Le vite e il futuro di oltre tre milioni di bambini sfollati nella Repubblica Democratica del Congo sono a rischio. Nella parte orientale dello Stato africano una serie di attacchi brutali da parte dei combattenti ha costretto intere comunità a scappare con i beni più indispensabili. Intere famiglie sono state colpite a morte, centri sanitari e scuole sono stati saccheggiati e interi villaggi dati alle fiamme.
Il nuovo rapporto dell’Unicef FEAR and FLIGHT: An Uprooted Generation of Children at Risk in the Democratic Republic of the Congo chiede la fine del conflitto che ha alimentato una delle peggiori crisi umanitarie al mondo. «I dati delle Nazioni Unite – si legge nel sito dell’organizzazione - mostrano che attualmente 5,2 milioni di persone sono sfollate in Repubblica Democratica del Congo, più che in ogni altro paese eccetto la Siria. Il 50% sono sfollate negli ultimi 12 mesi. Le famiglie sfollate vivono in insediamenti sovraffollati che non hanno acqua sicura, assistenza sanitaria e altri servizi di base. Altre persone sono ospitate dalle impoverite comunità locali. Nelle province di Ituri, Nord Kivu, Sud Kivu e Tanganyika, le più colpite dalle violenze, oltre 8 milioni di persone si trovano in condizioni di insicurezza alimentare acuta».
Il rapporto ha raccolto le testimonianze di bambini reclutati da combattenti delle milizie, vittime di violenze sessuali e di altre gravi violazioni dei loro diritti: queste ultime hanno registrato un incremento del 16% nei primi sei mesi del 2020 rispetto all’anno precedente.
«Garantire assistenza alle popolazioni sfollate è complesso e spesso complicato da insicurezza e deboli infrastrutture per il trasporto. Un programma di risposta rapida diretto dall’Unicef, con altre ong partner a livello nazionale, nel 2020 ha offerto a circa 500.000 persone aiuti di primo soccorso come teloni, stoviglie da cucine, taniche e altri aiuti essenziali».
La situazione, tuttavia, rimane molto insicura, anche se l’esercito congolese sta provando a contenere il potere dei gruppi armati e riaffermare l’autorità statale: «lavorare su questi tenui segnali di progresso – sottolinea l’Unicef - deve essere prioritario, e la comunità internazionale gioca un ruolo cruciale».