Stranieri irregolari

05/08/2010 Tipo di risorsa Normativa e giurisprudenza Temi Immigrazione Titoli Commenti giuridici Attività Rassegna giuridica

Sentenze della Corte costituzionale Con le sentenze n. 249 e n. 250 del 5 luglio, depositate l’8 luglio 2010, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 61, comma 1 punto 11 bis, del codice penale che aveva introdotto nel nostro ordinamento giuridico l’aggravante della clandestinità. Questa norma era stata introdotta dal decreto legge n. 92 del 2008 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito in legge n. 125 del 2008 (Conversione in legge con modificazioni del decreto legge 23 agosto 2008 n. 92 recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica).

In base a tale previsione giuridica, infatti, ogni reato commesso da uno straniero non in regola con il permesso di soggiorno avrebbe dovuto essere punito con una sanzione aumentata in base a questa nuova aggravante e ciò a prescindere da ogni distinzione concernente la tipologia del reato o le stesse caratteristiche del soggetto agente che avrebbe potuto essere, indifferentemente, con o senza precedenti penali e maggiorenne o minorenne. Tuttavia questa disposizione legislativa, edificata sulla presunzione generale e assoluta della maggiore pericolosità dell’immigrato irregolare rispetto all’immigrato regolare non ha, come già accennato, retto al vaglio di costituzionalità perché l’aggravante dell’avere commesso il fatto «trovandosi illegalmente sul territorio nazionale» si poneva in aperto contrasto, secondo il giudizio dei giudici della Corte, sia con l’art. 3 comma 1 (che proclamando il principio d’uguaglianza non consente irragionevoli diversità di trattamento), sia con l’art. 27 comma 2 (che pone il principio d’offensività dei reati) della Carta costituzionale. Infatti, la condizione giuridica dello straniero non può essere considerata dal legislatore come il presupposto per l’applicazione di trattamenti peggiorativi rispetto al cittadino e questo in particolar modo nell’ambito del diritto penale che è il più direttamente collegato alle libertà che la Costituzione riconosce a ogni uomo senza fare distinzioni tra cittadini e stranieri o fra stranieri regolari e non regolari. Tale aggravante, pertanto, finiva per determinare in capo agli stranieri irregolari, trattamenti penali più severi basati solo su qualità personali degli stessi e senza alcun collegamento a comportamenti connessi al reato per il quale si procedeva e, quindi, in contrasto con l’articolo 25 della Costituzione che prescrive che il reo debba essere sanzionato per le condotte tenute e non per le sue qualità personali. Peraltro, osservano i giudici della Corte costituzionale, la natura discriminatoria della previsione in commento era stata resa ancora più evidente dal fatto che, con la modifica introdotta dalla legge 94/2009 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), era stata esclusa l’applicabilità dell’aggravante per i cittadini dei Paesi appartenenti all’Unione europea. Senza contare che le modifiche legislative che hanno trasformato l’ingresso e il soggiorno illegale nel territorio dello Stato da illecito amministrativo a reato aveva aperto la strada a possibili duplicazioni o moltiplicazioni sanzionatorie di uno stesso reato che un moderno sistema penale non può contenere.   Tessa Onida  

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