Un libro bianco racconta le storie di genitori e bambini dislessici. Al Senato è a buon punto l’iter di una proposta di legge bipartisan che riconosca la dislessia e favorisca la prevenzione.
Cinquantadue storie. Testimonianze dirette, scritte di proprio pugno da chi, per anni, si è sentito definire “asino” o “tonto”, solo perché a leggere, a scrivere o far di conto non era bravo come i suoi compagni. Storie di bambini e adulti dislessici raccolte dall’Associazione Italiana Dislessia in occasione del XI Congresso nazionale, per documentare l’urgenza di una legge che riconosca anche in Italia la dislessia, tuteli i bambini con questo disturbo e ne favorisca l’integrazione didattica.
La dislessia colpisce tra i 4 e il 5% della popolazione in età scolare: 350 mila ragazzi che presentano difficoltà nella capacità di leggere e scrivere in modo corretto e fluente. In media un bambino dislessico ogni venti alunni. Complessivamente si stima un milione e mezzo di italiani.
Un disturbo nella maggior parte dei casi ignorato o sottovalutato, presente in bambini dotati di intelligenza normale, se non superiore alla media, che non hanno altri problemi di sviluppo ma che se non è compresa provoca - come documenta il Libro Bianco Dislessia e diritti negati edito da LibriLiberi - grande sofferenza, senso di inadeguatezza e rinuncia ad esprimere se stessi.
La scuola può rivelarsi una vera e propria corsa a ostacoli. Interrogazioni, compiti in classe, voti e verifiche scanditi da tempi e modalità che raramente riconoscono le differenze e le peculiarità degli alunni. Nel libro si raccontano le piccole, grandi umiliazioni di chi si sente perso di fronte al foglio bianco. Lorenzo, alunno di seconda media, lo spiega nella lettera aperta al Ministro per la Pubblica Istruzione, che è un po’ la premessa a tutte le altre testimonianze. “L’impatto con le medie è stato disastroso e la prof di matematica mi diceva che non ci arrivavo e quella italiano mi diceva che avevo la scrittura illeggibile! Per i voti la penso come don Lorenzo Milani. Per me le verifiche o comunque i voti servono a rinforzare i forti e indebolire i deboli e io che speravo di diventare ministro della pubblica istruzione! Come faccio? (…). La mia domanda è se può abolire i voti e le verifiche che ci giudicano, oppure lasciare le verifiche solo per vedere a che punto siamo ma senza voti”.
La vita di questi ragazzi può essere segnata per sempre, come scrive Caterina, dislessica, oggi pittrice e mamma quarantunenne: “Ricordo che la mia difficoltà a leggere, a ricordare le tabelline, le poesie, le date ecc. mi hanno distrutto la vita perché facevo il doppio del lavoro e dovevo sempre dimostrare a tutti che non ero TONTA”. Difficoltà che non finiscono in classe. Andrea, universitario di 22 anni. “Le discriminazioni più umilianti le ho vissute all’esterno della scuola quando ho dovuto chiedere di sostenere il test in forma orale per ottenere la licenza di guida” (…). Sei mesi di attesa da parte della Commissione medica solo “per stabilire che potevo guidare con una patente normale, quando invece doveva darmi solo l’ok per fare il test orale e non scritto”.
Nella scorsa legislatura si era giunti ad un passo dall’approvazione di un apposito disegno di legge, ma lo scioglimento anticipato delle Camere ne aveva interrotto il cammino. Ora al Senato, è a buon punto l’iter di una proposta di legge bipartisan che riconosca la dislessia e favorisca la prevenzione dell’insuccesso scolastico. Tranne nei casi più gravi, per i quali la legge prevede l’insegnate di sostegno, le forme lievi e più frequenti possono infatti essere affrontate con alcune accortezze. Più tempo per i compiti scritti, interrogazioni orali più frequenti, fotocopie anziché appunti, possibilità di usare il computer con un correttore automatico o di eseguire le operazioni con la calcolatrice. “Nulla di rivoluzionario come permettere a un miope di indossare gli occhiali”.
Per saperne di più:
Le due proposte di legge (DDL 1006 e DDL 1036) all’esame della Commissione Cultura del Senato