione. Ma come sono strutturati questi percorsi? Quali sono le problematiche più ricorrenti che i genitori adottivi si trovano ad affrontare dopo l'ingresso del bambino nella nuova famiglia? Quali i nodi da sciogliere di fronte a situazioni estreme e drammatiche come quella accaduta a Viterbo?
A spiegarlo sono i referenti e i rappresentanti di alcuni enti autorizzati – Cifa onlus, Anpas e l'Associazione amici dei bambini - che hanno una lunga e consolidata esperienza di sostegno alle coppie nella fase del postadozione.
Cifa onlus, per esempio, organizza sei incontri con psicologi e altri esperti, che si svolgono nell'arco dei tre anni successivi all'ingresso del bambino nella nuova famiglia. Gli incontri sono sia individuali che collettivi. «L'obiettivo dei corsi postadozione – spiega Gianfranco Arnoletti, presidente di Cifa onlus – è duplice: da un lato fornire adeguato supporto alle coppie, dall'altro monitorare l'integrazione del bambino nella nuova famiglia per la stesura delle relazioni richieste dal Paese straniero di provenienza del minore adottato. Quando ravvisiamo problematiche particolari, ci raccordiamo con i servizi socioassistenziali, nell'ottica della prevenzione. A volte, purtroppo, sono proprio le coppie che avrebbero più bisogno di essere assistite a cercare di evitare gli incontri».
Anpas, che fino a poco tempo fa organizzava anche colloqui individuali, oggi punta sugli incontri collettivi: «si tratta di due o tre appuntamenti annuali – precisa Monica Rocchi, referente dell'ufficio adozioni di Anpas – in cui le varie coppie hanno l'occasione di condividere esperienze e difficoltà, che riguardano, in gran parte, l'inserimento scolastico dei minori adottati». Una tendenza, questa, confermata da Irene Bertuzzi, responsabile del settore adozioni internazionali dell'Associazione amici dei bambini, che organizza sia colloqui individuali sia corsi collettivi.
Proprio dall'Associazione amici dei bambini arriva una proposta che affronta una delle questioni più dibattute sul postadozione, tornata d'attualità a seguito del recente episodio accaduto a Viterbo: la mancanza di un percorso di sostegno obbligatorio per le coppie nella fase successiva all'ingresso del bambino nella nuova famiglia. La proposta è quella di far diventare obbligatorio, per legge, l'accompagnamento dei genitori adottivi in questa fase, «anche perché potrebbero essere le famiglie che non lo chiedono, come ha dimostrato il drammatico caso di Viterbo, ad avere bisogno di un aiuto maggiore», si legge sul sito dell'associazione. «Il sostegno nel postadozione – spiega Bertuzzi – è un lavoro che dovrebbe essere affidato ai servizi sociali, che sono più diffusi sul territorio rispetto agli enti autorizzati».
Sulla proposta dell'Associazione amici dei bambini - che fa parte di una più ampia richiesta di modifica della legge 4 maggio 1983 n. 184 – le opinioni si dividono. Favorevole all'istituzione dell'obbligatorietà del sostegno nel postadozione Arnoletti: «i servizi sociali – dice - dovrebbero sostenere le coppie fin da subito in questa fase, in una logica di prevenzione». Di avviso contrario Rocchi. Secondo la referente dell'ufficio adozioni di Anpas, infatti, «l'istituzione di un percorso obbligatorio comporterebbe un'invadenza nella sfera personale e familiare. Occorrerebbero, invece, maggiori controlli nella fase precedente all'ingresso del bambino nella nuova famiglia».
Sulle adozioni internazionali la Commissione per le adozioni internazionali promuove e organizza fin dal 2000, in collaborazione con l'Istituto degli Innocenti di Firenze, una serie di percorsi formativi rivolti a psicologi e assistenti sociali dei servizi territoriali, esponenti degli enti autorizzati, giudici dei tribunali per i minorenni e altri soggetti. Nel 2009 si sono tenuti alcuni seminari di approfondimento su argomenti specifici, fra cui l'inserimento scolastico nel postadozione e l'adolescenza nelle adozioni internazionali. (bg)
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