Al 31 dicembre 2010 i minori fuori dalla famiglia di origine accolti nelle famiglie affidatarie e nelle comunità sono 29.309. Rispetto ai dati rilevati nel 1998 e nel 1999, il numero delle accoglienze è cresciuto, a causa dell'aumento del ricorso all'affido. Rimane stabile, invece, il collocamento dei minori nelle comunità. Sono alcuni dati che emergono dalla ricerca promossa dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali Bambine e bambini temporaneamente fuori dalla famiglia di origine. Affidamenti familiari e collocamenti in comunità al 31 dicembre 2010.
Una sintesi dei primi risultati è stata presentata stamani, a Roma, nel corso di una conferenza stampa organizzata per illustrare anche un'altra iniziativa del Ministero: le Linee guida per l'affidamento familiare. Finalizzate a «indirizzare, sostenere e disciplinare l'affidamento come modalità, condivisa e omogenea a livello nazionale, di tutela, protezione e intervento in favore del minore» e destinate principalmente ai decisori e agli amministratori, le Linee guida s'inseriscono nel progetto nazionale Un percorso nell'affido, avviato nel 2008 dal Ministero in collaborazione con il Coordinamento nazionale servizi affido, il Dipartimento per le politiche della famiglia, il Centro nazionale e altri soggetti.
La ricerca, realizzata dall'Istituto degli Innocenti di Firenze, traccia un quadro del fenomeno dei minori fuori famiglia che tocca diversi aspetti: le principali caratteristiche degli accolti, la presenza straniera e la specificità dei minori stranieri non accompagnati, le motivazioni alla base dell'accoglienza, i rapporti tra figli e genitori, le vie di accesso all'affido e alla comunità, solo per citarne alcuni.
Come si è già detto all'inizio, i dati evidenziano un aumento del fenomeno nell'arco degli ultimi 12 anni dovuto all'incremento del ricorso all'istituto dell'affido. Il numero degli inserimenti in famiglia, infatti, è aumentato del 52 per cento, mentre i collocamenti in comunità sono rimasti nel periodo pressoché pari a quelli registrati nel 1998. Oggi le due forme di accoglienza interessano, a livello nazionale, lo stesso numero di bambini: 14.528 in affidamento e 14.781 in comunità.
Dalla ricerca emergono, inoltre, marcate differenze territoriali tra le diverse regioni nel ricorso all'affido e al collocamento in comunità. La Sardegna, la Toscana, la Liguria e il Piemonte le regioni in cui si ricorre in misura maggiore all'affido, mentre l'Abruzzo, il Molise e la Provincia autonoma di Trento sono le regioni in cui si ricorre principalmente al collocamento in comunità. Queste diversità territoriali, si spiega nel rapporto, «possono essere riconducibili all'effettiva offerta territoriale dei servizi di accoglienza, ma anche alle condizioni organizzative e operative del servizio sociale pubblico, delle culture dell'accoglienza esistenti in ciascun territorio».
Un altro dato messo in evidenza dall'indagine è la crescita considerevole, negli anni, della presenza straniera sul totale dei minori fuori dalla famiglia di origine, passata da poco meno del 10 per cento del 1998-1999 al 22 per cento del 2010. Queste le regioni in cui la presenza di bambini e ragazzi stranieri assume una consistenza particolarmente rilevante: Emilia-Romagna (38 per cento), Toscana (35 per cento), Provincia di Trento (31 per cento), Veneto (31 per cento) e Marche (31 per cento). I minori stranieri non accompagnati rappresentano il 4,4 per cento del totale dei minori fuori famiglia e il 22 per cento del totale degli stranieri presenti nei servizi residenziali familiari e socio educativi e nelle famiglie affidatarie. La maggior parte dei minori migranti “soli” (88 per cento) è accolta in strutture residenziali.
Ma quali sono le motivazioni più ricorrenti alla base dell'accoglienza? I dati rivelano che il 37 per cento dei bambini è stato allontanato per inadeguatezza genitoriale, il 9 per cento per problemi di dipendenza di uno o entrambi i genitori, l'8 per cento per problemi di relazioni nella famiglia, il 7 per cento per maltrattamenti e incuria e il 6 per cento, infine, per problemi sanitari di uno o entrambi i genitori. Spesso a queste problematiche relazionali interne alla famiglia si sommano difficoltà economiche, abitative e lavorative di uno o entrambi i genitori. Due le principali motivazioni della conclusione dell'accoglienza: il rientro nella famiglia di origine (34 per cento) e il passaggio a un'altra accoglienza (34 per cento). Il 7 per cento trova sistemazione all'interno di una famiglia adottiva attraverso il collocamento in affidamento preadottivo, mentre l'8 per cento raggiunge la vita autonoma. Il restante 17 per cento è riconducibile a situazioni diversificate.
Dalla ricerca emerge, inoltre, la maggiore quantità di informazioni sulle madri, più direttamente coinvolte negli interventi. I padri, invece, «rimangono figure sfumate, sono il genitore di cui più spesso mancano notizie di base – dall'età alla condizione lavorativa – e che gli operatori faticano di più a mettere a fuoco anche al fine di impostare il progetto educativo individuale del bambino».
Essere fuori famiglia, si spiega nel rapporto, non implica necessariamente la recisione dei rapporti e dei contatti tra figli e genitori. La ricerca, infatti, mette in luce «una trama abbastanza sostenuta di contatti e di visite tra genitori e figli», soprattutto per i minori in comunità: il 74 per cento dei bambini in comunità incontra periodicamente uno dei genitori (soprattutto la madre) tutte o quasi le settimane; il 42 per cento rientra a casa propria il fine settimana oppure secondo altre modalità concordate; il 60 per cento dei bambini in affidamento incontra almeno uno dei genitori tutte o quasi tutte le settimane.
L'86 per cento degli accolti ha un progetto educativo individualizzato. Nel caso dei bambini in affidamento il servizio sociale pubblico ha messo in campo specifiche attività di sostegno ai genitori nel 74 per cento dei casi. (bg)
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