Adozioni internazionali, rapporto Cea

23/02/2011

Illustrare la presenza, l'organizzazione e l'attività degli enti autorizzati a operare nel campo delle adozioni internazionali: è l'obiettivo del Primo rapporto Cea sulle adozioni internazionali in Italia realizzato dal Coordinamento enti autorizzati, associazione che riunisce ventuno soggetti che operano nel settore.

Il documento, presentato lo scorso dicembre a Roma, è articolato in due parti: nella prima si presentano le attività svolte dagli enti e le risorse impiegate per realizzarle, alla luce dei cambiamenti intervenuti a distanza di dieci anni dall'istituzione dell'albo nazionale degli enti autorizzati, avvenuta nel 2000; nella seconda, invece, si offrono dati e approfondimenti su tre aree tematiche (Il rapporto tra "domanda" e "offerta", L'intervento all'estero e L'impegno dell'adozione). Le informazioni sono state raccolte attraverso vari strumenti, fra cui una scheda somministrata a tutti i soggetti che fanno parte del Coordinamento (Cea) e una serie di interviste.

Il quadro relativo alla diffusione territoriale degli enti autorizzati presentato nella prima parte evidenzia «un universo ampio e con numeri ragguardevoli». Secondo i dati forniti dal documento, il 40 per cento delle procedure adottive concluse nel 2009 a livello nazionale si riferisce a enti Cea. Le coppie che ad oggi risultano in carico agli enti sono quasi 4.000 e le adozioni concluse dal 2000 a oggi circa 9.000. «Le risorse che questo universo muove», si legge nel documento, «sono pari a quasi 14 milioni di euro». 966 le persone impiegate (considerando sia il personale che lavora in Italia sia quello che lavora all'estero).

Sul focus "domanda" e "offerta", il rapporto mette in luce «un disequilibrio tra la "domanda" di adozioni internazionali da parte delle famiglie italiane e la disponibilità di bambini adottabili». Fra i fattori che l'hanno determinato, il costo dell'adozione, le caratteristiche dei bambini adottabili e la diminuzione dei decreti di idoneità. Il costo dell'adozione, ad esempio, rappresenta per le coppie una barriera all'ingresso, a cui si aggiungono molti costi non economici. Sulla disponibilità delle famiglie ha inciso, poi, la crisi economica.

Dal documento emerge, inoltre, che «i bambini adottati sono sempre più grandi (5,9 anni in media, in altri paesi europei la media è molto più bassa), sempre più spesso con problemi di salute e più raramente provenienti dai paesi europei». Altri dati evidenziano come la presenza all'estero degli enti Cea sia cresciuta rapidamente: i paesi in cui gli enti sono accreditati e operativi dieci anni fa erano 17; oggi, invece, sono oltre 60.

Il rapporto – realizzato in collaborazione con l'Istituto per la ricerca sociale di Milano - si conclude con un approfondimento sulle relazioni postadozione redatte dagli enti e sul sostegno alla famiglia successivamente all'arrivo del minore. (bg)