Alcol e minori, oltre i divieti

28/07/2009

Divieti ma non solo: la battaglia contro il prematuro approdo all'alcol degli under 16 non si combatte soltanto a colpi di ordinanze come quella del sindaco di Milano Letizia Moratti. Per studiosi e specialisti delle dipendenze l'alcol si sconfigge soprattutto attraverso azioni organiche e coerenti di prevenzione e educazione.

Dunque tante città si preparano a seguire l'esempio del capoluogo meneghino che per primo - a partire dal 20 luglio scorso e per un periodo definito “sperimentale” di quattro mesi - ha deciso di vietare la somministrazione, la detenzione, il consumo e la cessione anche a titolo gratuito, di bevande alcoliche di qualunque gradazione ai minori di 16 anni. I divieti si estendono anche alla vendita e alla somministrazione di bevande alcoliche in zone accessibili ai minorenni, a mezzo di distributori automatici che non siano dotati di sistema di lettura automatica di documenti con i dati anagrafici di chi li utilizza. Chi trasgredirà, sarà sanzionato con una contravvenzione – da recapitare ai genitori – che può arrivare a 450 euro (500 se la multa non è pagata entro cinque giorni). In questi primi giorni dopo l'entrata in vigore del provvedimento, però, l'approccio è soft: una campagna di comunicazione e informazione sui danni causati dalle sostanze alcoliche sta interessando tutti i ritrovi notturni milanesi prima che scatti la fase due, l'ora della tolleranza zero.

«Sono iniziative condivisibili, con misure innovative come il divieto di detenzione - commenta Emanuele Scafato, direttore dell'Osservatorio nazionale alcol dell'Istituto superiore di Sanità – ma non devono avere solo carattere sperimentale: in quattro mesi non si cambiano né cultura né comportamenti». Scafato snocciola i numeri più allarmanti tra quelli diffusi anche in occasione dell'ultimo Alcohol prevention day di aprile: «Il 16% degli intossicati dall'alcol registrati nei Pronto soccorso ha meno di 14 anni – dice - L'1,5% di alcoldipendenti in carico presso le strutture pubbliche ha un'età inferiore ai 19 anni e il 10% è compreso tra i 20 e i 29 anni»: numeri che implicano una «carriera alcolica precoce».

«Nei nostri club abbiamo giovani di 18-19 anni - conferma Stefania Pirazzo del direttivo dell'Aicat (l'associazione che riunisce i Club degli Alcolisti in Trattamento) – hanno iniziato a bere a 10 anni o anche prima». «L'età del primo bicchiere si è abbassata, abbiamo quasi un primato europeo», osserva Guido Intaschi, responsable del Sert della Asl 12 di Viareggio. «L'alcol e il tabacco sono le droghe apripista per il consumo di sostanze più pesanti – racconta – tra i nostri utenti notiamo un aumento i giovani consumatori di sostanze e la loro storia di dipendenza parte dall'alcol». La Versilia, uno dei grandi poli nazionali del divertimento notturno, è un osservatorio privilegiato sui cambiamenti che riguardano il cambiamento nei modelli di consumo: «Si è abbassata molto l'età media dei frequentatori delle discoteche – dice Intaschi – e diventa sempre più evidente come i giovani mettano l'alcol e le altre sostanze al centro delle loro serate, favoriti dal fatto che nessuno controlli la somministrazione degli alcolici nei locali pubblici».

«I ragazzi di 16 anni fanno tante altre cose oltre al bere – aggiunge Gian Luigi Gessa, neurofarmacologo di fama internazionale – ormai si stanno omologando ai comportamenti degli adulti prima rispetto ad altri tempi». I minori sono in quella che Gessa definisce «l'età più fertile perché le droghe attecchiscano»: «Le case produttrici martellano con la loro propaganda – dice – per loro, se hai più di 18 anni sei già un uomo perduto». È dunque «opportuno che i ragazzi giovanissimi non bevano alcol, perché è una droga pesante e fa male come il fumo e la cocaina», dice ancora.

Ma «le ordinanze a macchia di leopardo servono a poco – ricorda la Pirazzo – i ragazzi potrebbero aggirare un divieto semplicemente spostandosi in un comune vicino: bisogna intervenire sugli adulti, perché la cultura del bere viene mutuata da loro».
Per Intaschi «al posto delle sparate ci vuole un lavoro più continuativo, fatto di prevenzione e di responsabilizzazione del mondo adulto: i gestori dei locali sono sempre d'accordo in linea teorica ma poi manifestano ogni volta difficoltà pratiche sui controlli». In Versilia, racconta il responsabile del Sert, «abbiamo avviato diversi progetti di prevenzione nelle discoteche – dice - forniamo informazioni sugli effetti dell'alcol, facciamo provare l'etilometro o proponiamo una simulazione di guida: su queste cose c'è sensibilità da parte dei ragazzi».

Da ora in avanti, però, occorre «un approccio integrato a lungo periodo e un contrasto del modello culturale che si è affermato in questi anni», insiste Emanuele Scafato. «Va ridotta l'accessibilità fisica ed economica delle bevande alcoliche, per esempio aumentando la tassazione e abolendo gli happy hours – propone – e soprattutto ci vuole una nuova legge nazionale organica, perché non possiamo solo rincorrere gli effetti ma dobbiamo intervenire sulle cause». Per fare questo «vanno responsabilizzati coloro che fanno profitto con la vendita dell'alcol, va rafforzato il coinvolgimento delle famiglie e restaurato un maggiore controllo».
Ma, prima di ogni altra cosa, secondo Gian Luigi Gessa, «ci vorrebbe coerenza»: «Andrebbe messa al bando l'ambiguità morale degli adulti», polemizza. Le pubblicità degli alcolici «vanno eliminate: divieti e pubblicità non possono coesistere, è ipocrita». (mf)