Le Ferie di Licu

20/07/2010 Tipo di risorsa Schede film Temi Giovani Immigrazione Titoli Rassegne filmografiche

di Vittorio Moroni

(Italia, 2007) 

Sinossi

Licu, 27 anni, è un immigrato bangladese che vive a Roma lavorando come fattorino in una fabbrica di vestiti. Ricevuta dalla sua famiglia una lettera con l’annuncio del suo matrimonio e le foto della futura moglie, acquista tutto il necessario per la vita a due, riempie una valigia di regali, chiede due mesi di ferie al suo titolare, ottenendo solo quattro settimane, racimola tutti i suoi risparmi e prende l’aereo per il Bangladesh. Al suo arrivo lo attende il complicato rituale del matrimonio combinato. Gli incontri ufficiali e ufficiosi tra le due famiglie si susseguono per stabilire i delicati equilibri commerciali dell’accordo. Trovato un punto d’incontro soddisfacente, Licu può finalmente incontrare Fancy, la ragazza di 18 anni che sposerà qualche girono dopo. Il matrimonio viene celebrato con rito musulmano e nel pieno rispetto della tradizione e i due novelli sposi hanno appena il tempo di trascorrere qualche giorno insieme nel loro paese per conoscersi meglio prima di partire per l’Italia. Se per Licu si tratta semplicemente di un ritorno a casa, Fancy si ritrova proiettata in una cultura profondamente diversa e nuova. La ragazza, a causa della sua timidezza e della gelosia di Licu, passa le sue giornate chiusa in casa guardando la vita che passa dalla finestra o sullo schermo del televisore. I tentativi di imparare da sola l’italiano procedono con lentezza ma Licu è restio a farle frequentare una scuola perché teme che possa essere avvicinata da altri uomini. La coppia vive dunque una sorta di lunga luna di miele, in sospeso tra qualche uscita romantica e una quotidianità che diventa lentamente normale vita coniugale.

Introduzione al Film

La doppia anima del documentario

Opera seconda di Vittorio Moroni, dopo l’esordio non troppo convincente con Tu devi essere il lupo (2005), Le ferie di Licu è un film di difficile catalogazione: se per gran parte della pellicola siamo di fronte ad un documentario in senso pieno, in cui i protagonisti non interpretano personaggi ma agiscono in maniera spontanea e le riprese rendono conto dei fatti con immediatezza, nella seconda e ultima parte il film scivola verso la docu-fiction con una costruzione drammaturgica decisamente più evidente. L’impatto iniziale è dunque all’insegna dell’inseguimento, con la macchina da presa che si limita ad osservare, con occhio indiscreto, la vita quotidiana del protagonista. La presenza della macchina da presa è vissuta con un certo imbarazzo dai personaggi ripresi: se Licu assume un atteggiamento di naturalezza un po’ posticcia, testimoniata da qualche sguardo in macchina di troppo, molte delle persone che lui incontra o frequenta sembrano disturbate dal “terzo incomodo” per cui non mancano silenzi improvvisi o sorrisi di timido imbarazzo. La qualità digitale, l’assenza di luci artificiali e la registrazione sonora tutt’altro che impeccabile (il film è sottotitolato anche quando si parla in italiano) contribuiscono a “sporcare” le riprese, ma è nei movimenti di macchina che si evidenzia lo stile spontaneo e vagamente artigianale del film. La macchina, tenuta costantemente a spalla, restituisce lo stile tipico della ripresa fatta in casa: nei tremolii inevitabili, nell’uso un po’ schizofrenico dello zoom, nei piccoli errori di ripresa dettati dalla necessità di girare una sola volta per non perdere il “senso di verità”. Nella seconda parte, invece, questa reale o presunta spontaneità lascia spazio ad un intervento ben più organizzato ed evidente. Il momento della partenza di Licu verso il Bangladesh è raccontato con una ripresa fissa nella quale un aereo vola sopra i tetti di Roma; è evidente che il protagonista non può essere a bordo di quell’aereo, ma l’escamotage registico funziona. Lo stile documentaristico utilizzato in Bangladesh si adegua alle regole dei racconti di viaggio televisivi, nei quali il montaggio procede per scarti temporali creando un continuo dialogo tra i volti, il paesaggio e gli animali. Gli accostamenti, come quello che alterna la discussione tra le due famiglie e lo stormo di piccioni, diventano metaforici. Lo sguardo impersonale delle prime sequenze qui si “occidentalizza” e osserva con una certa dose di ironia il rituale del matrimonio combinato nel quale gli interessi economici assumono la totale centralità a scapito dei sentimenti. Dal ritorno di Fancy e Licu in Italia l’intervento del montaggio si fa ancora più evidente e anche le parole pronunciate dai protagonisti sembrano il risultato di un progetto e di precise indicazioni di sceneggiatura. Il finale sospeso, con i due protagonisti che pattinano sul ghiaccio festeggiando il loro primo capodanno insieme, recupera la spontaneità dello sguardo e una maggiore “verità”: la vita di Fancy e Licu continua, anche a telecamere spente.

