Docenti e operatori insieme per promuovere l'inclusione

15/07/2014 Tipo di risorsa: Temi: Titoli:

Le attività del Progetto nazionale per l'inclusione e l'integrazione dei bambini rom, sinti e caminanti, realizzate nelle scuole e nei campi e terminate il mese scorso, hanno coinvolto 13 città riservatarie, con l'obiettivo di favorire l'integrazione scolastica e l'inclusione sociale dei bambini e degli adolescenti rom, sinti e caminanti. A Fabiana Forni, referente del progetto a Bologna, una delle 13 città che hanno preso parte all'iniziativa, abbiamo rivolto qualche domanda sull'esperienza della sperimentazione nella città capoluogo dell'Emilia Romagna.

Per approfondimenti sui contenuti del progetto - promosso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la collaborazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la partecipazione dell'Istituto degli Innocenti di Firenze – si rinvia alla sezione dedicata di questo sito.

Qual è la condizione abitativa e sociale delle famiglie rom, sinte e caminanti che vivono a Bologna?

A Bologna sono presenti 3 aree sosta istituite dalla L.R. 47/88 per la comunità sinta locale (italiana) provviste di allacciamenti all'energia elettrica, fognature, ecc., in cui abitano circa 63 famiglie con 70 minori. Di queste 3 aree, una è composta esclusivamente da roulotte, camper e case mobili e le altre 2 sono attrezzate in modo similare ad una microarea con costruzioni in muratura integrate a strutture mobili. Altri nuclei di famiglie sinte dimorano in case mobili installate abusivamente in campi agricoli regolarmente acquistati. Per quanto riguarda, invece, la popolazione rom, ci sono alcuni nuclei inseriti in percorsi di inclusione e integrazione sociale, sfociati nel Piano d'azione straordinario per il superamento delle situazioni emergenziali di accoglienza attuato nel 2007-08, ed altri rimasti esclusi da questo circuito, che vivono in insediamenti abusivi in periferia.

Il progetto ha previsto, fra le altre cose, laboratori e altre attività nelle scuole incentrate sul cooperative learning. Lavori di gruppo che hanno coinvolto tutti gli studenti, rom, sinti e caminanti e non. C'è integrazione fra i bambini in classe? Qual è l'atteggiamento degli alunni verso gli stereotipi?

Il progetto si è rivolto in particolare ai bambini e alle loro famiglie che risiedono nelle aree sosta. Le classi individuate per la realizzazione del progetto sono 6: 4 della scuola primaria e 2 della secondaria di primo grado. In generale la metodologia del cooperative learning è piaciuta alle insegnanti della scuola primaria; grande difficoltà invece si incontra nella secondaria di primo grado. La modalità formativa sul cooperative learning adottata sul territorio bolognese - che ha visto una prima parte di formazione sul metodo e poi, mensilmente, una supervisione al suo utilizzo, che ha permesso ai docenti di cimentarsi con le tecniche - è risultata particolarmente vincente, perché ha permesso anche il confronto di gruppo. Da quanto riportato dalle maestre emerge che le ricadute su tutti gli alunni sono state buone, la didattica ne ha tratto giovamento e le relazioni all'interno del gruppo classe sono buone. I laboratori per la scuola primaria, invece, non sempre hanno visto parere positivo e quindi occorrerà apportare delle modifiche. Per quanto riguarda gli stereotipi, sono stati organizzati, in collaborazione con il progetto Roma Matrix, uno spettacolo e un laboratorio sul tema in occasione del Porrajmos, che hanno divertito e fatto riflettere molto sia alunni che insegnanti. Di fatto, comunque, nella scuola primaria la percezione della diversità è un tema che viene affrontato in un'ottica di scoperta, di valorizzazione. Nel corso dell'anno si farà una campagna cittadina sullo stereotipo verso rom e sinti.

Gli studenti hanno incontrato difficoltà? Se sì, quali?

Gli studenti non hanno avuto difficoltà a lavorare con il metodo, anzi! Tutti sono stati valorizzati nelle loro competenze. Particolare attenzione va posta inizialmente allo sviluppo delle abilità sociali e all'individuazione dei ruoli; le insegnanti della scuola primaria hanno cercato di rispettare questa procedura. Il modello di formazione/supervisione, come ho già detto, è risultato particolarmente vincente per il consolidamento della metodologia. I ragazzi incontrano difficoltà maggiori nel contesto della scuola secondaria di primo grado, in cui spesso si verificano abbandoni con conseguente dispersione scolastica: ciò è in parte dovuto alle difficoltà che gli studenti stessi incontrano nell'adattamento a nuovi modelli di didattica, ma a volte è anche dovuto al fatto che alcuni docenti tendono a escludere questi ragazzi.

