Figli adottivi alla ricerca delle proprie origini

22/06/2010

La possibilità, per i figli adottivi non riconosciuti, di accedere alle informazioni sulle proprie origini – di fatto negata dal nostro ordinamento, che l'ammette solo decorsi cento anni dalla nascita – è oggetto di un dibattito che divide esperti, cittadini e associazioni. Fra i sostenitori della modifica dell'attuale normativa, il Comitato per il diritto alla conoscenza delle origini.

Il vigente articolo 28 della legge 4 maggio 1983 n. 184 al comma 7 così recita: «l'accesso alle informazioni non è consentito nei confronti della madre che abbia dichiarato alla nascita di non volere essere nominata ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396», mentre l'articolo 93 del Codice della privacy (decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196) protegge il diritto della madre al segreto sulle proprie generalità fino a cento anni dalla formazione del certificato di assistenza al parto. L'attuale normativa introduce un tema delicato, che vede entrare in conflitto due interessi contrapposti: quello del figlio a conoscere l'identità dei genitori biologici e quello della madre che ha scelto di non riconoscere il proprio bambino a rimanere nell'anonimato.

Su questo tema il Comitato propone una serie di iniziative, con l'obiettivo, si legge nell'atto costitutivo del 5 giugno 2009, «di promuovere la modifica dell'art. 28 della legge 184/1983, onde garantire ai figli adottivi non riconosciuti di veder soddisfatto il proprio diritto ad accedere ai dati anagrafici dei genitori naturali e a tutti i dati non identificativi, necessari alla conoscenza e alla ricostruzione della propria storia personale». «La costruzione dell'identità – spiega Maria Volpe, del Comitato – è un processo articolato, che non può prescindere dalla storia iniziale. Madre e figlio restano sempre legati da un destino comune, uniti dalla sacralità di un legame a cui non possono sottrarsi».

Fra le attività del Comitato, che ha una sua pagina su Facebook, l'organizzazione di campagne informative e incontri – tra cui il recente convegno promosso in collaborazione con la Consulta pari opportunità della I Municipalità di Napoli Il valore delle origini nella costruzione dell'identità e nella custodia della memoria, che si è svolto nel capoluogo campano il 14 giugno - e la creazione di spazi di confronto con le istituzioni.

Proprio dal confronto con le istituzioni ha preso avvio un'intensa attività di sensibilizzazione, che ha trovato sostegno nelle proposte di legge dei deputati Domenico Zinzi e altri (n. 1899), Maurizio Paniz (n. 2919), Luisa Bossa e Delia Murer (n. 3030) e nel disegno di legge del senatore Carlo Sarro e altri (n. 1898), attualmente in discussione. Nei mesi scorsi Giulia Bongiorno, presidente della Commissione giustizia della Camera dei deputati, ha audito esperti ed esponenti di associazioni, fra cui lo stesso Comitato.

Il tema del diritto alla conoscenza delle origini biologiche ha ispirato la costituzione di altre realtà - associazioni, gruppi, siti web - che danno voce al bisogno di tanti figli adottivi non riconosciuti di ricostruire la propria storia. (bg)