di Edoardo Winspeare
(Italia, 2009)
Non si tratta di un refuso: il titolo dell’ultimo film di Edoardo Winspeare è proprio Sotto il Celio Azzurro, dove “Celio” sta a indicare uno degli angoli più belli del centro di Roma (il parco del Celio, appunto) che accoglie una delle scuole per l’infanzia più all’avanguardia in fatto di integrazione etnica e attività interculturali, Celio Azzurro, fondata nel 1990 da Massimo Guidotti. Può apparire per lo meno singolare che proprio in uno dei luoghi nei quali è possibile rintracciare la radice dell’identità capitolina sorga una scuola che della messa in gioco dell’identità culturale fa uno dei capisaldi della propria azione: nulla di più naturale, invece, dato che Roma ha sempre tratto la propria forza dall’integrazione tra culture diversissime. Senza andare oltre nella ricerca di una continuità più ideale che concreta tra passato e presente, con questo suo documentario – presentato come Evento speciale fuori concorso nella sezione Alice nella città della scorsa edizione del Festival internazionale del film di Roma – Edoardo Winspeare sembra voler non solo farsi testimone di un’esperienza straordinaria, ma anche entrare nel vivo delle dispute sul mondo della scuola che hanno animato la vita politica e più in generale la società italiana nell’ultimo anno. Attraverso una grande sensibilità verso il mondo dei bambini (ampiamente dimostrata in passato attraverso film come Il miracolo) e una capacità rara di trovare momenti di poesia nella quotidianità (la sua cinepresa si muove con disinvoltura ad altezza di bambino), il regista conduce lo spettatore in una realtà che, con pochi mezzi e grazie soprattutto all’intelligenza di chi vi lavora, riesce a coinvolgere genitori e bambini di tutte le etnie in un percorso educativo a 360 gradi che interessa tutte le forme di espressione delle varie culture. Cucina, danza, artigianato, giochi tradizionali, sono soltanto alcune delle attività in cui sono impegnate le famiglie, all’interno di un processo formativo che ha nella continuità nel tempo e nell’estendersi anche allo spazio domestico di ogni nucleo familiare il suo punto di forza. L’integrazione tra italiani e stranieri e tra stranieri appartenenti a diverse etnie diviene, così, una realtà vissuta quotidianamente ma che va accuratamente coltivata: gli strumenti sono quelli della fantasia, della creatività, della disponibilità, dell’accoglienza, dell’attenzione e della valorizzazione dei percorsi particolari di ognuno dei soggetti coinvolti. È un processo che si riflette anche nel modo di lavorare di Winspeare al suo documentario: dopo aver seguito per un anno le attività del centro, a un tratto il regista ripercorre gli itinerari personali degli educatori attraverso fotografie e aneddoti che ne raccontano l’infanzia, l’adolescenza, la giovinezza, ma anche quelli degli ex allievi della scuola, per mezzo di interviste dalle quali si evince come il percorso educativo incominciato alla scuola Celio Azzurro li abbia condotti alla piena integrazione nel mondo della scuola e del lavoro. Celio Azzurro è diventata nel corso degli anni una realtà di riferimento per la didattica e l’educazione interculturale non solo a Roma ma anche a livello nazionale e internazionale: nella sede della scuola vengono organizzati periodicamente corsi di formazione per insegnanti e per coloro che operano nel sociale con bambini provenienti dall’estero. Tuttavia, come sottolineato a più riprese nel corso del documentario dai responsabili dell’organizzazione Celio Azzurro è una struttura “a rischio di estinzione”, che avrebbe bisogno di finanziamenti e sostegno da parte delle istituzioni. Insomma, se anche una realtà di eccellenza come questa soffre il momento di crisi che sta attraversando tutta la società italiana, il documentario di Winspeare dovrebbe costituire un valido contributo a conoscere la specificità di questa esperienza ma anche a riconoscerne l’alto valore esemplare, specie per un’istituzione scolastica che, oggi più di ieri, sembra alla ricerca di punti di riferimento.
Fabrizio Colamartino