Crescere insieme

20/11/2008

Intervento di Franco Occhiogrosso, presidente del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, alla Giornata italiana per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 20 novembre 2008 a Montecitorio

Signor Presidente, Autorità, Signore, Signori,
la presenza di bambini a questa manifestazione, che anche oggi abbiamo avuto modo di apprezzare, è divenuta ormai una ricorrente e gradita regola. È necessario, tuttavia, per i bambini che vi sia qualcosa di più: non solo la presenza formale a manifestazioni celebrative, ma anche e soprattutto il riconoscimento del loro diritto alla partecipazione da realizzare in ogni organismo pubblico che affronti i problemi dell’infanzia e dell’adolescenza, a cominciare dall’Ufficio del garante nazionale per l’infanzia, per il quale viene annunciata la presentazione di un disegno di legge governativo.

Introduco ora il mio discorso, porgendo il saluto del Centro nazionale a questo autorevole consesso e sottolineo l’attenzione che il Governo e il Parlamento hanno voluto dedicare con questa celebrazione alla Giornata per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Voglio anche porre in evidenza l’importante ruolo che riguardo ai minori e ai loro diritti svolge da tempo la Commissione parlamentare per l’infanzia, che ha inteso anche quest’anno confermare il grande rilievo costantemente attribuito alla manifestazione, fissandone, insieme al Parlamento e al Governo, la celebrazione a Palazzo Montecitorio e inviando così un deciso segnale per una sempre più ampia attenzione alla tutela dei diritti dei minori.

La questione dell’accoglienza e dell’integrazione dei minori stranieri – che costituisce il tema della giornata odierna – è centrale per una società che sempre più tende a proporsi come interculturale, cioè come una comunità che, pur non rinunciando alla sua identità culturale e valoriale, favorisce i processi d’integrazione di individui e gruppi di immigrati, definendo un progetto teso a costruire nuove relazioni e interconnessioni.
Traendo spunto dalle riflessioni svolte dall’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza nel corso del suo programma di lavoro per la redazione del piano governativo d’azione (che mi auguro possa essere quanto prima ripreso), propongo alcune osservazioni sul tema della giornata.

Riguardo al quadro generale vanno dette alcune cose.

1)   Che una delle parole chiave per i processi d’integrazione è quella di diversità, che va illustrata, ricordando che nella scuola italiana entrano minori provenienti da ben 191 Stati del mondo e portatori di 78 lingue.
2)   Che con l’integrazione le giovani generazioni sono chiamate a costruire una convivenza plurietnica, avendo come riferimento valori fondamentali su cui convergere:
      a)  il rispetto della democrazia;
      b)  il rispetto della legalità;
      c)  il rispetto della persona;
      d)  il rispetto delle diversità;
      e)  il rispetto dei sentimenti.
3)   Che tra le tipologie di minori stranieri vanno ricordate in particolare queste.
      a)  Quella dei minori stranieri nati in Italia. Essi rappresentano la seconda generazione di immigrati, che corrisponde al 13,5% del totale della popolazione straniera residente. Questa seconda generazione non è protagonista di ribellioni sociali come in Francia o in Gran Bretagna: essa inoltre non ha privilegiato i grandi centri urbani ed è territorialmente più diffusa.
      b)  Altra tipologia è quella dei minori stranieri non accompagnati (che erano 6.500 circa alla fine del 2007) per cui va detto che il nostro è il Paese con più alta presenza di minori stranieri non accompagnati in Europa. Vi è un collegamento tra questo dato e la circostanza che la metà circa dei ragazzi detenuti è costituita da stranieri, perché una percentuale consistente è costituita da minori non accompagnati e da minori neocomunitari rumeni. L’afflusso dei minori non accompagnati costituisce nei fatti rifornimento di manovalanza alla criminalità.
      c)  E infine una terza tipologia è costituita dai minori nomadi e dalle loro famiglie. Essi costituiscono una minoranza, anche se la legge 422/1999 di tutela delle minoranze linguistiche e culturali non li comprende, perché non sono ancorati a un territorio, che è il requisito essenziale previsto dalla legge. Si distinguono le etnie dei Rom, dei Sinti e dei Caminanti.
Secondo le stime del Ministero dell’Interno, dovrebbero ammontare a circa 150.000 unità. Per l’Opera nomadi i minori rappresentano più del 50% della popolazione. I loro diritti sono spesso violati nella scolarizzazione e per i rischi derivanti dalla vita nei campi, che comporta precoce mortalità infantile, malattie derivanti da freddo, cattiva nutrizione, scarsa igiene, mancanza di vaccinazioni.
Vivono un’infanzia difficile e spesso negata anche per la tradizione che li induce a sposarsi già a 13-14 anni.
Per la popolazione nomade emerge come prioritaria la questione della chiusura dei campi nomadi e la dotazione di abitazioni realizzate in modo da non rescindere i legami familiari e quindi senza incidere sull’identità dei popoli nomadi.

