Sono stati 1023 i Comuni italiani che negli ultimi tre anni hanno preso in carico minori stranieri non accompagnati, l'85% di loro concentrato in sole 93 città. È uno dei dati contenuti nel terzo rapporto dell'Anci, l'associazione che riunisce i Comuni italiani. L'indagine, attraverso le risposte di quasi 5800 enti locali, ha fotografato la situazione sul territorio nazionale, in perenne evoluzione a causa dei cambiamenti che hanno interessato il fenomeno dei minori non accompagnati nell'ultimo triennio.
Infatti, scrive infatti Monia Giovannetti, curatrice scientifica del rapporto, in questi anni «ha assunto una crescente rilevanza sociale, dovuta alla sua diffusione sul territorio ma soprattutto determinata dalla complessità e dall’articolazione delle dimensioni che lo caratterizzano: di tipo normativo, di tipo politico sociale e di tipo statistico». «Una materia “sensibile” - scrive ancora la curatrice - sulla quale le istituzioni, i servizi e il privato sociale rinnovano continuamente la domanda circa il modello d’intervento ottimale al fine di garantire tutela e protezione ai minori», anche a causa di un quadro giuridico incerto e mutevole.
Nel rapporto così emerge il rilevante «impegno delle amministrazioni comunali nell’accogliere e collocare in luoghi sicuri i minori stranieri non accompagnati, così come nella revisione degli strumenti atti all’integrazione del minore per renderli più adeguati alla presa in carico di questo fenomeno in continua evoluzione, che assume caratteristiche proprie e destinazioni autonome rispetto ai flussi migratori in generale, e dai confini normativi sempre più frammentati».
Questo impegno «coinvolge non più e non solo i Comuni metropolitani, i quali confermano un forte impegno nella presa in carico dei minori soli (42 su 45 Comuni oltre i 100.000 abitanti hanno accolto oltre il 50% dei msna nel 2008), ma che sempre di più interessa i Comuni appartenenti alle fasce demografiche comprese tra i 5.000 e i 60.000 abitanti nel biennio indagato, registrando variazioni di aumento prossime al 200%».
Infatti a prendere in carico i minori non accompagnati sono principalmente le città con più di 100 mila abitanti (47,5%), ma anche i Comuni medi che ne hanno accolti il 23,2%, e quelli medi e piccoli (13,7%). Inoltre, sono in aumento sia i Comuni che offrono prima accoglienza in strutture di pronto intervento con permanenza breve (da 30 a 51 amministrazioni nel 2008), sia i Comuni che gestiscono i servizi nella fase di seconda accoglienza in comunità, case famiglia, ecc. (da 30 a 46, per un totale di 3.841 minori assistiti).
In sostanza, l'integrazione italiana passa per un “modello diffuso”, «che vede nei contesti territorialmente e amministrativamente più “ristretti” migliori chance nei processi e nelle dinamiche di inserimento», attraverso anche «modelli d’intervento eterogenei». Per l'estensore del rapporto Anci, «La difficoltà ad individuare un modello unico d’intervento sta nella forte dinamicità e nell’evoluzione continua del fenomeno, così come nelle modalità differenziate di presa in carico strutturatesi a livello locale, vieppiù condizionate dal rapporto e dall’interazione dei soggetti coinvolti nella presa in carico del minore, piuttosto che determinate da protocolli e indirizzi condivisi».
Dai numeri si coglie sicuramente la portata di questa accoglienza. Alla fine del 2008 sono stati 93 i Comuni che hanno preso in carico l’85% dei minori stranieri non accompagnati arrivati in Italia: una cifra in crescita rispetto al 2006, quando il 75% del totale dei minori contattati o presi in carico era distribuito in sole 39 realtà comunali. Nel 2008 sono stati 7216 i minori presi in carico, un dato che è sostanzialmente rimasto stabile - ma in lieve calo - rispetto ai due anni precedenti: dai 7870 nel 2006 ai 7216 dell'anno scorso (-8,3%).
