Lavoro minorile in Italia, indagine Save the Children

14/04/2023 Tipo di risorsa: Temi: Titoli:
cover dell'indagine Save the Children Non è un gioco

È dedicata al lavoro minorile in Italia la nuova indagine di Save the Children Non è un gioco. La ricerca accende i riflettori su un fenomeno globale che non risparmia nemmeno il nostro Paese, diffuso ma ancora in larga parte sommerso e invisibile, con l’obiettivo di definirne i contorni, comprenderne le caratteristiche, l’evoluzione nel tempo e le connessioni con la dispersione scolastica.

Secondo le stime dell’indagine, in Italia sono 336 mila i minorenni tra i 7 e i 15 anni che hanno avuto esperienze di lavoro, continuative, saltuarie o occasionali, quasi uno su 15. Tra i 14-15enni coinvolti in attività lavorative, un gruppo consistente (27,8%) ha svolto lavori particolarmente dannosi per i percorsi educativi e per il benessere psicofisico (perché hanno impegnato i ragazzi in maniera continuativa durante il periodo scolastico o in orari notturni o perché percepiti dagli stessi intervistati come pericolosi).

«In Italia – si legge nel sito di Save the Children - la legge stabilisce la possibilità per gli adolescenti di iniziare a lavorare a 16 anni, avendo assolto l’obbligo scolastico. Dall’indagine sul lavoro minorile in Italia “Non è un gioco”, emerge che quasi un 14-15enne su cinque svolge o ha svolto, un’attività lavorativa prima dell’età legale consentita, ovvero 16 anni. I minori che lavorano prima dell’età consentita per legge rischiano di compromettere i loro percorsi educativi e di crescita. Tuttavia, la mancanza nel nostro Paese di una rilevazione statistica sistematica sul lavoro minorile non consente di definirne i contorni e intraprendere azioni efficaci di contrasto al fenomeno». La ricerca nasce proprio con l’intento di sopperire almeno parzialmente a questa lacuna.

I dati rivelano che i settori più interessati dal fenomeno del lavoro minorile sono la ristorazione (25,9%) e la vendita al dettaglio nei negozi e attività commerciali (16,2%), seguiti dalle attività in campagna (9,1%), in cantiere (7,8%), dalle attività di cura con continuità di fratelli, sorelle o parenti (7,3%). Ma ci sono anche nuove forme di lavoro online (5,7%), come la realizzazione di contenuti per social o videogiochi, o ancora il reselling di sneakers, smartphone e pods per sigarette elettroniche. Più della metà degli intervistati lavora tutti i giorni o qualche volta a settimana e circa uno su due lavora più di quattro ore al giorno.

«Tra i motivi e le cause che spingono ragazzi e ragazze ad intraprendere percorsi di lavoro ci sono l’avere soldi per sé, che riguarda il 56,3%, la necessità o volontà di offrire un aiuto materiale ai genitori, per il 32,6%. Non trascurabile sono i 38,5% di chi afferma di lavorare per il piacere di farlo. Il livello di istruzione dei genitori, in particolare della madre, è significativamente associato al lavoro minorile. La percentuale di genitori senza alcun titolo di studio o con la licenza elementare o media è significativamente più alta tra gli adolescenti che hanno avuto esperienze di lavoro, un dato che deve far riflettere sulla trasmissione intergenerazionale della povertà e dell’esclusione».

Secondo quanto evidenziato dall’indagine, la maggioranza dei minorenni (53,8%) che dichiara di aver lavorato durante l’ultimo anno o in passato ha iniziato dopo i 13 anni, mentre il 6,6% prima degli 11 anni. Circa due terzi degli under 18 che hanno sperimentato forme di lavoro sono di genere maschile (65,4%) e il 5,7% ha un background migratorio.

Tra i 14-15enni intervistati che lavorano, inoltre, quasi uno su tre (29,9%) lo fa durante i giorni di scuola; tra questi il 4,9% salta le lezioni per lavorare: «dai dati si evince che la percentuale di minori bocciata durante la scuola secondaria di I o di II grado è quasi doppia tra chi ha lavorato prima dei 16 anni rispetto a chi non ha mai lavorato. La crisi economica e l’aumento della povertà in Italia, basti pensare che sono 1 milione 382 mila i minori che vivono in povertà, il 14,2% del totale, rischiano di far crescere il numero di minori costretti a lavorare prima del tempo, spingendone molti verso le forme di sfruttamento più intense».

La ricerca - disponibile sul sito di Save the Children, nella sezione “Pubblicazioni” - si sofferma anche sui minorenni coinvolti nel circuito di giustizia minorile, fra i quali si registra un altissimo tasso di dispersione scolastica.

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