Un mondo a parte

Sinossi

Sudafrica, 1963. L’adolescente Molly un mattino vede partire il padre per una destinazione sconosciuta. Rimasta con la madre Diana e altre due sorelle, Molly vive in una nazione dilaniata dalla segregazione razziale. Molly è convinta che la madre la trascuri, in realtà Diana, giornalista di professione, è impegnata in prima linea nella lotta per i diritti dei neri: ospita a casa sua i capi della rivolta e partecipa attivamente alle manifestazioni, rischiando più volte di rimanere coinvolta nelle perquisizioni e nei controlli delle autorità. In base ad una legge sull’ordine pubblico, Diana viene arrestata per novanta giorni, lasciando la famiglia in preda ad un senso di abbandono e di sconforto, e subisce i duri interrogatori della polizia, decisa a scoprire i contatti della donna con i capi della rivolta. Intanto Molly comincia a notare un atteggiamento differente nei suoi confronti: le compagne ironizzano sulla posizione del padre chiamandolo ‘traditore’ e della famiglia, ritenuta ‘comunista’, e persino la migliore amica di Molly, Yvonne, si allontana dalla ragazza. La ragazza comincia a prendere coscienza dello stato in cui versano le persone di colore in Sudafrica visitando i ghetti in compagnia di Elsie, cameriera di famiglia e sorella di Solomon, uno dei capi della rivolta. Scaduto il periodo di detenzione, Diane viene nuovamente incarcerata, appena dopo essere uscita di prigione. E’ il crollo: la donna tenta il suicidio e soltanto a questo punto le è concesso di tornare a casa. Poco tempo dopo, Solomon viene assassinato. Il suo funerale, cui partecipano anche Diana e Molly, è occasione per incitare la gente di colore alla rivolta. Molly, vicina alla madre, è ormai pienamente consapevole di quello che sta succedendo nel Paese.

Presentazione critica

Una didascalia all’inizio del film avverte che quella che lo spettatore si appresta a vedere è una storia vera: si tratta infatti della vicenda di Ruth Firs, manifestante per i diritti della popolazione di colore assassinata il 17 agosto del 1982. Se il personaggio di Diana Ruth è ricalcato su quello reale della Firs, la figura di Molly adombra quello della sceneggiatrice Shawn Slovo, che nel ’63 era un’adolescente che si affacciava sul cruento mondo della segregazione sudafricana. Il film, quindi, racconta della sua progressiva presa di coscienza che comincia a farsi strada tra le pieghe di un’insoddisfazione familiare vissuta come mancanza, per trasformarsi pian piano in una nuova consapevolezza: quella di una famiglia più ampia e solidale, più politicizzata e senza dubbio più difficile da realizzare visti gli impedimenti istituzionali perché raccoglie l’uomo in base alla sua umanità e non relativamente al colore della sua pelle. Solomon, fratello di Elsie e personalità di punta del movimento per l’abolizione dell’apartheid, è stato ucciso. Durante il funerale, la comunità si raccoglie intorno al sacerdote che celebra la solenne funzione funebre al grido di ‘Amandala’: Diana, la madre di Molly, una giornalista che ha dovuto subire ripetutamente le angherie del governo sudafricano, alza il pugno nel senso di unità della lotta. L’inquadratura mostra la donna e Molly, uniche bianche in mezzo ad una moltitudine di uomini di colore accalcati in devoto e rabbioso raccoglimento: la ragazza, dopo un attimo di attesa, alza il pugno ad imitazione della madre, mentre l’inquadratura allarga il suo campo per mostrare tutta la massa e l’unità di intenti delle persone convenute. È l’atto finale di un percorso di formazione che Molly deve necessariamente compiere per arrivare alla piena consapevolezza della situazione politica e sociale della quale, suo malgrado, si trova ad essere muta ed ignara testimone. Ed è un percorso di formazione che consta in diverse stazioni successive pronte a fornire progressivamente quella luce di cui ha bisogno Molly per comprendere compiutamente la situazione: nella prima sequenza, Molly vede partire il padre per un luogo imprecisato e non capisce quale sia il motivo per cui il genitore debba intraprendere questi viaggi improvvisi e misteriosi. Intorno alla ragazza esiste un contesto apparentemente normale, fatto di feste, lezioni scolastiche e amicizie spensierate; ma, al di là della normalità di facciata, si muove surrettiziamente un intero mondo, un ‘mondo a parte’, appunto, che viene ghettizzato e segregato fin dal 1948, quando la minoranza bianca decise di cautelarsi dalla stragrande maggioranza nera (il rapporto era circa di quattro a uno) optando ed istituzionalizzando (grazie all’opera del National Party) il regime di ‘sviluppo separato’, ossia quella mancanza di libertà, quel senso di soffocante oppressione ed anche quell’umiliante senso di doppia negazione dell’identità individuale e collettiva che prende il tristemente famoso nome di apartheid. Molly dapprima vede gente di colore entrare in casa sua e discutere seriamente con sua madre (è il momento in cui la ragazza rinviene un nastro con i futuri colori della Repubblica Sudafricana e, grazie a Solomon, inizia a conoscere la simbologia dei differenti colori, nero per il popolo, verde per la terra e giallo per l’oro), poi assiste alla solidarietà offerta da Diane ai manifestanti e alle loro iniziative. La semplice testimonianza di Molly comincia a diventare partecipe nel momento in cui la ragazza si rende conto di essere diventata oggetto dell’ironia e dei discorsi altrui: scopre così che suo padre è considerato un traditore, la sua famiglia viene tacciata con disprezzo di ‘comunismo’ e che, nel momento in cui la madre viene arrestata perché accusata di essere in combutta con i rivoltosi, anche le cosiddette amicizie le hanno voltato irrimediabilmente le spalle. L’azione esterna e la delusione di un mondo che la trascura sono le molle per comprendere la verità sociale e politica, fatta di menzogne, ricatti, oppressioni ed ingiustizie, ma anche per recuperare il rapporto con la madre che la ragazza reputava perduto e che, invece, aveva soltanto bisogno di un passaggio di stato e di ragione. E così l’inquadratura finale di Molly che alza il pugno non è solo il segno evidente di una nuova aderenza alla verità e alla causa, ma anche l’immagine di un rapporto pienamente ritrovato con la propria madre, non più solo su un piano affettivo, ma sul piano della coscienza individuale e collettiva, a livello attivo ed ideologico, come forma di una nuova generosità al quale l’ultima stazione del personale percorso di formazione di Molly inevitabilmente ha portato. Giampiero Frasca