Adozioni internazionali, secondo rapporto Cea

11/01/2012

Una fotografia sull'azione all'estero degli enti autorizzati per l'adozione internazionale, condita con spunti di discussione e analisi: è il secondo rapporto del Cea (Coordinamento enti autorizzati, la più estesa organizzazione di coordinamento degli enti che si occupano di adozioni internazionali in Italia) intitolato Ambasciatori di solidarietà.

Il documento, realizzato in collaborazione con l'Istituto per la ricerca sociale, si articola in due parti: una che rende conto dell'attività degli enti e della loro presenza nei paesi di origine dei minori adottati, l'altra di taglio più analitico.

Il Cea è composto da circa un terzo degli enti che si occupano di adozioni internazionli in Italia e totalizzano il 40% delle adozioni effettuate nel 2010.

Ecco i numeri degli enti affiliati al Cea. Dal 2000 a oggi, sono stati più di 11 mila i minori adottati, di cui 1581 nel 2010. 3.000 coppie attualmente in carico e  1.233 quelle che hanno adottato nel 2010. 58 i Paesi in cui gli enti sono autorizzati ad operare. Oltre 6.000 le relazioni post adozione nel 2011.

«La grande messe di dati del rapporto – scrive il segretario Cea Stefano Bernardi nella sua introduzione - rende bene l’idea di un sistema, quello degli Enti Autorizzati italiani all’estero, assai articolato, complesso e non appiattito su standard: frutto invece di decenni di lavoro, tessitura di relazioni, esplorazioni».

Il trend delle adozioni è progressivamente crescente: a fronte dei 43 minori in ingresso in Italia, nel 2011 sono stati più di mille, senza nessun calo. Il costo però è in crescita: per l'anno 2010 è risultato essere di 11.307 euro, di cui 5742 per servizi resi in Italia e 5566 per servizi all'estero (rispetto ai complessivi 9mila del 2009). Il rischio, si legge nel rapporto, è che gli elevati costi, non detraibili dalle spese sostenute dalla famiglia, diventino «una barriera d'ingresso, non sostenibile e socialmente selettiva».

Non mancano altri elementi problematici. Infatti, Per diventare operativi in un nuovo paese, gli enti hanno bisogno di almeno tre anni: un anno per l'attività preparatoria in loco, altrettanto per l'autorizzazione della Cai e l'accreditamento da parte delle autorità locali. Ma il mondo dell'adozione internazionale diventa più piccolo. Diminuiscono i paesi disponibili alle adozioni, così come le autorizzazioni ad operare in nuovi paesi: delle 39 richieste avanzate dagli enti negli ultimi due anni (con una propensione per i paesi asiatici e americani), solo 16 hanno avuto un esito positivo dalla Commissione per le adozioni internazionali.

Questo implica anche un cambiamento nelle caratteristiche dei bambini adottabili: l'età media è più alta (6,7 anni) e aumenta anche la presenza di particolari bisogni o patologie. Un'ulteriore difficoltà è data dal fatto che non esiste un coordinamento tra le autorità italiane all'estero e gli enti operanti sul territorio, senza alcun appoggio di ambasciate e consolati e privi del peso politico che potrebbe essere assicurato da un “braccio” della Cai operante nei paesi stranieri. Perciò anche i neo genitori all'estero sono lasciati soli, senza alcun fattivo aiuto anche burocratico da parte della Cai.

Conclude il rapporto Cea: «Va potenziato il coordinamento tra Enti sulle azioni all’estero, perché una maggiore condivisione degli indirizzi e l’utilizzo di migliori economie nei paesi vanno a beneficio di tutti». Va anche potenziato «il confronto preventivo tra CAI ed Enti Autorizzati, per superare l’attuale e disincentivante sistema di autorizzazioni caso per caso, e per condividere una visione sui contesti geo-politici dove investire». Solo così sarà possibile valorizzare «il patrimonio di risorse professionali accumulate in un decennio di lavoro intenso e con l’obiettivo altamente auspicabile di definire un patto per lo sviluppo sostenibile delle adozioni internazionali nel nostro paese». (mf)

Foto: crediti

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