Cyberbullismo e cyberstalking sono fenomeni ben conosciuti tra gli studenti milanesi. Lo attesta un’indagine pubblicata dall’osservatorio Open Eyes: safenet use, che ha coinvolto quasi 2800 studenti e 120 insegnanti di cinque scuole del capoluogo lombardo e provincia.
La presentazione del primo anno di attività del progetto (sostenuto dal ministero dell’Istruzione e voluto dall’associazione temporanea di scopo “A occhi aperti” di cui fanno parte l’associazione ChiAmaMilano, l’istituto superiore Machiavelli di Pioltello e dal Dipartimento di Psicologia della Seconda Università di Napoli) è stata l’occasione per presentare i risultati dell’indagine sui rischi del web condotta in cinque le scuole medie e superiori dell’hinterland milanese. Mediante focus group e questionari anonimi, Open eyes ha interpellato 2785 studenti, per lo più femmine (il 52,6%) e italiani (93,9%) e compresi tra i 12 e i 20 anni. Attraverso l’indagine, Open Eyes ha voluto costruire un quadro di massima della situazione nel capoluogo lombardo «per sviluppare un lavoro di prevenzione e formazione nelle scuole», spiega la coordinatrice scientifica Anna Costanza Baldry, psicologa della Seconda università di Napoli.
Il 99,1% di loro usa internet a casa, soprattutto per comunicare (80,5%) e navigare (53%), l’85,4% ha un profilo sui social network. Durante la navigazione i genitori sembrano assenti: «la metà dei ragazzi dice che i genitori non “hanno mai dato un’occhiata a quello che fanno online” e oltre la metà (66,1%) non ha mai guardato il loro profilo sul social network», si legge nella sintesi. Dalle risposte dei ragazzi emerge che il bullismo on line è un fenomeno ben conosciuto dagli adolescenti interpellati. Se la stragrande maggioranza afferma di non aver mai avuto o provocato problemi durante le esperienze sul web, percentuali più o meno piccole di ragazzi invece si sono trovate coinvolte in episodi di cyberbullying e cyberstalking.
Il 14,7% infatti è stato coinvolto da una a quattro volte in dispute on line, mentre più basse le altre percentuali come quella relativa a coloro che hanno inviato messaggi crudeli o volgari (9,70% da 1 a quattro volte, 2,8% più di cinque volte) o umiliato qualcuno on line con pettegolezzi o materiali offensivi (6,60%). La rete diventa la nuova casa della pernacchia al professore: il 35,10% infatti ha visto materiale pubblicato online che denigra qualcuno del personale scolastico come presidi o docenti. Il 27,10% invece ha visto o sa di studenti che hanno pubblicato materiale violento e il 34,90% ha visto o sa di studenti che partecipano a “gruppi online di odio”.
Secondo Open Eyes, che offre formazione a riguardo tenuta da psicologi e magistrati , quasi il 51% degli insegnanti ritiene di non essere in grado di identificare il bullismo on line e il 70,6% pensa di non avere gli strumenti per gestire il fenomeno. Oltre a ricerca e formazione degli insegnanti, il progetto milanese prevede l’intervento nelle classi per la gestione delle criticità e il counseling rivolto ad adolescenti, genitori e insegnanti. In un anno di attività sono stati formati 45 docenti che a loro volta si faranno “seminatori” di buone pratiche nelle altre classi.
Questa prima parte dell’attività di Open Eyes sarà riassunta in un libro e un video, poi distribuiti come vademecum anti bullismo on line nelle scuole che hanno partecipato all’indagine. (mf)
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