Troppo tempo in aula, troppi abbandoni prima del diploma, insegnanti poco stimolati: è il ritratto della scuola italiana secondo il rapporto Education at glance 2009 dell'Ocse. Per l'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico «investire nell'educazione aiuterà le economie mondiali ad uscire dalla crisi».
Il report dell'Ocse analizza la situazione nei 30 stati membri e sottolinea l'urgenza di un ripensamento del sistema scolastico nel nostro Paese. I paesi Ocse investono mediamente il 6,2% del Pil nella formazione, il nostro paese solo il 4,9%, ben sotto la media. La spesa pubblica per l’educazione nell’area Ocse è pari al 13%, in Italia al 10%.
Prima di tutto, rispetto ai risultati didattici che assicura, per la scuola in Italia si spende male e in maniera sbilanciata. Se infatti il nostro paese utilizza in media 8.263 dollari l'anno per studente (dati 2006) contro una media Ocse di 8.857 dollari, a fare la parte del leone sono le scuole secondarie (8.495 dollari contro una media Ocse di 8.000) e primarie (7.716 rispetto ai 6.437 Ocse). L'Università è invece penalizzata: 5.268 dollari contro 8.455 della media. La spesa totale per allievo per la durata teorica degli studi primari e secondari supera i 106.000 dollari contro i 93.775 della media Ocse, ma per l'università si ferma a 43.700 euro contro i 50.500 Ocse. Per di più il nostro è tra i paesi in cui l’educazione terziaria (l’università, per esempio) è tra le più care con un costo annuo di 1.100 dollari.
I ragazzi italiani poi passano sui banchi molto più tempo rispetto ai coetanei degli altri paesi affiliati. Tra i 7 e i 14 anni i nostri ragazzi stanno in aula oltre 8mila ore (la media Ocse è 6.862): tra i 7 e gli 8 anni si sta a scuola circa 990 ore, 891 delle quali per insegnamenti obbligatori (media Ocse 790 ore, media Ue 802), tra i 9 e gli 11 anni 1023 ore (media Ocse 835, media Ue 847) e tra i 12 e i 14 1089 (media Ocse 926, Ue 928). Solo i ragazzi cileni restano più a lungo sui banchi, mentre i finlandesi non arrivano a 6.000 ore. Alle medie si studiano poche materie scientifiche: prevalgono letteratura e affini (21% delle ore, media Ocse 16%), indietro matematica (13%) e scienze (9%, media Ocse 16%)
Per ogni 1.000 allievi nella scuola italiana, vi sono 156,4 persone tra insegnanti (97) e addetti ai vari servizi contro una media Ocse di 76,4 insegnanti per un totale di 116,3 addetti. In Italia ci sono in media 18,4 bambini per ogni classe alle elementari pubbliche (20,1 nelle private) e 20,8 alle medie statali (21,8 nelle private) contro i 21,4 e 23,4 medi Ocse. Vi sono poi 10,5 scolari per ogni insegnante alle elementari (16 media Ocse) e 10,2 nella secondaria (13).
Gli insegnanti italiani sono sottopagati rispetto agli altri. I salari partono dai 24.945 dollari l'anno minimi per un docente di prima nomina delle elementari per arrivare dopo 35 anni di insegnamento a 36.765 (contro i 47.800 della media Ocse), pari allo 0,99 del Pil per abitante: uno dei dati più bassi tra i paesi Ocse. In Giappone un maestro elementare parte da 27 mila dollari e arriva a 61 mila a fine carriera, nel Lussemburgo parte da quasi 50 mila e finisce col doppio: 101 mila.
Nelle secondarie: in quelle di primo grado i prof italiani partono da 26.877 (Ocse 31 mila) e arrivano a poco più di 40 mila dopo 35 anni di anzianità (Ocse 51.470), in quelle di secondo grado iniziano dalla cifra dei colleghi delle medie (invece Ocse 31 mila) e arrivano a 42 mila a fine carriera (media Ocse 54.440). Poca cosa rispetto ai 90mila del Lussemburgo, i 60mila della Svizzera e i 50mila della Germania. Inoltre, tra il 1996 e il 2007 i salari sono cresciuti pochissimo, sia a livello iniziale che dopo 15 anni di lavoro: anche in Grecia sono saliti di più.
Ma salari più bassi non equivale a meno settimane passate al lavoro: sono 38, in media con gli altri paesi, in Francia sono 35.
Oltre ad avere stipendi modesti, gli insegnanti non vengono valutati. Secondo il rapporto il 55% degli insegnanti italiani non riceve alcun tipo di riscontro, positivo o negativo, in riferimento al lavoro svolto, e il 20% non riceve giudizi neanche all’interno dell’istituto per cui lavora: il dato peggiore tra i paesi che partecipano all'indagine Talis sull'apprendimento
L'abbandono scolastico prima del diploma è ancora molto elevato. In Italia la percentuale degli abbandoni prima del diploma superiore è del 20% (Ocse 19%), ma il 42% di chi non ha terminato gli studi non ha un lavoro oppure lo perde più facilmente. I disoccupati con titoli di studio più elevati utilizzano il tempo per riconvertirsi con corsi di formazione, a differenza dei meno scolarizzati.
L'Italia si conferma poco amata dagli studenti stranieri: dei 3 milioni che ogni anno vanno a studiare all'estero solo l'1,9% di coloro che vanno a studiare all'estero (3 milioni di ragazzi circa nel mondo) si dirige verso il nostro paese. Gli Usa continuano a primeggiare: sono scelti dal 19,7% degli studenti che vanno via dal loro paese per laurearsi altrove. Seguono il Regno Unito (11,6%), la Germania (8,6%), la Francia (8,2%), l'Australia (7%), il Canada (4,4%), il Giappone (4,2%). Meglio di noi fanno anche Spagna e Russia con il 2%. Tra i motivi di questo scarso successo c'è lo scarso numero di corsi in inglese, che darebbero anche un valore aggiunto al titolo. In questo siamo in compagnia di Messico, Cile, Brasile, Grecia, Spagna, Belgio: tutti paesi che offrono o offrono pochi programmi di studio nella lingua della regina Elisabetta.
Il 20,4% degli stranieri che vengono da noi scelgono corsi di medicina o dell'area della salute, il 19,9% preferisce le scienze umanistiche e l'arte, il 31,8% si distribuisce tra scienze sociali e giurisprudenza.
Solo il 4,1% di ragazzi di altri paesi che arrivano in Italia si iscrive a programmi di ricerca. Oltre il 90% degli stranieri viene a frequentare i corsi di laurea.
La percentuali di laureati italiani resta bassa, il 10% nella fascia di età 55-64 e il 20% tra chi ha tra i 25 e i 34 anni. Aumenta in modo considerevole il numero di laureati, che grazie ai nuovi ordinamenti passa dal 20 al 35%. In aumento, però, anche gli abbandoni: lascia gli studi il 55% degli iscritti.
La laurea comporta un vantaggio economico. Quello più vistoso si registra negli Stati Uniti, dove i laureati maschi guadagnano nell'arco della carriera oltre 367 mila dollari in più rispetto a coloro con un titolo di studio inferiore e le donne oltre 229 mila. L'Italia e' al secondo posto per gli uomini, con 322 mila dollari e il Portogallo per le donne, con 220 mila.
Al netto di tasse e contributi sociali, il valore netto della laurea in Italia è di 173mila dollari per l'uomo e di soli 25mila per la donna, con la maggiore disparità registrata fra i paesi industrializzati. La media Ocse è di 186mila a livello lordo per un uomo e di 134mila per una donna, con valori netti rispettivamente di 82mila e 51mila dollari. (mf)