Donne al bivio tra figli e lavoro

11/05/2009

Qual è il rapporto fra maternità e occupazione femminile? Le donne continuano a lavorare o abbandonano il lavoro dopo la nascita di un figlio? Dai dati di una recente indagine condotta dall'Istituto per lo sviluppo della formazione dei lavoratori emerge che il tasso di attività femminile, dopo la nascita di un bambino, passa dal 63 per cento al 50 per cento. Diversa la situazione per i neopapà: dopo il lieto evento il tasso di attività lavorativa maschile passa dall'85,6 per cento al 97,7 per cento.

L'indagine, dedicata alle donne inattive, ovvero quelle donne – tra i venticinque e i quarantanove anni – che non sono occupate e non sono in cerca di lavoro, traccia un quadro sulla situazione lavorativa delle madri italiane da cui emerge il radicamento di un modello sociale basato sulla famiglia allargata che affida alle donne le attività di cura domestica e familiare.

Quando i figli crescono la situazione non cambia molto: le madri difficilmente riescono a rientrare nel mondo del lavoro. I risultati dell'indagine evidenziano che, se nel primo anno di vita del figlio il tasso di occupazione femminile è del 48 per cento, le donne che lavorano con figli minori di quindici anni sono il 56 per cento, una percentuale che non aumenta nel caso di madri con figli sopra i quindici anni. Le donne senza prole nella stessa fascia di età, invece, raggiungono un tasso di occupazione del 78 per cento.

Altri dati riguardano le misure utili a favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Così, per quanto riguarda il part-time - che rappresenta solo un aspetto della gestione flessibile dei tempi di lavoro - l'indagine rivela che le lavoratrici a tempo parziale sul totale delle donne occupate in Italia sono solo il 27 per cento, a fronte di una media europea del 31 per cento.

Riguardo alla condivisione del lavoro familiare emerge che le donne dedicano il doppio del tempo al lavoro domestico - due ore e ventitré minuti contro i cinquanta minuti degli uomini - e circa due ore in più alla cura dei figli, mentre in tema di servizi risulta che spesso la retribuzione medio-bassa di una donna poco istruita non copre la spesa per i servizi di assistenza familiare. Anche per questo, le donne italiane che lavorano in Italia sono quelle più istruite.

Rispetto ad altri Paesi europei il livello occupazionale delle madri italiane è inferiore: 47 per cento sul totale della popolazione femminile, a fronte del 74 per cento della Danimarca, del 71 per cento dell’Olanda, del 65 per cento della Germania e del 60 per cento della Francia. Superiori al nostro anche i livelli occupazionali di Grecia e Spagna, rispettivamente del 48,7 e 55 per cento.

L'indagine tocca argomenti di grande attualità, che hanno ricadute importanti non solo sulla famiglia, ma anche sull'economia. Proprio su questi temi – la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, gli interventi di sostegno alle madri lavoratrici – si sofferma, fra l'altro, il libro bianco sul futuro del modello sociale La vita buona nella società attiva, presentato il 6 maggio a Palazzo Chigi dal ministro del lavoro, salute e politiche sociali Maurizio Sacconi.

Il libro bianco individua il calo delle nascite come un problema centrale nel nostro Paese. Per questo punta sul sostegno alla famiglia evidenziando la necessità di promuovere interventi specifici che prevedano anche un migliore coordinamento dei tempi di vita e di lavoro.

Fra questi, una regolazione fiscale premiale e proporzionata alla composizione del nucleo familiare, l'effettivo accesso ai congedi parentali, prassi contrattuali tese a favorire la modulazione flessibile degli orari di lavoro e una migliore distribuzione territoriale dei servizi per la prima infanzia, che miri al consolidamento e alla diversificazione dell'offerta di nidi e micronidi anche presso i luoghi di lavoro o le famiglie. (bg)