L'affidamento familiare: realta', esperienza, scenari futuri

26/02/2008

Porgo il saluto dell'Osservatorio nazionale e del Centro nazionale per l'infanzia e l'adolescenza a questo importante consesso e sottolineo che mai in passato questi due organismi avevano avuto nei riguardi delle Regioni la grande attenzione che riservano loro attualmente. Lo conferma la composizione del Comitato tecnico-scientifico del Centro, nel quale buona parte dei membri stabili ha consolidati rapporti con le Regioni ed il fatto che di recente si è aggregato al Comitato un rappresentante designato dalla Conferenza delle Regioni, mentre presto sarà inserito anche un rappresentante designato dall'ANCI. Lo conferma, per l'Osservatorio, la presenza di un consistente numero di componenti indicati da Regioni e Comuni. Lo ribadiscono infine le modalità adottate per la redazione del Piano d'Azione per l'infanzia e l'adolescenza 2008-2009, poiché la bozza di tale Piano verrà preventivamente fatta oggetto, prima della sua approvazione, di confronto nell'ambito della Conferenza delle Regioni.
Ed è proprio questo nuovo e sintonico modo di operare che ci induce a proporci come interlocutori delle Regioni in un vasto programma diretto a disegnare i futuri scenari della tutela dei diritti dei minori con particolare riguardo a quelli che vivono fuori della propria famiglia, a cominciare da quelli che sono in affidamento familiare.
In proposito, va posto in evidenza che il Centro nazionale sta effettuando un continuo monitoraggio degli istituti per minori, che avrebbero dovuto essere chiusi alla data del 31/12/2006. Ora, a distanza di circa un anno da quella scadenza, si può dire che quel traguardo sta per essere raggiunto. Alla data del 31/1/2008, infatti, risultano collocati in istituto solo 48 minorenni (oltre a quelli di un istituto siciliano di cui non è stato possibile conoscere i dati) e sono attivi solo 14 istituti, 5 dei quali sono privi di accoglienza: in sostanza solo 9 funzionano realmente.
La chiusura degli istituti può quindi nella sostanza considerarsi realizzata, anche se il monitoraggio dovrà continuare.
1.La centralità dei temi da affrontare tende quindi a spostarsi altrove: alla presa dell'atto che tra le 20 Regioni italiane esistono problemi di profonde diversità di nomenclatura e di prassi operative, frutto soprattutto del fatto che la regolamentazione dei servizi residenziali spetta alle diverse amministrazioni regionali e non a quella centrale.
a) E' necessario quindi anzitutto promuovere l'acquisizione di un linguaggio comune per tutte le Regioni in modo che siano comuni a tutte alcuni concetti fondamentali quali:
- che cosa è l'istituto per minori;
- che cosa è la comunità;
- che cosa è l'affidamento familiare.
b) Ciò è necessario oggi non meno di ieri, anche per effettuare delle corrette analisi delle riconversioni e ristrutturazioni degli istituti per minori che talora hanno conservato caratteristiche negative, quale la coesistenza, ad esempio, nello stesso edificio di molteplici strutture residenziali, caso mai con servizi in comune.
c) Ma ciò è necessario anche per attribuire una corretta configurazione ad alcune nuove forme di servizi, caratterizzate da flessibilità e duttilità, che stanno gradualmente sostituendo la precedente rigida categorizzazione che distingueva solo tra affidamento e istituto per minori. Intendo riferirmi alle diverse modalità dell'intervento domiciliare, a quella detta del "vicinato solidale", alle "reti familiari", all'affido familiare diurno e alla comunità diurna per adolescenti ed agli altri ulteriori interventi analoghi, che contrastano la prospettiva dell'allontanamento del minore dalla famiglia di origine.
d) Ed è necessario infine che questi concetti e queste prassi siano ampiamente diffuse anche fuori delle cerchia degli addetti ai lavori, per evitare che i mass media continuino ad offrire un quadro vecchio e superato degli interventi per i minori, utilizzando tuttora termini impropri, quale quello di "orfanotrofio" che da tempo è ormai scomparso.