Questo nonostante la flessione registrata tra il 2006 e il 2007 (-29,6%, pari a 2.327 minori), legata al fatto che i minori rumeni e bulgari sono nel frattempo divenuti comunitari. Sino al 2006, infatti, i minori soli provenivano principalmente dall’Albania (in calo), dal Marocco (stabili) e dalla Romania. Quest'ultimo era il gruppo in crescita esponenziale: diventati «un terzo del totale dei minori presi in carico e accolti in prima/pronta accoglienza e un quarto di quelli inseriti in seconda accoglienza», dal 2007 non rientrano più nella definizione di “minori stranieri non accompagnati” perché diventati cittadini europei.
Così, nell'intervallo 2006-2008 sono i minori afghani il gruppo con la crescita più impetuosa (+170%), seguiti da quelli che arrivano dai paesi africani «fortemente vulnerabili o in conflitto (Nigeria, Somalia, Eritrea, ecc.) e dunque potenziali richiedenti asilo, ai quali si aggiungono coloro che provengono dall’Egitto». Questo fatto «determina un aumento dei minori soli nelle zone di frontiera o nelle aree di primo arrivo: Veneto, Marche, Friuli Venezia Giulia, Puglia e Sicilia».
Questa concentrazione su Sicilia e coste adriatiche conferma una tendenza già vista negli anni scorsi in relazione alla mobilità interna ed esterna dei paesi mediterranei: «Nel biennio 2007-2008 si è registrata un’accentuazione delle partenze da questi paesi verso l’Europa», si legge nel rapporto, in particolare «una migrazione determinata dalla crescente aspirazione dei giovani alla mobilità e alla ricerca di nuove prospettive future».
Le cinque regioni più “esposte” nel 2008 risultano di fatto interessate dal 50,5% dei minori contattati presi in carico in Italia, dal 42% dei minori collocati in prima e pronta accoglienza e dal 60% di coloro che sono stati accolti in strutture di seconda accoglienza. Inoltre, ormai prevalgono la componente maschile (oltre il 90%) e l’età media più avanzata: nella fascia 16/17 anni rientra oltre il 70% del totale dei minori non accompagnati in Italia.
I dati 2008 relativi «all’efficacia degli strumenti atti all’accoglienza e all’integrazione del minore nella prima/pronta accoglienza assunti a livello locale», dicono che è «lievemente migliorata la “tenuta” dei minori all’interno delle comunità». Rispetto al 2006 «viene infatti rilevata una variazione positiva relativa ai minori che si fermano almeno un mese in prima accoglienza (dal 34,5% nel 2006 al 52,6% nel 2008), così come, contestualmente, diminuiscono i minori che fuggono dalle strutture, passando a rappresentare dal 62% nel 2006 al 40% sul totale degli accolti nell’ultimo anno di riferimento». Aumentano anche i minori affidati, dal 7% nel 2006 al 9,9% sul totale degli accolti in prima accoglienza nel 2008, così come cresce il numero di coloro che in seconda accoglienza risultano titolari di permesso di soggiorno (dal 32,5% nel 2006 al 42,8% nel 2008).
Il rapporto Anci però sottolinea le ombre: «solo per il 36% dei minori accolti in seconda accoglienza è stata aperta la tutela, così come, rispetto al 2006, i minori che rimangono per almeno un mese in seconda accoglienza diminuiscono e gli irreperibili aumentano». Questo dato – osserva Monia Giovannetti - «è fortemente condizionato/determinato dalla realtà siciliana, nella quale i minori che rimangono sono solo 6 su 10 e quelli che fuggono sono la metà degli accolti in seconda accoglienza».
L’attività di rilevazione attraverso questionari (compilabili anche on line) è iniziata a gennaio 2009 ed è terminata a giugno: 5.465 sono stati i questionari compilati e restituiti, rappresentativi di 5.784 realtà comunali (più 8,5% rispetto all’edizione precedente, con il Nord maggiormente presente ma un particolare incremento al Sud), cioè il 71,4% di quelli contattati. (mf)
Foto: crediti
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