Riconoscimento del figlio naturale

19/10/2011 Tipo di risorsa Normativa e giurisprudenza Temi Tutela del minore Titoli Commenti giuridici Attività Rassegna giuridica

Sentenza della Corte Costituzionale  

Il punto di diritto affrontato dalla Corte Costituzionale nella sentenza in oggetto* riguarda la possibilità che il minore possa essere, grazie all'opera di un curatore che lo rappresenta, parte nel processo di riconoscimento del figlio naturale proposto da uno dei genitori. Infatti, la Sezione per i minorenni della Corte di Appello di Brescia aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale sull'art. 250 del codice civile - che disciplina la possibilità di riconoscere il figlio naturale - in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 30, 31 e 111 della Costituzione. Tale articolo, difatti, prevede che per il riconoscimento del figlio che non ha ancora compiuto i sedici anni sia necessario il consenso del genitore che ha già effettuato il riconoscimento (mentre per il riconoscimento del figlio che ha compiuto i sedici anni è previsto che lo stesso non produca alcun effetto senza l'assenso del minore), il quale, tuttavia, non può negarlo se il riconoscimento risponde all'interesse del minore. Lo stesso articolo precisa poi che se vi è opposizione da parte del genitore che ha già effettuato il riconoscimento, decide il tribunale dopo aver sentito il minore, in contraddittorio con il genitore che si oppone, e il pubblico ministero. Nel caso in oggetto il giudice aveva autorizzato il padre naturale del bambino al riconoscimento del figlio minore per mancanza di elementi negativi che ne giustificassero il diniego, e ciò, nonostante il dissenso della madre che aveva impugnato la pronuncia sostenendo che non vi fosse alcun interesse da parte del minore ad essere riconosciuto in quanto il bambino considerava padre suo marito che, del resto, se ne era sempre occupato. A questo punto la Corte di Appello aveva chiesto alle parti di far intervenire nella causa un curatore, a tutela del minore, ma l'iniziativa era stata osteggiata dalla madre la quale aveva sostenuto che il minore fosse privo della qualità di "parte" nel processo. Investita della questione la Corte Costituzionale, alla luce di alcune fondamentali norme di diritto internazionale (in particolare la Convenzione sui diritti del fanciullo, sottoscritta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia con L. 27 maggio 1991, n. 176; la Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, siglata a Strasburgo il 25 gennaio 1996, ratificata e resa esecutiva il Italia con L. 20 marzo 2003, n. 77) e delle disposizioni del diritto nazionale finalizzate alla tutela diretta dei diritti del minore (in particolare l'art. 155-sexies, c.c. che dispone l'audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni diciotto o anche di età inferiore, quando capace di discernimento, prima dell'adozione dei provvedimenti in materia di separazione coniugale e di affidamento), afferma che "anche per la fattispecie prevista dall'art. 250, comma IV, c.c., il giudice, nel suo prudente apprezzamento e previa adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, possa procedere alla nomina di un curatore speciale, avvalendosi della disposizione dettata dall'art. 78, c.p.c." la quale non ha peraltro carattere eccezionale ma, piuttosto, costituisce un'espressione di un principio generale destinato ad operare ogni qualvolta sia necessario nominare un rappresentante al minore. Inoltre, la Corte Costituzionale ha precisato che "al minore va riconosciuta la qualità di parte nel giudizio di opposizione di cui all'art. 250, c.c.". Infatti, se in genere la rappresentanza processuale del minore è affidata al genitore che ha effettuato il riconoscimento, quando si profilano situazioni di conflitto d'interessi, anche solo potenziali, il giudice deve procedere alla nomina di un curatore speciale, e ciò, sia su richiesta di qualunque parte che vi abbia interesse (compreso il pubblico ministero) o d'ufficio.

Tessa Onida

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*  Corte Costituzionale, Sentenza 7 marzo 2011, n. 83  

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