Quali sono gli obiettivi e le indicazioni progettuali per realizzare la loro integrazione?

1)   Va anzitutto sottolineata la necessità che ai minori stranieri nati in Italia sia attribuita la cittadinanza sin dal momento della nascita e non della loro maggior età.

2)   Occorre poi incrementare i progetti finanziati dalla legge 285/1997, che si sono dimostrati uno strumento utile per porre le basi per l’integrazione del minore straniero.

3)   E ancora promuovere la formazione di tutori per i minori non accompagnati, capaci di svolgere motivatamente tale ruolo. È quanto in qualche Regione, come il Veneto, si sta realizzando con la nomina di tutori volontari, cioè di persone motivate, preparate e sensibili alla cultura dell’infanzia, che intendono trasformare il minore da oggetto di assistenza a soggetto attivo, titolare di diritti. È un ruolo molto diverso dal “tutore istituzionale”, che svolge il proprio compito in modo burocratico.

4)   Inoltre, quanto al diritto all’istruzione va ricordato che nel giugno 2007 l’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri – istituito dal Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca – ha pubblicato il documento La via italiana per la scuola degli alunni stranieri, che esclude la separazione dei luoghi di apprendimento tra italiani e stranieri. È necessario dare attuazione a questo documento e alle linee guida per l’accoglienza e l’integrazione dei minori stranieri. Occorre, poi, un grande progetto educativo rivolto agli insegnanti, ma esteso agli allievi e alle loro famiglie per affrontare conflitti e intolleranza.

5)   Riguardo al diritto alla salute, deve essere affrontata la criticità rappresentata dalle interruzioni volontarie della gravidanza, il cui tasso continua a restare molto alto rispetto a quello delle donne italiane. Va anche affermato il diritto di tutti i minori all’assistenza sanitaria, indipendentemente dalla regolarità del soggiorno.

6)   Va sostenuto inoltre il diritto alla famiglia.
      a)  È del tutto incoerente impegnarsi per la valorizzazione dell’istituto familiare per le famiglie italiane e dimenticarsi delle difficoltà che vive quella straniera.
      b)  Anche il minore straniero adottato in Italia deve integrare due appartenenze: quella che lo lega alla propria origine e quella che lo lega al nuovo contesto di vita. Anche qui va accolto il principio dell’interculturalità, che deve trovare la sua maggiore realizzazione nei progetti di intervento postadozione.
Più in generale deve essere attuato in concreto il principio sempre affermato che l’adozione (specie quella internazionale) tende a dare al bambino una famiglia e non a dare un bambino agli adottanti: l’approfondimento delle motivazioni degli aspiranti e la comprensione da parte loro dell’alterità del bambino è essenziale per evitare i rischi di fallimenti adottivi.
      c)  Occorre possibilmente integrare anche i minori stranieri non accompagnati attraverso l’affidamento. L’affidamento omoculturale costituisce un contesto privilegiato, perché agevola la sperimentazione di forme di autoaiuto: è stato attuato con successo a Genova e in Emilia (Modena, Parma, Bologna).
In questa linea l’affidamento internazionale merita attenzione per le situazioni più gravi.

7)   Infine occorre accennare alla dimensione mediatica per segnalare la necessità di evitare che attraverso le comunicazioni sociali si rinforzino stereotipi e luoghi comuni.
L’informazione deve collegarsi a un impegno sociale e culturale diretto a favorire:
      a)  la tolleranza e il rispetto dei diritti umani universali;
      b)  il diritto di tutti gli esseri umani e in particolare dei bambini di vivere al riparo da comportamenti capaci di proiettare sulla loro diversità etnica rappresentazioni sociali deformanti e negativizzanti.