2.Ma il confronto dovrà allargarsi anche ad altri profili e analizzare le prassi interpretative della legge, che spesso si articolano diversamente tra Nord e Sud, tra regione e regione. E per quanto riguarda l'affidamento familiare occorre individuare quali siano in ciascuna regione le modalità di realizzazione dell'affidamento consensuale e di quello giudiziario; occorre tener conto della maggiore complessità dei modelli familiari e sociali intervenuta negli ultimi anni.

Occorre anche confrontarsi sull'idea di "temporaneità" dell'affidamento familiare che la legge prevede e prendere atto che essa viene intesa in modo diverso da regione a regione: vi sono alcune realtà che minimizzano la rilevanza del cosiddetto "affido sine die" e tendono addirittura a procrastinare l'affidamento familiare oltre la maggiore età, fino al 21° anno di età. Ve ne sono altre che seguono il dettato normativo, che fissa la scadenza dell'affidamento in ventiquattro mesi oltre alla proroga e puntano invece all'adozione non legittimante, quando l'affidamento si protragga oltre e si ravvisi una situazione permanente di semiabbandono.
Bisogna in sostanza riflettere sulle ragioni che portano Comuni del Nord ad approvare documenti che ignorano o minimizzano questo problema e Comuni del Sud a sottoscrivere protocolli d'intesa sull'adozione mite; occorre cioè cercare di intendere se ciò sia il frutto del cristallizzarsi di problematiche diverse a livello locale oppure se sia l'effetto di una diversa evoluzione realizzata dalla cultura minorile nei diversi territori. Ed è necessario confrontare qualità e specializzazione dei servizi locali; formazione e aggiornamento degli operatori sociali nelle diverse zone; ponendosi il problema di ridurre le differenze qualitative tra le varie regioni, favorendo la cultura dell'intervento realizzato con il consenso da parte di tutti gli interessati.

4. Ed infine il confronto non potrà non coinvolgere anche l'area della giustizia minorile.
a) Dovrà quindi interessare il rapporto tra affidamento familiare e adozione e verificare se siano ipotizzabili soluzioni flessibili, che si pongano a metà tra i due istituti; ed anche le cd. adozioni legittimanti aperte; studiare se non sia possibile muoversi in armonia con le tendenze in atto a livello europeo, ampliando l'adozione non legittimante e prevedendo anche la sua convertibilità in quella legittimante. Ridiscutere infine le modalità di attuazione dell'affidamento familiare alla luce dei rilievi svolti in precedenza.
b) Ed occorrerà soffermarsi anche sul tema dell'allontanamento del minore dalla sua famiglia e confrontarsi fino in fondo su un punto cardine relativo alla tutela dei bambini: quello del rapporto tra rispetto del principio di legalità nel settore minorile (con riferimento particolare ai falsi riconoscimenti ed a situazioni analoghe) e tutela del diritto del minore alla continuità degli affetti.

Occorrerà cioè chiedersi se oggi potrebbe ancora ripetersi un caso del tipo di quello di Serena Cruz, che circa venti anni fa sconvolse il mondo minorile; oppure se non sarebbe più giusto seguire il percorso indicato da Gustavo Zagrebelskj, il quale ha manifestato perplessità sulla soluzione allora adottata, rilevando che la decisione del caso Serena ha comportato che per la protezione di tanti bimbi, potenziali future vittime del medesimo tipo di commercio, si sia messo in pericolo il bene di una bambina.

5. In conclusione, il Centro Nazionale e l'Osservatorio chiedono alle Regioni di poter aprire un ampio confronto su questi temi, secondo modalità e tempi da studiare. La nostra idea è quella di dare vita ad una grande ricerca attuata insieme, che parta dall'individuazione - anche con il contributo degli Osservatori regionali già operanti - dei punti-base indicati, considerati ineludibili in relazione ai temi esposti, e giunga a formulare concrete proposte da tradursi in prassi interpretative ed operative condivise o in modificazioni legislative utili. Si tratta di trarre spunto dal lavoro del gruppo tecnico istituito presso il Ministero della Solidarietà Sociale per il monitoraggio della L.149/2001 e di ampliare il confronto con le Regioni a tutta la più vasta area di tematiche sopra accennate, che esige una riflessione di dimensioni culturalmente ben più larghe ed operativamente più intense di quelle attuali.