Voltati Eugenio

di Luigi Comencini (Italia, 1980) Sinossi Eugenio è figlio di due ex sessantottini che, dopo averlo messo al mondo, lo hanno “parcheggiato”a turno presso i rispettivi genitori. Sempre indecisi se rimanere insieme o lasciarsi definitivamente, sempre assenti nei momenti importanti della vita del ragazzino, Giancarlo e Fernanda sono costretti ad affrontare la scomparsa del figlio, dileguatosi dopo essere stato abbandonato da un loro amico che lo aveva in custodia. Quando lo ritrovano, Eugenio ha già deciso che di una famiglia così non sa che farsene e che vuole vivere da solo, in campagna, accudendo gli unici esseri che lo amano davvero: gli animali.

Analisi

Quando ancora il fenomeno delle cosiddette “famiglie allargate” era di là da venire, Luigi Comencini nel 1980 precorreva i tempi dando con Voltati Eugenio questo ritratto ferocemente sarcastico di una famiglia talmente allargata da risultare disgregata, persino inesistente. Lo sguardo al cui vaglio dapprima smarrito poi sempre più consapevole passano i comportamenti degli adulti è, naturalmente, quello di un bambino che, diversamente dai propri genitori, due ex contestatori convinti che la famiglia sia solo un inutile peso, con i suoi necessari vincoli affettivi e il carico delle responsabilità connesse ai ruoli, chiede soltanto un po' di stabilità, una soluzione definitiva al proprio peregrinare dalla casa di un parente a quella di un altro. Paradossale che Eugenio, di estrazione borghese e con una famiglia benestante alle spalle (il padre, malgrado sia un ingegnere mancato che sbarca il lunario riparando televisori, in realtà è figlio di un uomo ricchissimo) invidi il suo amichetto Guerrino, di estrazione proletaria, abitante in periferia, con un padre che lo malmena sistematicamente e che lo costringe a lavorare. Guerrino, infatti, ha qualcosa che Eugenio non ha mai avuto, ovvero una famiglia, bella o brutta che sia, ma comunque una famiglia. Forse con un tantino di paternalismo ma anche con molto buon senso, Comencini sembra voler affermare che se la violenza di cui è vittima Guerrino è senz'altro da esecrare (anche se in parte “comprensibile” in quanto frutto del degrado sociale), non deve trarre in inganno l'atteggiamento permissivo dei genitori di Eugenio (il padre non sopportando di essere chiamato “papà” chiede al ragazzino di chiamarlo per nome) che fanno continuamente violenza sul bambino deludendone le legittime aspettative, accollandogli un carico emotivo (quello di sopportare in solitudine le delusioni della vita) che non può reggere, ripetendogli quanto sia maturo e responsabile unicamente per potersi liberare di lui senza pesi sulla coscienza.

Non a caso Eugenio si dimostra serio e responsabile soprattutto nei confronti dei suoi animali: la cura dei bisogni fisici (e, perché no, anche affettivi) dei suoi amici a quattro zampe indica chiaramente un messaggio verso il mondo degli adulti che, a differenza delle bestie non sanno curare i propri cuccioli e che però, al tempo stesso, nell'ultima scena si commuovono nell'assistere alla nascita di un vitellino. Finito lo “spettacolo” della nascita genitori e parenti torneranno alla vita di sempre dimenticandosi che dietro al “miracolo” di una vita che nasce deve far seguito una lunga serie di più prosaici sacrifici quotidiani.