Innalzare a 18 anni l'età legale per il consumo di alcolici e cambiare radicalmente le strategie di prevenzione e contrasto del bere: sono le principali proposte emerse durante l'annuale Alcohol prevention day organizzato il 29 aprile scorso dall'Osservatorio Nazionale Alcol-CNESP dell'Istituto superiore della sanità. A destare allarme soprattutto i dati relativi al consumo alcolico dei giovani.
Nel corso della giornata, tra le altre cose, sono stati ricapitolati i dati e le evidenze scientifiche legate ai problemi correlati all'uso di bevande alcoliche, con un occhio particolare alla situazione in forte cambiamento negli ultimi anni e alla necessità di cambiare l'approccio della prevenzione. Secondo l'equipe dell'Osservatorio diretta da Emanuele Scafato, infatti, urge «coerenza tra le politiche sull’alcol adottate dalle strategie nazionali e regionali» e le azioni comprese nell'intesa Stato-Regioni e nel Piano di Prevenzione 2009-2012. uno dei problemi principali dove deve concentrarsi l'attenzione degli amministratori, infatti, è che l'alcol« è facilmente disponibile, e addirittura conveniente in termini di acquisto, rispetto ad altri beni di consumo».
Per Scafato, infatti, è indispensabile «un cambio di cultura che possa consentire di recuperare gli anni e la qualità della vita persi a fronte di una abitudine al consumo rischioso o dannoso di bevande alcoliche», soprattutto tra le fasce di popolazione più deboli ( bambini, adolescenti, donne, anziani).
Se infatti, come già altre volte sottolineato, negli ultimi anni si è assistito a un cambiamento collettivo del modello di consumo (tradizionalmente legato ai pasti, che garantivano la moderazione) che si orienta sempre più verso i comportamenti a rischio, questa tendenza tra i giovani sembra essersi consolidata. La diffusione del binge drinking è rimasta in sostanza stabile tra 2003 e 2009 (anche tra le fasce 11-15, 16-17 e over 18 anni), mentre la facilità di accesso alle bevande alcoliche è stata favorita anche dall'affermarsi di modalità di consumo come il botellon di origine spagnola, cioè il consumo collettivo di vino sfuso e superalcolici comprati al supermercato e bevuti in piazza. Inoltre, «desta seria preoccupazione l’evidenza che il 19.7% degli 11-15enni ed il 15.3% delle coetanee consumano alcolici secondo modalità non salutari».
In media, continua Scafato nella sua relazione, negli ultimi anni, non meno di 500.000 adolescenti al di sotto dell’età minima legale riceve e consuma alcol in Italia «per ragioni che sono spesso familiari, a volte sociali, ma molto più frequentemente indotte da una cultura che è stata ed è costruita sempre di più sui messaggi pubblicitari, sugli ingannevoli contenuti proposti, sui molteplici meccanismi che consentono la promozione, anche a basso costo, delle bevande alcoliche e sulla “normalità” della diffusione e disponibilità delle “ore felici”, costruita attraverso strategie di mercato esenti da misure di reale regolamentazione, sulla normalizzazione sociale del bere, sulla strumentalizzazione della voglia di apparire, di protagonismo da parte dei giovani, sulla voglia di trasgredire tipica dell’adolescenza e solo in piccola misura, in risposta ad un disagio giovanile».
Non solo: aggravano il quadro «il policonsumo, l’assunzione poco selettiva delle bevande, a testimonianza di un valore d’uso dell’alcol come sostanza più che del valore “alimentare” o degustativo della bevanda stessa e sempre più spesso associato all’uso di sostanze illegali». In pratica si sta creando «una nuova generazione di consumatori problematici si è quindi consolidata in Italia, una generazione che si trascina in avanti con l’età mantenendo inalterata, in media sino ai 24 anni, la predisposizione al rischio alcol-correlato attraverso modalità d’uso dell’alcol come sostanza, ritualità sempre rinnovata attraverso la ricerca di un’alchimia alcolica sempre nuova».
È innegabile l'impatto dei modelli mediatici orientati alla “normalizzazione del bere”, ma, secondo l'Osservatorio dell'Iss, va rivista l'inefficacia delle attuali strategie di contrasto e sistematizzati gli interventi - che ora sono attuati «in maniera incostante, intermittente, anche stagionale» - all'interno della programmazione nazionale e regionale e attraverso misure ed interventi finanziati, efficaci e basati sull’evidenza.
Le evidenze scientifiche suggeriscono dunque di «non mantenere a 16 anni l’età minima legale poiché è dimostrato che la completa maturità fisiologica, anche cerebrale, notoriamente compromessa dall’assunzione di alcol, si raggiunge intorno ai 20 anni e che è opportuno ritardare il più possibile l’avvio al consumo alcolico per ridurre l’incidenza delle problematiche alcol-correlate in età adulta». L'età minima andrebbe perciò innalzata a 18 anni e andrebbero rafforzate (e fatte applicare e osservare le norme che vietano somministrazione e vendita di bevande alcoliche ai minori e che garantiscano «la prevenzione e lo sviluppo sociale e sanitario, la tutela dei minori e di tutte le persone dalle pressioni al bere».
Nella pagina web dell'Osservatorio, tutti i dati, la documentazione e il materiale dell'Alcohol prevention day. (mf)