Le rappresentazioni cinematografiche della partecipazione giovanile

I film sull'infanzia e sull'adolescenza hanno spesso raccontato storie di grandi solitudini, talvolta di amicizie esclusive, più raramente di partecipazione e condivisione. Oscillando tra i due estremi dell'isolamento e del coinvolgimento, il cinema sembra voler mettere in gioco quello che per ogni adolescente costituisce un vero e proprio dilemma: capire se sia più giusto distinguersi dai coetanei costruendo la propria identità attraverso scelte condotte in autonomia oppure riconoscersi in un gruppo organizzato nel quale ci si rispecchia in quanto depositari di un ruolo, come parte di un meccanismo più complesso. Il cinema è ricco di esempi illuminanti su quello che possiamo definire il primo passo verso la partecipazione, ovvero la rivendicazione, da parte di bambini e adolescenti, del diritto ad essere ascoltati su scelte che li coinvolgono direttamente. Si va dalla semplice richiesta di ascolto, come nel caso del piccolo protagonista di Dov'è la casa del mio amico, alla critica aperta nei confronti degli adulti, come avviene per l'Amin di Dieci – Ten (entrambi dell'iraniano Abbas Kiarostami), dalla necessità di sottrarsi ad un ambiente familiare sordo alle proprie legittime richieste (Matilda 6 mitica, I banditi del tempo) all'esigenza di contare all'interno di decisioni che riguardano il proprio futuro (L'albero delle pere, Non è giusto, Le donne vere hanno le curve). Il bisogno di essere presi in considerazione dagli adulti ha offerto anche l'occasione al cinema di spingersi nei territori del fantastico con film che hanno messo in scena bambini che si emancipano grazie a un intervento magico per mezzo del quale diventano adulti (Da grande e Big), oppure che ottengono miracolosamente una conversione dei genitori alla sincerità e all'ascolto (Bugiardo bugiardo). Ad emergere è soprattutto lo scontro tra l'ipocrisia e l'inerzia di un mondo adulto incapace di modificare i propri schemi mentali per accogliere anche quelli di chi è più giovane e il desiderio di far sentire la propria voce, di realizzare i propri desideri. Dalla costruzione di grandi utopie sociali al raggiungimento di piccoli obiettivi all'interno di una comunità circoscritta, le forme di coinvolgimento giovanile nella vita sociale rappresentate dal cinema sono molteplici e, talvolta, capaci di evidenziare una serie di contraddizioni insite nel concetto stesso di partecipazione. Si va dall'adesione spontanea a ideali politici forti e autentici (Les Roseaux sauvages – L'età acerba, Cosmonauta, Ora o mai più) a forme di coinvolgimento più incerto, coincidente con la ricerca di un proprio orizzonte esistenziale ancora indefinito (Come te nessuno mai, Caterina va in città). Diversamente da questi esempi, una serie di pellicole hanno saputo mostrare come la partecipazione sia qualcosa che, travalicando il semplice diritto ad esprimersi, diventa rivendicazione di diritti fondamentali: si va dalla necessità di spezzare le dinamiche mafiose che strangolano la società (I cento passi, Alla luce del sole) al bisogno di offrire a tutti un'istruzione (Del perduto amore), dalla necessità di sottrarsi a pratiche anacronistiche come l'infibulazione (Moolaadé) alla lotta contro l'apartheid (Sarafina!, Un mondo a parte). La partecipazione dei minori coincide spesso con un'occasione di recupero sociale dei protagonisti: si va dai bambini della Palermo di don Puglisi (ancora Alla luce del sole) ai figli delle prostitute di Bombay (Born into Brothels), dai giovani reclusi di un riformatorio francese nel secondo dopoguerra (Les Choristes – I ragazzi del coro) ai piccoli abitanti di un sobborgo di Chicago (Hardball), ai “ragazzini di vita” del quartiere Tiburtino di Roma che in Diario di un maestro vivono l'esperienza dell'autogestione grazie a un insegnante illuminato che li coinvolge in un progetto che parte dalla realtà sociale in cui vivono. È proprio la scuola (come dimensione al cui interno si forma l'individuo), uno dei luoghi deputati alla partecipazione giovanile: oltre a una serie di titoli già citati (Caterina va in città, Come te nessuno mai, Les roseaux sauvages, Del perduto amore, eccetera) nei quali la scuola è il luogo in cui si elabora una sia pur confusa visione della società e si organizza concretamente la partecipazione, l'istituzione scolastica può essere (proprio come nel caso di Diario di un maestro) sottoposta ad una visione critica da parte degli stessi studenti, nonché l'oggetto di un'azione tesa a cambiare concretamente lo stato delle cose. In questa direzione esistono numerosi esempi, anche molto lontani dalla contemporaneità, a testimonianza di un bisogno radicato nei più giovani di spazi di espressione alternativi alla dimensione scolastica intesa esclusivamente come luogo di istruzione: partendo dall'antesignano Zéro de conduite (1933) di Jean Vigo, passando per Nel nome del padre (1972) di Marco Bellocchio, fino ad arrivare a Rushmore (1998) di Wes Anderson, la scuola è una dimensione da sottoporre non tanto a un'azione riformatrice quanto a una vera e propria rivoluzione, magari attraverso un'azione disordinata, anarchica, aperta a iniziative estemporanee, solo parzialmente riconducibili al significato del termine partecipazione. Un caso a sé è rappresentato dal francese La frattura del miocardio, nel quale la partecipazione di una scolaresca viene declinata nel senso della solidarietà verso un compagno rimasto orfano ma, soprattutto, in piena autonomia – anzi, in opposizione – ad un mondo adulto prigioniero di schemi burocratici e falsi perbenismi. Infine le forme di partecipazione che potremmo definire “deviate”, ovvero quei casi in cui l'adesione a un gruppo organizzato è improntata non già a ideali di tolleranza, condivisione e cittadinanza, ma ad uno spirito settario (proprio come avviene in L'onda nel quale un gruppo di liceali, guidati da un professore, formano la cellula di un ipotetico movimento totalitario), o persino ad un individualismo opposto al significato più autentico di partecipazione (come in Election, la cui protagonista, candidata alla presidenza del consiglio studentesco della scuola, punta in realtà a una rapida scalata sociale). Impossibile, infine, non citare un film di François Truffaut, Gli anni in tasca: la stessa forma e struttura del film – una commedia corale che riesce a comunicare la gioia di vivere e la spensieratezza dell’infanzia soprattutto attraverso un’articolazione libera e apparentemente disordinata delle tante piccole vicende che compongono il racconto – si pone come modello partecipativo, ovvero in quanto vicenda costruita a partire dalla spontanea coralità di un gruppo di bambini che, a loro modo, lottano per affermare la propria indipendenza dal mondo adulto. Fabrizio Colamartino, Marco Dalla Gassa   BAMBINI E ADOLESCENTI CHE RIVENDICANO IL

DIRITTO AD ESSERE ASCOLTATI

  PARTECIPAZIONE ALLA VITA POLITICA

  PARTECIPAZIONE COME IMPEGNO VERSO LA COMUNITA'

  MINORI CHE ORGANIZZANO AUTONOMAMENTE LA LORO PARTECIPAZIONE

  PARTECIPAZIONE DEL MINORE COME RECUPERO SOCIALE

  PARTECIPAZIONE COME GIOCO E DIVERTIMENTO   LA SCUOLA COME LUOGO DI PARTECIPAZIONE    FORME DI PARTECIPAZIONE DEVIATA   PARTECIPAZIONE COME RECUPERO DELLA PROPRIA MEMORIA E DELLA PROPRIA CONSAPEVOLEZZA