Shining

07/04/2010 Tipo di risorsa Schede film Temi Infanzia Disturbi psichici Titoli Rassegne filmografiche

 

Sinossi

Lo scrittore Jack Torrance accetta di lavorare come guardiano e custode del rinomato Overlook Hotel nel periodo invernale. Il grande impianto alberghiero è situato in un’alta vallata delle montagne del Colorado e d’inverno resta chiuso, perché spesso isolato dalla neve. Jack ha bisogno di tranquillità per scrivere il suo nuovo libro e decide di insediarvisi con la moglie Wendy e il filglioletto Danny, nonostante sia al corrente di due notizie che avrebbero allontanato chiunque: l’Overlook è costruito su un cimitero indiano; il precedente custode, a causa del troppo isolamento, ha ucciso in un raptus di follia la moglie e le due figlie prima di suicidarsi. Arrivato l’inverno e la neve, Jack inizia a dare segni di squilibrio, ma solo il piccolo Danny – dotato dello shining (luccicanza), un potere che unisce telepatia e preveggenza e che si manifesta attraverso terribili visioni – sembra accorgersene. La situazione precipita quando Jack scopre la moglie mentre sbircia tra i suoi appunti (egli ha riempito centinaia di pagine con la sola frase: “Il mattino ha l’oro in bocca”). Prima tenta di ammazzare Wendy, poi dirige la sua furia omicida verso Danny, che scappa in un grande labirinto di siepi costruito accanto all’impianto alberghiero. Qui l’uomo rimane intrappolato, mentre il bambino, con un abile stratagemma, riesce a far perdere le sue tracce e a scappare con la madre. Jack morirà ibernato all’interno del labirinto.

Presentazione critica

Tanta e autorevole è la letteratura che si è accumulata nel tempo su Shining. La pellicola, infatti, si presta a numerosissime letture critiche: quella psicologico-psicanalitica (il labirinto come il cervello di un uomo, nei meandri del quale ci si perde fino a raggiungere la pazzia); quella esistenziale, legata alla crisi dell’uomo (lo scrittore che non riesce a scrivere il suo libro); quella politica (le dominanti dei colori del film sono il bianco, il blu e il rosso, ovvero i colori della bandiera americana); quella legata al dissolvimento della famiglia moderna (le visioni e poi le violenze che ogni componente riversa sugli altri); quella antropologica o ancestrale (l’hotel cresce su un cimitero indiano; nelle stesse montagne anni addietro durante una spedizione ci furono casi di cannibalismo, come narra Jack alla famiglia durante il viaggio di andata); quella prettamente cinematografica (l’universo chiuso dell’Overlook – nome che rinvia all’atto del guardare oltre, atto che caratterizza la settima arte – come la scatola magica del cinematografo). Impossibile, in questa sede, dare spazio a queste analisi critiche, né approfondirne una in modo particolare, visto che la pellicola è molto ricca di legami interni, interconnessioni, citazioni, aperture a nuovi universi di ricerca. Tuttavia alcuni elementi tematici del film, appaiono, da una prospettiva che si sofferma sulla rappresentazione dei minori, altrettanto interessanti. Una delle caratteristiche più innovative del racconto è, infatti, l’implosione della figura archetipica di bambino generalmente proposta dal cinema horror. Se nel cinema di genere, il ragazzino trova ragione d’essere o in funzione di vittima (M, il mostro di Düsseldorf) o in funzione di carnefice (Carrie lo sguardo di satana), se altrettanto comunemente esso è dotato di ‘superpoteri’ per creare danni irreparabili (Il villaggio dei dannati) o per salvare il prossimo da situazioni pericolose, se è spesso vittima di uno sdoppiamento della personalità che lo rende un altro (L’esorcista), in Shining queste stesse caratteristiche cristallizzate, “possedute” anche dal figlio di Jack, ricevono un sorprendente scacco nella parte finale del film. All’inizio del racconto, Danny è un bambino solo, che si intrattiene con un amico immaginario, o alter ego ed espressione di una personalità disturbata e doppia; è dotato di poteri paranormali, ovvero la luccicanza o Shining che dir si voglia; è sicura vittima del padre carnefice e, nello stesso tempo, è l’unico che lo può sconfiggere con i suoi poteri. Tuttavia il racconto, ignorando gli indizi seminati, subirà nel finale un ribaltamento delle attese: Danny non sarà infatti né la vittima, né il carnefice del padre malato; non userà i poteri a proprio vantaggio, anzi causerà la morte del cuoco nero (accorso all’hotel per il grido telepatico di aiuto di Danny e finito ammazzato da Jack appena entrato nel complesso residenziale); farà a meno del suo doppio, subito dopo aver svelato alla madre la presenza della “redroom”; ricorrerà ad un astuzia esclusivamente razionale e adulta (camminando al contrario sulle impronte lasciate nella neve per far credere a Jack di essere sparito nel nulla) per sfuggire alla furia omicida del genitore. La distruzione della rappresentazione cristallizzata del bambino ci permette di spostare l’attenzione critica da Danny a Jack. È quest’ultimo, infatti, a possedere caratteristiche per così dire “puerili”. Non solo nel suo romanzo/follia lo scrittore scrive ossessivamente la stessa frase “All work and no play make Jack a dull boy” – tradotta in italiano con il proverbio “Il mattino ha l’oro in bocca” significa letteralmente “Tutto lavoro e niente gioco rendono Jack un bambino stolto” – frase che chiarisce la natura bambinesca del protagonista, ma anche in altre parti del racconto egli è, di fatto, il vero bambino della casa: quando gioca a baseball contro le pareti dell’Overlook Hotel, quando si diverte con il plastico del labirinto (che appare un gioco in miniatura, come il Lego o il Meccano), quando ha visioni molto simili alle fantasticherie sfrenate dei piccini (ad es. le scene di ballo nella “gold room”), quando dice di essere il lupo cattivo venuto a mangiare cappuccetto rosso, poco prima di spaccare con l’ascia la porta del bagno dove si è riparata Wendy. La regressione di Jack dimostra, parallelamente, un’altra caratteristica “inusuale” dell’infanzia: in fondo, sembra sostenere Kubrick, se Jack è un bambino e insieme un folle, allora l’età infantile non è poi lontana da uno stato di pazzia solitaria e visionaria: Danny aveva già capito all’inizio come sarebbero andate le cose (nella prima sequenza quando fa colazione con la madre), le visioni che giorno dopo giorno lo atterriscono non fanno altro che confermare le sue previsioni. Quando poi le stesse allucinazioni coinvolgono anche Wendy e Jack, per il bambino non rimane altro che crescere e usare quel raziocinio (nella scena del labirinto) che gli adulti hanno ormai definitivamente perso.

Marco Dalla Gassa