Bambini e guerra al Premio Sergio Amidei

20/07/2009

Bambini e conflitti armati, un argomento purtroppo sempre attuale, di cui il cinema ha iniziato a parlare dai primi anni del '900. La 28° edizione del Premio Sergio Amidei (Gorizia, 16-25 luglio 2009) ospiterà, tra i diversi eventi e proiezioni dedicati all’arte della sceneggiatura, anche una breve ma interessante rassegna dal titolo La scrittura in/difesa: i bambini e la guerra.

La storia del cinema annovera tra i suoi capolavori alcuni titoli memorabili su questo tema. Il maestro della critica Goffredo Fofi, da anni ospite del Festival, ha operato una selezione di film importanti, alcuni rari, altri celeberrimi, per ripensare all’innocenza infranta e alla capacità del cinema di raccontare il destino difficile dei bambini in guerra.

Tra i titoli proposti due pietre miliari come Sciuscià di Vittorio De Sica e L’infanzia di Ivan di Andrej Tarkovskij, film di grande successo come L’impero del sole di Steven Spielberg e altri film d’autore meno conosciuti come Dottor Korczak di Andrzej Wajda o West Beyrouth di Ziad Doueiri.

Di seguito pubblichiamo una breve introduzione alla rassegna firmata da Goffredo Fofi.

La scrittura in/difesa: i bambini e la guerra

Sono molto rari i film che, nei primi decenni del Novecento, hanno parlato della guerra mettendo in scena la condizione dell'infanzia. Il motivo è semplice: la prima guerra mondiale fu combattuta al fronte, le vittime civili - tra cui i bambini - furono relativamente poche. Il monello di Chaplin non aveva molto da spartire con Charlot soldato.
Anche se non mancarono i "piccoli alpini", i balilla o le piccole vedette sovietiche. Solo in Urss, dove la guerra civile aveva coinvolto tutti, il cinema parlò anche di bambini e adolescenti: gli eroi in erba di Biancheggia una vela di Legosin o i "besprizornij" di Verso la vita di Ekk, ispirato al Poema pedagogico di Makarenko che parlava di recupero e rieducazione dei ragazzi senza famiglia che solcavano in branchi il paese. Di esso si ricordarono Balasz e Radvanyi con È accaduto in Europa, dopo la seconda guerra mondiale.
Fu questa guerra a cambiare radicalmente le cose: a morire furono, e da allora non ci si è più fermati, soprattutto i civili. Bombardamenti, occupazioni di città, rappresaglie, deportazioni, lager, con tutto il loro contorno di orfanezza, di fame e di malattia, di abbandono e di violenza riguardò per la prima volta in Occidente, in modo massiccio e spaventevole, anche l'infanzia. (Il punto culmine di questa mattanza è forse da trovare nei bambini del Korczak di Wajda.)
Era ovvio che il cinema si occupasse, a guerra finita, anche di questo, nel contesto della guerra come in quello dell'attualità del dopoguerra.
Era ovvio che vi fossero, a fianco di film dove l'infanzia non era al centro dell'interesse ma era comunque ben presente, anche quelli che avevano per assoluti protagonisti i bambini, ragazzini, gli adolescenti.
Ne vennero o capolavori o in ogni caso film ispirati, mossi da sentimenti lodevoli e convinti, di denuncia, dimostrazione, condanna. I migliori tra loro, forse, furono alcuni film italiani: Germania anno zero, Sciuscià... che erano bensì storie di dopoguerra, non dentro la guerra (chi scrive amò molto le parti di guerra di Sotto il cielo di Roma, perché vi ritrovò anche un po' delle sue esperienze).
Fu soprattutto il dopoguerra a venir raccontato, e le ferite subite dai bambini, in Europa come in Giappone, tra i vincitori come tra i vinti (ma non negli Usa, perché non videro la guerra sul proprio territorio, anche se l'esordiente Joseph Losey inventò la bella allegoria fantastica sui bambini e la guerra che è Il ragazzo dai capelli verdi).
Tra molti film banali o appena onesti, non mancarono dei capolavori, più tardi, a rievocare le sofferenze e la morte dei bambini, e gli effetti psicologici che la guerra ha potuto provocare nelle loro menti. Ricordo Odissea tragica di Zinnemann (durissima e probante la prima parte, semidocumentaria o addirittura documentaria), e soprattutto Giochi proibiti di Clément, un film troppo dimenticato, L'infanzia di Ivan di Tarkovskij, più tardi L'impero del sole di Spielberg (e Ballard) e, a distanza, L'allievo di Singer, che parla anch'esso della fascinazione che la guerra anzi il male può avere sui ragazzi (molti anni prima, 1944, aveva tentato il ritratto di un ragazzo nazista negli Usa il teatrale E domani il mondo di Fenton).
Col tempo, insomma, le analisi si sono fatte e più rare e più complesse, forse a volte più acute, certamente meno commosse e commoventi.
Ma è di fronte alle tragedie delle guerre recenti che il cinema si è dimostrato assai latitante: e se non sono molti i film che hanno raccontato la condizione dell'infanzia palestinese, per esempio, ancora di meno sono quelli, almeno nel campo del cinema non documentario, che hanno tentato di raccontare una sconvolgente novità o il ritorno a quella inedita e terribile mescolanza che caratterizza la nostra storia recente, fatta di antica barbarie e di nuova tecnologia, quale è stato ed è il fenomeno dei bambini guerrieri. In quelle parti del pianeta dove la sovrabbondanza di nascite permette al cinismo dei contendenti di "liberarsi delle eccedenze" contemporaneamente usandole per combattere le guerre al posto degli adulti.

Goffredo Fofi