Lavoro minorile, servono nuove tutele

20/05/2010

Si è tenuta lo scorso 9 e 10 maggio, promossa dall’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), la conferenza mondiale sul tema dello sfruttamento del lavoro minorile The Hague Global Child Labour Conference.

Il congresso, co-organizzato e ospitato a L’Aja dal Ministero olandese degli affari sociali e dell’occupazione, ha visto la partecipazione di 450 rappresentanti di governi, sindacati e imprenditori, di organizzazioni non governative, del mondo accademico e della società civile, provenienti da 80 nazioni del mondo.

Scopo dell’incontro è stato quello di rifare il punto sulle politiche di lotta al lavoro minorile, miranti a migliorare la situazione dei bambini e adolescenti che per diverse ragioni sono impiegati nei sistemi economici dei loro Paesi.
Un momento centrale della discussione è stata l’approvazione della cosiddetta Roadmap (link fra gli approfondimenti) ovvero un documento che sintetizza i passi da intraprendere con urgenza per eliminare entro il 2016 le peggiori forme di sfruttamento del lavoro minorile, così come già delineato a suo tempo nel Rapporto globale sul lavoro minorile lanciato nel 2006 dalla stessa OIL e come ribadito, con alcune revisioni, nel suo nuovo rapporto Accelerating action against child labour.
Nuove strategie e piani di azione risultano oggi estremamente necessari, sostiene l’Organizzazione mondiale del lavoro, alla luce dell’attuale scenario economico internazionale, che insieme ad altri fattori, ha fatto sì che sia andato scemando l’ottimismo contenuto nel vecchio piano 2006-2016, e che era legato ai risultati positivi emersi in alcuni continenti, in particolare l’America latina, relativi alla forte riduzione del numero di minori sfruttati economicamente nei settori più a rischio.

Già allora, i dati diffusi dall’organismo internazionale avevano generato perplessità, e in alcuni casi critiche, da parte dei rappresentanti di organizzazioni impegnate nella tutela dei diritti dei minori. In particolare erano stati oggetto di dibattito gli aspetti metodologici, tra i quali il fatto che i numeri presi in considerazione nel rapporto consistono per lo più in stime relative a Paesi non dotati di buoni sistemi di rilevazione anagrafica, e si riferiscono a un ambito, l’economia informale, che per definizione sfugge alle investigazioni statistiche.

Alcune organizzazioni europee hanno colto l’occasione per organizzare un contro-vertice sempre a L’Aja, negli stessi giorni di quello indetto dall’OIL: si tratta della associazione italiana Italianats e della tedesca Pronats, che insieme ad alcuni rappresentanti internazionali dei Movimenti Nats di bambini e adolescenti lavoratori, hanno cercato di far sentire la voce di una infanzia lavoratrice consapevole dei propri diritti. Ospitati da ISS, Istituto internazionale di studi sociali dell’Università di Rotterdam, ricercatori e operatori sociali che da lungo tempo si occupano di questa tematica, lavorando anche sul campo con bambini e adolescenti, hanno denunciato il mancato invito alla conferenza istituzionale dei delegati Nats.

In una lettera aperta indirizzata al direttore dell’OIL-IPEC, hanno inoltre sottolineato la necessità di focalizzare l’impegno istituzionale sul reale benessere e sviluppo del bambino, ed evidenziato la discrepanza tra le politiche internazionali che vorrebbero contrastare l’abuso sui minori, e l’evidenza empirica – sostenuta dai risultati della ricerca sociale – che dimostra invece il fallimento di certi programmi contro il lavoro minorile.
Nel sostenere il punto di vista di bambini e adolescenti che si sono organizzati per difendere i loro diritti, queste associazioni, ora riunite insieme ad altre, sotto il cappello della rete Europanats, promuovono le buone pratiche realizzate dai bambini stessi, che difendono la dignità di un lavoro adatto alle loro capacità e rifiutano una visione solo protettiva dell’infanzia, che rischia spesso di soffocare l’emancipazione dei minori, quando non risolversi in vera e propria negazione dei loro diritti.

Si tratta quindi di un approccio di valorizzazione delle realtà dei bambini lavoratori nel mondo, per certi aspetti e in alcuni contesti sostenuto anche da organizzazioni quali l’Unicef, presente all’incontro OIL e coautrice del rapporto Joining forces against child labour preparato da Understanding Children’s Work quale piattaforma tecnica di confronto per la conferenza. Unicef ha sottolineato l’urgenza di interventi multidisciplinari che mirino a garantire diritti sociali ai bambini e agli adulti, nonché l’accesso universale all’educazione e ai servizi di base.
Insieme ad altre organizzazioni italiane, aderenti al coordinamento Pidida (Per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza), il Comitato italiano dell’Unicef ha di recente ricordato in una lettera al Ministro del lavoro e delle politiche sociali che lo sfruttamento dei minori non è un problema presente solo nei lontani Paesi del “terzo mondo”, ma anche in Europa: per questo da tempo le ong chiedono che sia riconvocato il Tavolo di coordinamento contro lo sfruttamento del lavoro minorile, quale importante sede di confronto e concertazione tra le pubbliche amministrazioni, le parti sociali, il mondo dell’associazionismo.

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