Tracce sui sentieri dell'inclusione: il progetto rsc a Torino

A partire dai bambini e dalle bambine rom, sinti e caminanti: un progetto nazionale a Torino. Tracce sui sentieri dell'inclusione è il titolo della pubblicazione realizzata dai Servizi educativi della Città di Torino a conclusione dei primi tre anni di vita del Progetto nazionale per l'inclusione e l'integrazione dei bambini rom, sinti e caminanti (rsc). La pubblicazione è stata presentata il 24 novembre scorso, al Festival dell'educazione di Torino, in occasione di un seminario a cui sono intervenuti, fra gli altri, Maria Teresa Tagliaventi, docente all'Università di Bologna e referente scientifico del progetto, e Vinicio Ongini, esperto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (Miur).
Il progetto - promosso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la collaborazione del Miur e la partecipazione dell'Istituto degli Innocenti – prevede la realizzazione di laboratori e altre attività mirate a favorire l'integrazione scolastica e l'inclusione sociale dei bambini e degli adolescenti rsc. La terza annualità ha coinvolto 12 città riservatarie: Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia.
Per approfondire i contenuti della pubblicazione abbiamo rivolto qualche domanda a Maria Riso, referente locale del progetto e coordinatrice dei lavori del seminario del 24 novembre.

 

Quali sono i principali risultati dell'esperienza torinese?

 

Sicuramente il modello di governance, che ha creato i presupposti per avere un tavolo di programmazione locale, e soprattutto la creazione di un'équipe multidisciplinare nella quale i docenti, gli operatori e gli altri soggetti del gruppo di lavoro locale hanno potuto confrontarsi e scambiare le informazioni, oltre che risolvere i problemi emergenti con l'aiuto di tutte le professionalità. Da parte della scuola è stata apprezzata molto la figura dell'operatore campo, che ha restituito una visione completa dello studente. I docenti, infatti, non sempre sanno quali sono le condizioni di vita e familiari delle ragazze e dei ragazzi. L'operatore campo, inoltre, ha potuto riflettere sul proprio ruolo e rimodulare una modalità di lavoro che era troppo ampia. Gli interventi come questo sono difficili da misurare in tempi brevi, nell'arco della triennalità. I numeri del progetto sono importanti per noi, perché se questa iniziativa non fosse esistita 9 studenti non avrebbero conseguito il diploma di licenza media. Gli allievi ammessi alla classe successiva sono 38 e quelli che non sono stati ammessi alla classe successiva ma continuano il percorso scolastico sono 32. È importante sottolineare, inoltre, che il 75% delle ragazze e dei ragazzi coinvolti nel progetto ha partecipato ad attività extrascolastiche e che la percentuale media delle frequenze scolastiche delle ragazze e dei ragazzi rom inseriti nel progetto nella triennalità è stata superiore del 25% rispetto alla frequenza media dei coetanei rom che non hanno partecipato all'iniziativa.

 

Quali sono i punti di forza e le criticità del progetto?

 

Un punto di forza è rappresentato dal fatto che il progetto propone un modello, ben definito, coerente con le Indicazioni nazionali per il curricolo del 2012. Un aspetto che forse viene fuori ma non abbastanza è il fatto che ha arricchito molto tutte le nostre professionalità: abbiamo partecipato a seminari nazionali, abbiamo seguito la formazione locale, ci siamo autoformati scambiando le nostre conoscenze. Gli interventi che sono stati messi in atto sono stati interventi qualitativi. I punti di debolezza sono quelli che derivano dal fatto che il progetto non ha la certezza dei finanziamenti e dei tempi. Un altro anello debole riguarda il lavoro di rete: si sente la necessità di lavorare di più in maniera integrata con gli altri servizi (sociali, sanitari).

 

Dalla pubblicazione emergono spunti di riflessione e proposte per il futuro?

 

Un elemento importante che emerge è sicuramente la necessità di poter garantire l'inserimento di questi ragazzi almeno nella formazione professionale. Dovremmo trovare le risorse per poter attivare interventi di supporto anche nel periodo successivo alla licenza media. Un'altra proposta è quella di promuovere il coinvolgimento come operatori di giovani rom che hanno concluso la scuola secondaria superiore o frequentano l'università.

 

(Barbara Guastella)
 

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