Nidi e altri servizi per l'infanzia, i dati Istat

Nell'anno scolastico 2012/2013 diminuiscono le iscrizioni agli asili nido comunali (circa 2.600 utenti in meno rispetto all'anno precedente) e in misura più contenuta i contributi dei comuni ai nidi privati o alle famiglie (circa 300 bambini in meno). Sono alcuni dati del recente rapporto dell'Istat L'offerta comunale di asili nido e altri servizi socio-educativi per la prima infanzia.

La fotografia scattata dall'Istituto nazionale di statistica registra, fra le altre cose, anche un calo del numero di bambini tra zero e due anni che hanno usufruito dei servizi integrativi per la prima infanzia e conferma l'ampio divario tra le regioni nell'offerta pubblica di asili nido. I dati, si precisa nel rapporto, «sono riferiti ai soli utenti delle strutture comunali o delle strutture private convenzionate o sovvenzionate dal settore pubblico, mentre sono esclusi dalla rilevazione gli utenti del privato tout court».

Dell'indagine curata dall'Istat abbiamo parlato con Aldo Fortunati, direttore dell'area educativa dell'Istituto degli Innocenti di Firenze, a cui abbiamo rivolto qualche domanda per cercare di mettere in luce i contenuti più rilevanti del documento.

Quali sono le principali evidenze che emergono dal rapporto?

Si sta confermando la flessione negativa nel livello di accoglienza offerto dal sistema pubblico dei nidi e dei servizi integrativi, registrata come controtendenza negli ultimi anni rispetto a un trend di complessiva crescita della spesa e del sistema dell'offerta pubblica di servizi educativi. Questo dato critico accentua, peraltro, le già forti disparità territoriali nelle opportunità di accesso ai nidi da parte dei bambini. Rappresenta un dato complessivamente critico perché vuol dire che le politiche di diffusione di questi servizi, che sono state anche sostenute da provvedimenti governativi straordinari a partire dal 2007 fino ad oggi, non hanno prodotto effetti positivi strutturali sul sistema.

Il calo del numero di bambini che usufruiscono di servizi socio-educativi per la prima infanzia è dovuto in gran parte alla crisi economica o è riconducibile anche ad altri fattori?

I due fattori che concorrono negativamente sono entrambi conseguenza della crisi economica, ma la rappresentano nei suoi effetti sull'offerta e sulla domanda: sull'offerta perché è sempre più difficile per i comuni sostenere e rafforzare l'impegno economico per i costi di gestione dei servizi; sulla domanda, perché è sempre più diffusa la difficoltà da parte delle famiglie a sostenere il costo della retta per frequentare un nido, nonostante che il carico sulla retta sia, nel caso dei nidi pubblici, meno del 20 per cento del costo reale del servizio. Difficoltà che si può ben comprendere se pensiamo a quello che succede quando in una famiglia con uno o più bambini uno dei genitori viene momentaneamente o stabilmente espulso dal mercato del lavoro e quindi si passa da un nucleo familiare bireddito a uno monoreddito. A questi due fattori se ne aggiunge un terzo, che non è così diffusamente rilevato ma che dal nostro punto di osservazione è molto significativo: il fatto che si sta diffondendo, negli ultimi anni, un'offerta alternativa - possiamo dire anche concorrenziale rispetto al nido pubblico -, che è quella data dalle scuole dell'infanzia che accolgono bambini anticipatari, cioè bambini in età da nido. In questo caso c'è un'offerta più vantaggiosa dal punto di vista del costo della retta (nel caso della scuola statale non c'è nessuna retta da pagare), che favorisce una sorta di migrazione della domanda dal nido verso la scuola dell'infanzia. Naturalmente questo non offre un orizzonte di qualità del servizio ai bambini e alle famiglie; offre un risparmio alle famiglie, ma non comporta un risparmio per la spesa pubblica, perché le scuole dell'infanzia costano. Sarebbe molto più corretto investire queste risorse per rafforzare il sistema dei nidi e anche la sua accessibilità, attraverso un abbassamento delle rette che riguardano questi servizi.

Dai dati emergono nuove criticità rispetto a quelle rilevate negli anni precedenti (ad esempio, il divario tra le regioni)?

Questi dati sono utili se li mettiamo in relazione ad altri dati (è quello che dicevo a proposito dell'intreccio tra offerta di nidi e offerta alternativa concorrenziale delle scuole dell'infanzia), ma se vogliamo limitarci a dire qual è la criticità specifica che i dati segnalano dobbiamo fare una considerazione: ci troviamo in una situazione in cui l'impegno della politica pubblica è entrato in una zona di stallo, perché si è interrotta l'azione di incentivazione straordinaria realizzata dal Piano straordinario, che per alcuni anni ha sostenuto il sistema dei servizi con finanziamenti. Tale azione non si è trasformata in un'azione di incentivazione ordinaria e il sistema, di conseguenza, ha fatto dei passi indietro. Quando la politica pubblica smette di operare in maniera costante e progressivamente crescente per rafforzare il sistema dell'offerta, il sistema fa dei passi indietro. Questi dati critici segnalano l'esigenza di rilanciare una politica ordinaria, strutturale, di supporto allo sviluppo dei servizi.

Ci sono dei segnali positivi?

Ho difficoltà a coglierli. Direi che ci sono delle prospettive, più che dei segnali, che potrebbero corrispondere positivamente a ciò di cui c'è bisogno. C'è un ambizioso disegno di legge, numero 1260, che sta seguendo il suo iter di discussione in Parlamento. Questo disegno di legge prevede di rendere ordinario e strutturale l'impegno a consolidare un sistema dell'offerta che sia orientato anche a garantire in maniera equilibratamente diffusa sull'intero territorio nazionale alcuni livelli essenziali di presenza dei servizi, sia per quanto riguarda le scuole dell'infanzia, sia per quanto riguarda i nidi, di cui si propone la garanzia su tutto il territorio per una percentuale di copertura del 33 per cento, con oneri a carico dello Stato per la copertura dei costi di gestione.

(Barbara Guastella)

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