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

Il viaggio degli sposi

Le ferie di Licu non è centrato sul tema dell’infanzia intesa in senso stretto, tuttavia sono molti gli spunti che il film offre in questa direzione. I protagonisti Licu e Fancy sono entrambi maggiorenni ma rappresentano, a livelli diversi, dinamiche tipicamente infantili. Licu si trova in un momento di passaggio, il matrimonio, impostogli dalla famiglia ma accettato di buon grado nel rispetto delle tradizioni culturali e religiose del suo paese e dell’autorità dei suoi genitori. È evidente come la sua vita, fino al momento in cui riceve la lettera che lo avvisa della scelta di una moglie, sia vissuta con modalità adolescenziali: Licu lavora per guadagnare i soldi che gli permettono di pagare l’affitto e comprarsi vestiti alla moda, ma è libero da responsabilità. Nell’istante in cui decide di accettare la decisione della famiglia tutto il suo tempo e il suo denaro vengono dedicati alla preparazione del matrimonio e all’accoglienza di quella che diventerà sua moglie. Licu agisce quasi istintivamente senza, forse, rendersi conto o riflettere sulle sue azioni che rimangono dettate più dall’obbedienza che da una precisa consapevolezza; i meccanismi quasi incomprensibili del matrimonio combinato in cui la ragione ha il predominio assoluto sul sentimento non vengono mai messi in discussione ma diventano presupposti da cui partire: chiacchierando con un’amica italiana Licu sottolinea di essere innamorato di Fancy perché è sua moglie, stravolgendo il normale (secondo la cultura occidentale) meccanismo di causa-effetto. Per Fancy, invece, appena entrata nella maggiore età, il matrimonio rappresenta un viaggio, inteso in senso fisico ma anche esistenziale, senza ritorno. La sua posizione, se possibile, è ancora più passiva rispetto a quella di Licu: la decisione riguardo al suo futuro viene presa dalla famiglia e a lei non resta che adeguarsi. Sposare Licu significa condividere la vita con uno sconosciuto e trasferirsi in un paese culturalmente lontanissimo dal suo. Il suo atteggiamento, velato da una timidezza più che comprensibile, è di totale sottomissione. Al suo arrivo in Italia Fancy è evidentemente spaesata, frastornata e lusingata da tutte le attenzioni (si vedano i particolari di arredamento della camera da letto) che Licu le ha riservato. Tuttavia è evidente il suo tentativo di entrare in relazione attiva con la sua nuova vita: il suo immedesimarsi nel ruolo della brava moglie denota una partecipazione che esula dalla semplice accettazione, testimoniando uno sforzo sincero verso la costruzione del sentimento; un sentimento costruito razionalmente, sulla base di una realtà stabilita, ma non per questo meno efficace o duraturo. Dall’esigenza di normalità deriva anche il desiderio di integrazione, simbolicamente rappresentato dallo studio della lingua italiana. Le immagini però, nonostante tutto, suggeriscono un tentennamento, l’indecisione tipica di un momento di passaggio: Fancy trascorre gran parte del suo tempo alla finestra, ad immaginare forse una vita diversa e più libera ma, allo stesso tempo, guarda instancabilmente film di produzione bangladese, a sognare un impossibile ritorno. La vita dei due protagonisti è osservata, in alcuni casi spiata, dallo sguardo dei tanti bambini che affollano le immagini girate in Bangladesh. Si tratta di un contrappunto apparentemente superficiale ma che nel concatenarsi degli eventi assume una dimensione fortemente metaforica. I bambini guardano l’organizzazione del matrimonio con lo stesso sguardo, affascinato e sconvolto, con cui assistono all’uccisione di una mucca. Di fronte a loro il mistero del mondo degli adulti fatto di tradizioni e di obblighi religiosi. Un giorno anche loro ne faranno parte: forse non arriveranno mai a comprenderlo fino in fondo, ma probabilmente faranno qualsiasi sforzo per accettarlo.

Riferimento ad altre pellicole e spunti didattici

Per i temi trattati e il linguaggio utilizzato la visione de Le ferie di Licu è destinata esclusivamente agli studenti delle scuole medie superiori. Il film si presta ad un approfondimento sui temi dell’immigrazione, dell’integrazione e delle profonde differenze culturali e religiose. Per un maggior approfondimento di questi temi si consiglia anche la visione di East is East di Damien O’Donnell (Gran Bretagna, 1999) che racconta il duro scontro tra generazioni in una famiglia pakistana nella Londra degli anni ’70, Sognando Beckham di Gurinder Chadha (Gran Bretagna, 2002) che sposta gli stessi temi nella contemporaneità e Ospiti di Matteo Garrone (Italia, 1998) che descrive la condizione di due fratelli albanesi immigrati in Italia. Ludovico Bonora  

E' possibile ricercare i film attraverso il Catalogo, digitando il titolo del film nel campo di ricerca. Le schede catalografiche, oltre alla presentazione critica collegata con link multimediale, contengono il cast&credits e una sinossi. Tutti i film in catalogo possono essere richiesti in prestito alla Biblioteca Innocenti Library - Alfredo Carlo Moro (nel rispetto della normativa vigente).