Haiti: no alla corsa all'adozione facile

26/01/2010

La grande ondata emotiva suscitata dalla catastrofe che ha colpito Haiti lo scorso 12 gennaio si è concentrata soprattutto sui bambini rimasti orfani dopo il sisma, con molte pressioni per adozioni rapide o affidi internazionali temporanei. Ma occorre muoversi con prudenza e nell'interesse dei bambini, avvertono Unione Europea e Commissione per le adozioni internazionali.

Intanto, i media rilanciano le immagini ad effetto dei bambini sopravvissuti: una linea «perdente e strappalacrime che non serve a smuovere le coscienze ma a vendere più copie dei giornali», commenta il presidente del Centro Nazionale Francesco Paolo Occhiogrosso.

La mobilitazione planetaria a favore dei bambini dell'isola caraibica è montata appena si è diffusa la notizia del terremoto. Ma ha anche provocato l'immediata presa di posizione degli organismi e delle associazioni che lavorano a tutela dei diritti dell'infanzia sui pericoli che potrebbero correre i minori in questa fase di emergenza. Per esempio, Save the Children e Terre des Hommes si sono unite all'allarme lanciato dall'Unicef. Il presidente di Unicef Italia Vincenzo Spadafora ha infatti diffuso nei giorni scorsi la notizia che dagli ospedali haitiani sarebbero già spariti quindici bambini: «Occorre procedere in questa prima fase di emergenza al compimento di tutte le procedure necessarie al ricongiungimento familiare, alla registrazione, alla protezione dei bambini non accompagnati, separati o orfani -  ha commentato – Bisogna tenere alta l'attenzione per evitare che la situazione degeneri in un indegno mercato di bambini». Le due Ong invece hanno invitato chiunque voglia aiutare i terremotati a finanziare il sostegno a distanza perché, come ha affermato  Valerio Neri, direttore generale di Save the Children, «l’adozione internazionale dei bambini di Haiti non può essere, in questo momento la risposta all’emergenza, anzi rischia di essere una procedura affrettata che non rispetterebbe l’iter previsto dalla legge a tutela dei bambini».

La linea ufficiale del governo sulla possibilità di facilitare le adozioni da Haiti o di accogliere per qualche mese i piccoli traumatizzati dal cataclisma, come richiesto con forza da alcune associazioni, è stata espressa dalla Commissione per le adozioni internazionali. Prima di tutto «solo dopo il superamento dell'emergenza sarà possibile adottare i bambini haitiani rimasti orfani e che tutte le iniziative in tal senso saranno concordate con il governo di Haiti» perchè ora è fondamentale «fornire rapidamente aiuti di emergenza e protezione a questi bambini nei luoghi in cui essi si trovano». Il sottosegretario alle Politiche per la Famiglia, Carlo Giovanardi, anche presidente della Cai, ha dichiarato: «Aiutiamo chi è là, con i familiari». In questa «delicata materia non si può cedere ad una pur comprensibile emotività - ha continuato - ma dare il massimo sostegno alle associazioni già operanti ad Haiti e collaborare con tali associazioni e il governo haitiano per quanto riguarda una rigorosa verifica di quali siano i bambini realmente adottabili».

Per questo motivo la Cai ha deciso di stanziare 350mila euro per agevolare i ricongiungimenti dei bambini con i familiari dispersi o feriti, finanziando il progetto di Save the children; altri 350 mila euro per assicurare assistenza sanitaria, igienica e di sopravvivenza per 20 mila famiglie con bambini, assistite dalla Charitas di Haiti, finanziando il progetto della Charitas italiana; infine, 300 mila euro per assistere i bambini ospiti in orfanotrofi o in strutture temporanee allestite dall’Unicef mediante un finanziamento di 300.000 euro. Infine 750 mila andranno destinati ad ulteriori interventi di medio e lungo termine, realizzati dagli enti autorizzati o da altre organizzazioni già operanti sul territorio.

Una posizione che sposa quella espressa pochi giorni fa dal portavoce del commissario alla Giustizia Jacques Barrot: «Siamo di fronte a una situazione molto difficile, ma quel che conta è la salvaguardia del bambino – ha detto Michele Cercone al Corriere della sera -. Chiediamo agli Stati dell'Ue di essere molto prudenti quando fanno questa scelta dato che è molto difficile comprendere quale sia la vera situazione di alcuni bambini, anche di coloro che hanno perduto i genitori. Dunque accelerare troppo le adozioni potrebbe non essere una buona idea».

La grande emotività suscitata dalla catastrofe di Haiti non stimola solo slanci di generosità ma anche il desiderio di informarsi e di seguire la situazione grazie ai media. Ma, come già capitato in altre circostanze simili, giornali e tv dimenticano la deontologia e non esitano a diffondere immagini di grande impatto delle piccole vittime del sisma. Questa condotta è stata fortemente criticata da Francesco Paolo Occhiogrosso, presidente del Centro nazionale, interpellato dall'agenzia Redattore sociale: «Ritengo che, soprattutto in circostanze drammatiche come questa, sia giusto tutelare il minore innanzitutto attraverso la salvaguardia della sua sopravvivenza – ha dichiarato - Ma è altrettanto necessaria la salvaguardia della sua immagini, quindi il rispetto della sua privacy. I mass-media disattendono questo principio, quando pubblicano fotografie come le tante che vediamo in questi giorni».
I giornalisti dovrebbero rispettare sempre le forme di protezione indicate dalla normativa, come «l'irriconoscibilità e l'anonimato». Perché «abbiamo visto che la solidarietà c'è:  il numero delle richieste di adozioni supera grandemente il bisogno. Questo è un discorso perdente e strappalacrime: la verità è che si vogliono vendere più copie dei giornali».

Ha concluso Occhiogrosso: «Il rapporto tra i media e le vicende dell'infanzia meriterebbe una seria riflessione. Nel piano d'azione che stiamo definendo si potrebbe anche prevedere qualcosa del genere. Ma è soprattutto la Federazione nazionale della stampa che dovrebbe intervenire, per esempio convocando un incontro nazionale almeno una volta l'anno, in cui sia dibattuto questo tema e si assumano linee nuove e aggiornate rispetto a principi che, oltre a essere vecchi, sono puntualmente disattesi. Non chiedo che ci siano responsabilità penali per i giornalisti, per carità, ma neanche un'impunità assoluta in nome della libertà di stampa». (mf)