Prevenzione e contrasto alla violenza contro le donne e alla violenza domestica

Convenzione del Consiglio d'Europa L'approvazione della Convenzione n. 49/2011* del Consiglio d'Europa da parte del Comitato dei Ministri (Trattato aperto alla firma degli Stati membri, degli Stati non membri che hanno partecipato alla sua elaborazione e dell'Unione europea e all'adesione degli altri Stati non membri) rappresenta un passaggio fondamentale nella prevenzione e nel contrasto ad ogni tipo di violenza contro le donne, compresa la violenza domestica.

Infatti, se il riconoscimento della violenza contro le donne come una delle forme più gravi di violazione dei diritti umani era stato fatto, in più occasioni, anche da parte dalle Nazioni Unite, solo con la Convenzione in commento si sceglie di dotarsi di uno strumento giuridicamente vincolante per proteggere le donne da qualsiasi forma di violenza (anche se, per entrare in vigore, la Convenzione dovrà essere prima ratificata da almeno 10 Stati di cui 8 dovranno essere Stati membri del Consiglio d’Europa). Fino ad un recente passato, nella maggior parte degli Stati, gli ordinamenti giuridici contemplavano solo alcuni tipi di violenza alle donne (per esempio quella sessuale era punita solo se era perpetrata da un estraneo), mentre ogni forma di abuso psicologico, economico, fisico - comprese le varie forme di comportamenti coercitivi finalizzati a controllare emotivamente una persona facente parte del nucleo familiare - venivano considerati da punire solo se assumevano forme particolarmente gravi e, per lo più, valutati come fatti privati. Ciò, dimenticandosi anche degli effetti che tali comportamenti possono causare sui bambini costretti ad essere impotenti spettatori di violenze compiute nei confronti delle loro madri. Certamente anche in passato il Consiglio d'Europa si era mostrato sensibile al problema della violenza perpetrata contro le donne e, infatti, vi sono numerose risoluzioni e raccomandazioni su questo tema che sono servite a definire i contorni del reato, a sollecitare gli Stati membri affinché ne prevengano le manifestazioni, proteggano e supportino le vittime e agiscano in via giudiziaria nei confronti dei colpevoli. Tuttavia, con la Convenzione in commento il Consiglio d'Europa cerca di fare un ulteriore passo affrontando il problema attraverso la costruzione di una politica comune europea che sfrutti le esperienze di tutti i paesi per cercare delle soluzioni ad una mancanza diffusa nella legislazione di numerosi paesi: la "disparità dei diritti tra uomo e donna" che è la vera causa “a monte” di tante violenze subite dalle donne, le ragazze e le bambine. Lo scopo dichiarato della Convenzione in commento è quello di prevenire e di contrastare ogni forma di discriminazione, di disuguaglianza e di violazione dei diritti fondamentali di tutti, donne e bambine ma anche uomini, contrastando la violenza intra o extra familiare, fornendo sostegno alle vittime e perseguendo gli autori attraverso una strategia condivisa e coordinata a livello nazionale ed internazionale. Ciò anche sviluppando una forte rete dei servizi per le vittime di questi reati con servizi specifici rivolti a loro pensati non in un'ottica di sola assistenza. Nello specifico, la Convenzione individua fra le diverse tipologie di violenze sopra dette - destinate a diventare reati – la violenza manifestata attraverso il matrimonio forzato, le mutilazioni genitali femminili, lo stalking, le molestie sessuali, il matrimonio e l'aborto forzati, le sterilizzazioni forzate o di costume la cui brutalità passa inosservata perché considerata normale in alcuni Stati, senza contare il riferimento alle donne omosessuali, bisessuali o transessuali, che copre anche il campo dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere. Il Consiglio d'Europa si sofferma anche sul generale livello della legislazione nazionale dei singoli Stati membri circa questo tema che, anche se esistente, è spesso poco rispondente ai cambiamenti sociali e finisce per escludere dal suo ambito operativo proprio i gruppi di donne più vulnerabili, come le donne richiedenti asilo o quelle separate. Per questo la Convenzione prevede che degli esperti tengano monitorata la situazione e l’effettiva applicazione della Convenzione a livello nazionale. Si prevede inoltre l’istituzione di apposite linee telefoniche per la segnalazione degli abusi e di luoghi di rifugio e protezione per le vittime nei quali siano assicurati servizi medici, legali e di consulenza affinché siano superate le carenze dei singoli sistemi legali nazionali come il difficile accesso alla giustizia da parte delle vittime, la mancanza di interlocutori e di aree protette a seguito della denuncia. A questo proposito, credo che valga la pena ricordare il quadro legislativo italiano: il legislatore si è occupato di questo fenomeno già con la legge 149/2001 la quale, modificando gli artt. 330 e 333 del codice civile, aveva previsto la possibilità di allontanare dalla casa familiare non soltanto il genitore che commetteva abusi ma anche il suo convivente; tuttavia è soprattutto con la legge 154/2001 (recante le misure contro la violenza nelle relazioni familiari), la legge 38/2009 (sulle misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori) e la legge 7/2006 (sul divieto di pratiche di mutilazione genitale femminile) che è stato integrato il Codice penale e sono state introdotte nuove e più specifiche fattispecie criminose. Adesso il nostro codice penale contempla un impianto normativo che può così essere riassunto: art. 570 - Violazione degli obblighi di assistenza familiare; art. 571 - Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina; art. 572 - Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli; art. 581 – Percosse; art. 582 - Lesione personale; art. 583 bis -Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili; art. 605 - Sequestro di persona; art. 609 bis -Violenza sessuale; art. 609 octies -Violenza sessuale di gruppo; art. 610 - Violenza privata; art. 612 – Minaccia; art. 612 bis - Atti persecutori (stalking). Anche a livello regionale il problema della violenza alle donne è stato sentito e, così, le regioni hanno adottato norme finalizzate all'istituzione ed all’attivazione di Centri di accoglienza per donne maltrattate, definendo e analizzando la violenza domestica nelle sue molteplici sfaccettature; il tutto attraverso un percorso partecipato nel rispetto delle competenze dei diversi livelli di governo.

 

*Convention CM(2011) 49 final 7 april 2011, on preventing and combating violence against women and domestic violence.

 

Tessa Onida  

 

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