Machuca

di Andrès Wood

(Cile/Spagna/Gran Bretagna, 2004)

Sinossi

Cile 1973. Gli undicenni Gonzalo Infante e Pedro Machuca vanno a scuola nello stesso elitario collegio cattolico, ma non potrebbero essere più diversi: il primo proviene da una famiglia borghese, è biondo, pacifico e inquieto da quando è a conoscenza della relazione extraconiugale che la madre intrattiene – senza alcun rimorso – con un uomo più vecchio di lei e molto ricco; il secondo, di origini indigene, figlio di contadini, tutto sommato allegro, vive in una bidonville insieme alla madre, la quale, nel poco tempo libero che le offre un duro lavoro sottoproletario, è premurosa e affettuosa con lui. Come il giorno e la notte, Gonzalo e Pedro non si sarebbero mai incontrati se il direttore della scuola, Padre McEnroe, non avesse deciso, contro il volere dei genitori benestanti, di accogliere gratuitamente nel suo collegio alcuni figli di operai e contadini. Tra loro, inevitabile, nasce una grande amicizia che scoppia non per passioni e problemi condivisi (forse l’unico elemento ad unirli è la disgregazione delle loro rispettive famiglie), ma per una affinità elettiva. Per Pedro, i pomeriggi trascorsi a casa di Gonzalo sono l’occasione per fare tutto ciò che i pochi mezzi famigliari non gli concedono (leggere fumetti, partecipare alle feste, mangiare bene), per Gonzalo la visita nella baraccopoli in cui vive Pedro è uno shock emotivo, un modo per uscire da una realtà protetta e per questo accecante: partecipa alle manifestazioni popolari sempre più frequenti e violente che si svolgono nel paese (aiuta lo zio di Pedro a vendere bandierine del Cile ai dimostranti), si innamora per la prima volta (di Silvana, cugina di Pedro, una ragazza intraprendente, con cui scambia i primi baci), non accetta più con supina rassegnazione la prevaricazione dei compagni di classe ricchi e saccenti. Il clima politico però è sempre più rovente (sono gli ultimi mesi del governo Allende, poco prima dell’avvento della dittatura militare di Pinochet) e l’amicizia tra i due ragazzi appare anacronistica in un paese dove le classi benestanti e operaie sono in forte contrapposizione. Saranno perciò gli avvenimenti storici a dividerli: padre McEnroe viene esautorato dalla sua carica, i ragazzi indios cacciati dalla scuola, gli uomini e le donne delle baraccopoli attaccati, arrestati o uccisi dai militari.

Introduzione al Film

Manichini?

Quanti sono i film in cui le amicizie tra bambini scaturiscono dalla diversità! Il ricco che fa amicizia con il povero, l’ebreo con il cattolico o il mussulmano, il meridionale con uno del nord, l’indigeno con lo straniero, eccetera. Le numerose occorrenze altro non sono che la manifestazione di un intento didascalico, di un articolarsi della narrazione per schematismi chiaramente delineati. Non a caso questi bambini e ragazzi – la cui sola presenza è di per sé ricattatoria nei confronti della sensibilità dello spettatore – sono tra loro contrapposti innanzitutto nell’aspetto fisico e, più ancora, nei tratti fisionomici di immediata ricezione: il colore dei capelli, la corporatura fisica, la carnagione. Quante dicotomie: biondo e bruno (si pensi alle varie versioni de Il ricco e il povero, a Io non ho paura di Gabriele Salvatores, a Swing di Tony Gatliff, a Non è giusto di Antonietta De Lillo, ad Amici per la pelle di Franco Rossi, ecc…), pelle chiara e pelle scura (Sognando Beckham di Gurinder Chadha), alto e basso (West Beyrouth di Ziad Doueiri, Arrivederci ragazzi di Louis Malle), magro e grasso (Basta guardare il cielo di Peter Chelsom, A mia sorella di Catherine Breillat, anche se in questo caso il rapporto è fraterno e non amicale). Detto ciò, segnaliamo che spesso l’opposizione fisica è un pretesto semplice ed efficace per spazzare via le contrapposizioni di carattere culturale o economico: quando i vari caratteri sono tra loro accostati secondo solide associazioni implicite (il biondo ricco, il bruno povero, il bianco cattolico, il mulatto mussulmano), nel momento in cui la forte amicizia tra due ragazzi fa dimenticare al pubblico le differenze fisionomiche, con la stessa tacita azione associativa ci si dimentica di ogni altra antinomia di provenienza sociale, culturale, religiosa. Esiste una cartina di tornasole per verificare la solidità di questo processo mentale ed essa si applica quando i due protagonisti in questione avvicinano, in gesti di amicizia e complicità, i loro giovani corpi: quanto più il contatto è naturale, credibile, persino reclamato dal pubblico, tanto più assurda e incomprensibile apparirà l’antitesi di fondo. Una presa a cavalcioni (Io non ho paura, Basta guardare il cielo), un abbraccio dopo un goal (Sognando Beckham), i giochi nell’acqua (Non è giusto) o le capriole nell’erba (Swing), una suonata di pianoforte a quattro mani (Arrivederci ragazzi) assumono molta più forza persuasiva di un qualsiasi sermone, predica, arringa od orazione sull’uguaglianza dell’essere umano, sulla condivisione reciproca, sul superamento delle barriere razziali o di ceto sociale. I bambini sono così veicoli di un pensiero, manichini a cui fare indossare, legittimamente, abiti ideologici. Così avviene anche in Machuca.