Quali attività hanno svolto i ragazzi in classe e nei contesti abitativi?

L'impianto generale del progetto ha visto la suddivisione in “operatore campo” e “operatore scuola”; a livello territoriale abbiamo operato la scelta di far coincidere i 2 ruoli e di dedicare pertanto una “figura ponte” tra il mondo della scuola e quello del campo. Anche questa è stata una scelta vincente, per il semplice fatto che tutte le informazioni riguardanti i bambini sulla vita a scuola e a casa erano detenute da un unico soggetto. Questo ha permesso di focalizzare meglio anche le criticità. Altro tema riguarda la risoluzione di queste ultime, che spesso risulta complessa e non in capo ad un solo soggetto; laddove però è stato possibile, si è agito velocemente per trovare soluzioni. Le azioni in classe hanno visto il coinvolgimento degli operatori in tutta la proposta innovativa: utilizzo del cooperative, laboratori musicali, laboratori sulle emozioni, laboratori manuali/corporei, sostegno dei bambini in alcune attività. Nei campi, invece, sono state realizzate azioni mirate a rafforzare le relazioni con le famiglie e aiutare i bambini nello svolgimento dei compiti, e attività extrascolastiche. Tutta la parte relativa al sostegno alla gestione (monitoraggio delle strutture, ecc.) è stata garantita dal progetto aree sosta, da anni attivo sul territorio.

Com'è il rapporto tra le famiglie rom, sinte e caminanti e le altre famiglie?

Le aree sosta, presenti sul territorio da oltre 30 anni, sono state gradualmente attrezzate e rese a norma. Da tempo si sta ragionando sul superamento di queste aree, trovando soluzioni adeguate ai nuclei, anche attraverso percorsi partecipati, ma di fatto sono strade molto lunghe e difficili. Esistono difficoltà anche nel rapporto tra le famiglie e la scuola: i bambini faticano a frequentare la scuola regolarmente e con profitto, nonostante i servizi attivati (accompagnamento in bus, ecc.), ma esistono delle situazioni ben integrate. Anche il rapporto fra insegnanti e genitori è altalenante: in alcuni casi si instaurano buone relazioni, c'è assiduità nel rapporto con la scuola, ma più spesso c'è disinteresse. In una situazione, in particolare, sono state fatte esperienze di convivenza interessanti, come la festa di fine anno, ma tale disponibilità dipende molto dalle dirigenze scolastiche.

Il progetto ha coinvolto figure professionali diverse: operatori, insegnanti, dirigenti scolastici, docenti e altri esperti. Com'è andato il lavoro di rete tra tutti questi soggetti?

Di fatto le figure effettivamente coinvolte sono insegnanti, operatori, servizi sociali, servizi educativi, servizi sanitari. La rete tra questi soggetti, in parte codificata da protocolli/accordi, in parte costruita ad hoc per il progetto, ha permesso uno scambio maggiore di informazioni sui casi seguiti. Tale percorso necessita comunque di ulteriore consolidamento, affinché le buone prassi individuate possano sedimentarsi nell'operatività quotidiana.

Quali sono i principali punti di forza e le criticità della sperimentazione?

Il progetto ha avuto il pregio, per il nostro contesto, di coinvolgere assieme e con modalità nuove soggetti diversi: docenti, servizi sociali ed educativi in primis. Questa esperienza ha permesso inoltre di fare rete anche con altri progetti dedicati al target (Roma Matrix, gestione aree sosta), arricchendo i punti di vista e le prospettive di tutti. Sicuramente un'annualità è un tempo troppo scarso per consolidare e far sì che le innovazioni possano attecchire, pertanto una criticità è sicuramente la discontinuità dei progetti. Più nello specifico, dovrebbero essere rivisti i sistemi di valutazione, i cui risultati di pre-test, interessanti per le insegnanti, sono arrivati tardissimo. Per quanto riguarda gli operatori, sicuramente la loro funzione deve essere rimodulata. Un altro miglioramento che vorremmo apportare riguarda la facilitazione all'ingresso della scuola materna: molte difficoltà che hanno i bambini in prima potrebbero essere facilmente risolte con ingressi più precoci nel mondo della scuola. Infine, sempre per favorirne la scolarizzazione e prevenirne l'abbandono scolastico, dovrebbero essere potenziate le attività di aiuto nello svolgimento dei compiti, magari in collaborazione con il terzo settore. Abbiamo visto che i bambini che, nonostante le fatiche, hanno migliorato le proprie competenze scolastiche, hanno aumentato la loro sicurezza e, se possiamo esagerare, autostima. Viceversa un ragazzo sospeso in continuazione durante l'anno scolastico è ora in una situazione assai difficile.

(Barbara Guastella)