La violenza assistita in ambito domestico è un fenomeno troppo poco studiato in Italia. È una delle conclusioni della ricerca Spettatori e Vittime: i bambini e le bambine che assistono ad un atto di violenza lo subiscono, promossa da Save the children e dal Garante dell'infanzia e dell'adolescenza della Regione Lazio.
L’iniziativa si inserisce nel quadro del progetto europeo di azione comunitaria Daphne III (Minori vittime di violenza assistita di genere in ambito domestico. Analisi dell’efficienza del sistema di protezione), coordinato dalla sezione spagnola di Save the Children. Obiettivo principale della ricerca realizzata in Italia è «approfondire la percezione ed il grado di conoscenza della violenza assistita, il sistema di norme, azioni e interventi atti a prevenirla e contrastarla e le valutazioni circa l’adeguatezza dei servizi e delle normative vigenti», come si legge nella presentazione.
Quattro sono stati i momenti di costruzione della ricerca. Prima di tutto, «acquisire una panoramica nazionale sulla violenza assistita, a partire dai dati noti, evidenziandone la strategia nazionale, attraverso atti normativi, progetti finalizzati, linee guida». Poi «approfondire in tre Regioni campione lo stato di avanzamento di politiche specifiche di prevenzione e contrasto attraverso la raccolta di materiali e la “testimonianza” degli addetti ai lavori di tutti i settori e servizi interessati». Infine «evidenziare gli aspetti di criticità e e fattori di innovazione e successo nel modus operandi delle istituzioni e dei servizi a cui spettano compiti di intervento sulla violenza assistita» è stato l'ultimo ambito di lavoro.
Svoltasi tra maggio e settembre 2010, la ricerca ha preso l'avvio da una ricognizione del fenomeno su scala nazionale «dal punto di vista legislativo, culturale, statistico e operativo». La ricerca sul campo si è poi concentrata su tre Regioni, rappresentative delle tre macro aree italiane e di differenti modelli di welfare, cioè Piemonte, Lazio e Calabria, attraverso interviste a “testimoni privilegiati”, cioè responsabili di istituzioni e servizi direttamente impegnati nel contrasto alla violenza domestica e assistita.
I dati regionali sulla violenza nei confronti delle donne evidenziano alcune differenze. Nel Lazio per esempio il fenomeno della violenza domestica femminile appare più accentuato con il 16,3% delle donne fra i 16 e i 70 anni ad aver subito violenza dal partner, a fronte del 13,9% del Piemonte e il 10,1% della Calabria. Il Lazio però è anche la regione in cui si fanno più denunce: dichiara di aver sporto denuncia dopo la violenza subita l’8% delle donne, contro il 5,8% in Piemonte e il 4,2% in Calabria.
Tutte e tre le Regioni manifestano un recente o rinnovato impegno nel settore della violenza contro le donne: a livello di tempistica, la Regione Lazio è stata la prima in assoluto a legiferare per fronteggiare il problema della violenza sulla donna, mentre Piemonte e Calabria hanno emanato il loro primo atto normativo (e per la Calabria anche l’unico) nel 2007.
Per quanto riguarda la considerazione dei minori che assistono alle violenze sulle madri, manca invece una decisa presa d’atto e conseguenti misure normative sulla violenza assistita, di cui vi è traccia solo in un atto legislativo della Regione Piemonte. Il Piemonte è infatti l’unica delle tre Regioni esaminate ad aver dato disposizioni normative, con Delibera di Giunta n. 42/29997 del 2000, a favore di minori vittime di abuso e maltrattamento. Attraverso questa delibera sono stati creati nuovi servizi, e potenziati quelli preesistenti, per contrastare la violenza nei confronti dei minori, compresa la “violenza assistita”.
Sul versante dei finanziamenti emerge una difficoltà comune a tutte e tre le regioni a garantire certezza dei finanziamenti e si assiste invece ad una loro progressiva riduzione.
Sul piano generale, invece, la ricerca evidenzia «la povertà di dati rilevati e resi noti sul fenomeno nel nostro paese a livello centrale e locale». Infatti, «i dati esistenti sono lacunosi, frammentari, poco aggiornati, di fonte diversa e difficilmente comparabili». Poi, come già evidenziato in ambito regionale, mentre «aumentano significativamente le denunce di donne per violenza domestica, diminuiscono in modo altrettanto significativo le risorse del sistema di welfare e delle politiche di prevenzione e protezione dalla violenza». Dove i servizi per donne e minori colpiti da violenza sono più presenti, attivi e visibili vi è una proporzionale crescita di denunce o di richieste di protezione da parte delle donne.
Inoltre, nonostante i molti passi avanti normativi, a livello nazionale e regionale manca un sistema coordinato di servizi territoriali con standard di struttura e linee guida di funzionamento definiti, «anche in ragione di risorse e di strategie lasciate all’iniziativa autonoma degli enti locali». Da questo consegue «una segmentazione di interventi più che una loro armonizzazione in un percorso che aiuti madre e figlio a uscire dal trauma della violenza, che per i minori testimoni ha effetti psicologici certi e non dissimili a quelli dei bambini abusati o maltrattati».
La ricerca ha anche «evidenziato che i servizi e le competenze istituzionali che intervengono sui casi di violenza domestica sono diversi e tra loro necessariamente intrecciati: dalle forze dell’Ordine, alle istituzioni della giustizia, nelle diverse componenti, ai servizi sociali, sanitari e del volontariato». Dalla loro capacità di interagire e cooperare spesso dipende l’efficacia dell’intervento sui casi noti o denunciati, tuttavia si assiste alla crescente costituzione su base regionale di reti tra i diversi soggetti coinvolti, talvolta dopo un lungo tirocinio operativo di scambi e interazioni.
In conclusione, sottolineano i curatori della ricerca, è sempre più necessario «un Piano nazionale per la prevenzione e il contrasto alla violenza sulle donne, che comprenda anche linee di intervento per la presa in carico dei minori testimoni di violenza». Questo piano, per il quale sono già cominciati gli incontri preparatori, dovrebbe aiutare a risolvere le principali criticità rilevate a livello territoriale. Ma «tale obiettivo richiederà anche un aggiornamento legislativo per il riconoscimento della condizione di vittime della violenza assistita». (mf)
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