Così giochi e laboratori aiutano l'incontro fra culture

17/07/2014 Tipo di risorsa: Temi: Titoli:

Il Progetto nazionale per l'inclusione e l'integrazione dei bambini rom, sinti e caminanti - promosso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la collaborazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la partecipazione dell'Istituto degli Innocenti di Firenze – ha coinvolto 13 città riservatarie in varie attività realizzate nelle scuole e nei campi, con l'obiettivo di favorire l'integrazione scolastica e l'inclusione sociale dei bambini e degli adolescenti rom, sinti e caminanti.

Nelle interviste precedenti abbiamo chiesto come si è svolto il progetto nei diversi contesti urbani a insegnanti, operatori, dirigenti scolastici e referenti locali. Ma qual è il punto di vista delle famiglie rom coinvolte nell'iniziativa? Come hanno accolto il progetto? Per avere un quadro anche su questo aspetto, abbiamo rivolto qualche domanda ad Antonio, genitore rom che vive con la moglie e due figlie nel campo di via Idro, a Milano, e lavora come facchino da circa 20 anni. Un lavoro duro, che lo impegna 6 giorni su 7 per circa 12 ore, dalla sera tardi fino all'ora di pranzo del giorno successivo. Una delle sue due bambine frequenta la scuola primaria e ha partecipato alle attività del progetto (è a lei che si fa riferimento nell'intervista che segue).

Da quanto tempo la sua famiglia vive nel campo di via Idro?

Prima abitavo in un altro campo. Sette anni fa, quando ho messo su famiglia e mi sono sposato, sono arrivato qui, perché in questo campo abitava la madre di mia moglie.

La scuola che frequenta sua figlia è vicina al campo? Chi accompagna la bambina?

È abbastanza vicina. L'accompagna mio cognato, che porta a scuola anche altri bambini che vivono nel campo.

A sua figlia piace andare a scuola?

All'inizio l'ho dovuta forzare. Forse l'errore principale è stato quello di non averla portata all'asilo: la scuola elementare ha segnato il primo vero allontanamento dalla famiglia e allora mia figlia si è trovata un po' a disagio, ma poi le cose sono migliorate. Martina (operatore campo del progetto, n.d.r.) l'ha aiutata molto per i compiti. Mia figlia ha difficoltà a leggere, quindi ho chiesto a Martina di aiutarla soprattutto su questo. Una volta si leggevano di più libri e giornali, ma adesso i bambini hanno meno stimoli a leggere.

Cosa vi ha raccontato del progetto?

La bambina è stata entusiasta delle attività del progetto. Interagire con i compagni di scuola e stare con altri bambini al di fuori del campo l'hanno resa molto felice: non vedeva l'ora che arrivasse il sabato per partecipare ai laboratori (Imparo giocando, n.d.r.). Tutti i sabati mia moglie mi telefonava dicendomi che la bambina voleva andare a scuola, a seguire i laboratori del progetto. Allora, visto che il sabato esco prima da lavoro, al rientro l'accompagnavo io.

Quanto è importante la scuola?

Per come sta andando il mondo è importantissima. Ho finito la quinta elementare quando avevo già 13 anni e poi non sono più andato a scuola perché mi sentivo in imbarazzo. Dopo anni ho frequentato le medie. Oggi tutto è basato sulle nuove tecnologie e saperle usare è molto importante. Non so utilizzare il computer e sto imparando adesso a navigare su Internet, ma oggi i bambini sanno usare il computer e navigano su Internet. Una strada, una possibilità di scelta bisogna darla ai ragazzi; poi sta a loro scegliere. Io dò questa possibilità a mia figlia, poi quando sarà grande sceglierà lei il percorso da fare. Spesso sono gli stessi genitori rom che non stimolano i figli ad andare a scuola.

Com'è il vostro rapporto con i docenti?

C'è un ottimo rapporto con gli insegnanti. La scuola frequentata da mia figlia è una delle poche che segue con maggiore impegno le problematiche degli alunni rom, ma in altre scuole questo non succede. Molti docenti sono attenti e sensibili, mentre altri non seguono i bambini rom come dovrebbero. Se un alunno impiega più tempo a capire le cose, l'insegnante dovrebbe seguirlo di più.

E quello con gli altri genitori?

Con gli altri genitori ci incontriamo per gli auguri di Natale, per il ritiro delle pagelle e la festa di fine anno. Si parla dei figli, delle cose che fanno a scuola, ma non c'è amicizia.

(Barbara Guastella)