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

Occhio al dettaglio

Quando il soggetto di un film o la sua “morale della favola” sono ordinari, allora è la forma, lo stile, le tecniche della narrazione a decidere se il mondo proiettato sullo schermo è credibile o meno, avvincente o meno e, soprattutto, se è convincente oppure inevitabilmente banale. Quello di Machuca – lo diciamo subito – nella sua convenzionalità, è interessante se non altro per l’attenta caratterizzazione dei due protagonisti e per l’ambientazione storica. Sono gli sguardi e gli spazi attraversati a rendere l’esperienza amicale di Gonzalo e Pedro formativa e, per certi versi, irripetibile. Occhi smarriti nel guardarsi intorno, nel capire ciò che sta accadendo in famiglia (per Gonzalo, con una madre che finge di voler bene a marito e figli, ma è in realtà solo interessata alle possibilità che le offre una relazione extraconiugale con un miliardario), nei quartieri ricchi della città (per Pedro, che vive tra le baracche di una periferia), per le strade durante le manifestazioni popolari (la fine di Allende, l’avvento della dittatura militare, le prese di posizione degli adulti), a scuola, in un contesto all’interno del quale di stabiliscono, implicitamente, le coordinate etiche che guideranno tutti i ragazzi nella loro crescita (grazie agli insegnamenti rivolti al rispetto dell’altro impartiti da Padre McEnroe, ma anche agli innumerevoli gesti di razzismo e intolleranza rivolti da alcuni studenti ricchi a Pedro e agli altri figli di sottoproletari). Visioni che sostituiscono la parola, perché non c’è bisogno di tanti discorsi per capire e per verificare chi è l’altro e cosa vuole da te; e poi gambe che camminano o che pedalano e che macinano distanze non solo fisiche ma culturali, sociali, economiche: si pensi alla strada che divide il quartiere benestante della città dalla baraccopoli dove vive Pedro (un’idea simile in cui gli spazi da percorrere sono metaforici si trova, tra tanti esempi possibili, anche in Il suo nome è Tsotsi di Gavin Hood), si pensi allo spazio del fiume, così brullo e pietroso, come le identità di Pedro, Gonzalo e Silvana. In un film che ha come titolo (Machuca) l’oggetto degli sguardi di Gonzalo (è ripetendo diverse volte il cognome di Pedro che Padre McEnroe lo presenta alla classe il primo giorno di scuola, mentre Gonzalo osserva incuriosito la strana intrusione di un ragazzo povero in un collegio per ricchi), è inevitabile considerare l’atto del guardare (e l’attenzione per il particolare) il baricentro narrativo della pellicola. Ne scaturisce un panorama triste di famiglie divise, di adulti disorientati, di egoismi che prevalgono, di contraddizioni che la politica veicola attraverso slogan e prese di posizioni propagandistiche, ma che ci sarebbero egualmente. L’amicizia dei due protagonisti è una parentesi, un’isola, un momento, come una parentesi è il periodo adolescenziale che percorrono a tentoni, i baci dati per gioco, l’innamoramento privo di possesso, il gusto per gli altri. Non è un caso che la fine del rapporto tra Gonzalo e Pedro avvenga in maniera violenta (entrambi a guardare l’uccisione di Silvana da parte dell’esercito): l’ingresso nel mondo degli adulti è violenza allo stato puro, è prevaricazione, è la vittoria delle esigenze di classe rispetto ai desideri di avvicinamento dei singoli.

Riferimenti ad altre pellicole e spunti diddattici

I bambini dispersi nella Storia. Questo potrebbe essere il titolo di una rassegna di film sul rapporto tra eventi storici drammatici del Novecento ed esperienze di crescita di bambini e adolescenti, al cui interno Machuca si ritaglierebbe, per la sua semplicità e adattabilità ad ogni tipo di pubblico, un suo giusto spazio. Da una selezione che potrebbe comprendere anche Germania anno zero di Roberto Rossellini, L’amico ritrovato di Jerry Schatzberg, Arrivederci ragazzi di Louis Malle, Papà è in viaggio d’affari di Emir Kusturica, Jona che visse nella balena di Roberto Faenza o il celebre La vita è bella di Roberto Benigni (solo per citare alcuni titoli), si potrebbe comprendere come i bambini vengano utilizzati alla stregua di “cavie” in mano ai cineasti per mostrare gli effetti di determinati passaggi storici sulla vita delle persone. Relativamente alla situazione latino-americana ricordiamo, inoltre, gli argentini Kamchatka di Marcelo Piñeyro e Figli-Hijos di Marco Bechis. Marco Dalla Gassa  

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