Porto mio fratello a fare sesso

06/04/2010 Tipo di risorsa Schede film Temi Relazioni familiari Sessualità Titoli Rassegne filmografiche

Sinossi

Famiglia strana quella dei Klauser. Con il padre prematuramente morto, è Mike, poliziotto senza grosse responsabilità, a portare avanti la vita della famiglia. La madre si limita a cucire e a rammentare il passato, il fratello Josch, quasi trentenne, ha seri problemi psichici e si comporta come un bambino. C’è anche Nic, la sorella quattordicenne, fotografa per passione e decisa a perdere entro poco tempo la propria verginità. Quando Mike porta a casa Nadine, la nuova fidanzata, tutti gli equilibri della famiglia si scombussolano. Josch e Nic spiano la coppia quando si rinchiude in soffitta. Lo stesso Josch, con un’innocenza disarmante, preso da pulsioni sessuali sempre più impellenti, chiede al fratello il permesso di fare sesso con la nuova fidanzata. Mike, pur non potendo accettare la proposta di Josch, cerca in tutti i modi di aiutarlo: prima cerca di insegnargli - senza successo - a masturbarsi, poi lo accompagna, la sera del suo compleanno, in un quartiere a luci rosse, dove una prostituta ben pagata lo attende nella sua roulotte. L’incontro, che non si conclude come Mike sperava, provoca un trauma nel confuso e impertinente Josch. Nemmeno Nic riesce a portare a termine la sua “missione”: individuato in un mezzo delinquente ventenne il soggetto ideale per perdere la verginità, la ragazza fa di tutto per farsi notare e poi per ritagliarsi un momento di intimità con lui. Quando, dopo molte traversie, giunge finalmente questo momento, la teenager si accorge di aver scelto la persona sbagliata e recede dal suo intendo. Una volta tornati a casa stremati, Nic e Josch si ritrovano di nuovo al punto di partenza. Per perdere la verginità non resterà loro che un’unica soluzione…

Introduzione al Film

Bruciature

Al primo impatto, Porto mio fratello a fare sesso colpisce per la fotografia sgranata e grigia, le inquadrature oblique, i continui e traballanti movimenti di macchina, una certa freschezza naif. In uno slogan: colpisce per il suo stile cinematografico “gretto” e surreale. D’altronde la materia trattata dal giovanissimo regista Sven Taddiken emana ben poco fascino. L’ambiente in cui scorrazzano i protagonisti è una Germania decadente, buia, individualista fin quasi al nichilismo, grottesca e pacchiana, con interni bui e claustrofobici, quartieri residenziali in disfacimento, parchi giochi spogli, quartieri a luci rosse costituiti da roulotte. È probabilmente il contesto che si accorda meglio a una famiglia a dir poco stravagante, composta da un ragazzone di trent’anni con comportamenti infantili e pulsioni adolescenziali, una sorella minore ossessiva (si veda il rapporto che instaura con la passione per la fotografia) e ossessionata dalla “prima volta” che programma, organizza e pianifica con cura scientifica, un terzo fratello a dir poco in imbarazzo nel ruolo di capofamiglia. Ricostruito un mondo a suo modo affascinante, il cineasta non riesce ad aggiungere altri motivi di interesse per il suo film: tanto lo sviluppo narrativo un po’ fiacco, quanto il ripetersi meccanico di soluzioni stilistiche solo apparentemente innovative, rendono palesi tutte le difficoltà che una materia così particolare presenta a chi voglia affrontarla con intelligenza e sensibilità. L’incesto, la scoperta della sessualità in un portatore di handicap psichico, il vuoto familiare creato dalla morte del padre e dall’inadeguatezza della madre ad educare i figli, la perdita della verginità di una quattordicenne: troppa legna sul fuoco, troppi carboni ardenti… per non bruciarsi. Lo sciagurato titolo italiano - scelto per attirare al cinema e nel mercato home-video qualche spettatore pruriginoso in più - rischia inoltre di creare false attese e di deviare l’attenzione di chi guarda il film verso i territori del cinema pruriginoso. È vero che tutti e tre i fratelli sembrano pensare “solo a quello”, ma è altrettanto vero che non c’è spazio per ammiccamenti, scene conturbanti, volgarità.

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

I dieci comandamenti

La dimensione sessuale è, piuttosto, la manifestazione di un disagio che colpisce, senza differenze, i protagonisti, fragili, tormentati da un vuoto affettivo ed esistenziale da colmare, disorientati dalla difficoltà di comunicare agli altri i propri bisogni e i propri pensieri. Lo dimostra il caso di Nic, che si affida alla fotografia o a dieci regole da lei stessa redatte in un diario per cercare di dare oggettività e chiarezza al mondo che la circonda. Nulla di nuovo sotto il sole nemmeno nella cocciutaggine con cui la protagonista s’impunta nel cercare un uomo al quale concedersi totalmente per la prima volta. È la stessa ostinazione, ad esempio, delle tre protagoniste di Un’estate a La Goulette di Férid Bougherid o del ragazzo di Monsieur Ibrahim e i fiori del corano di François Dupeyron, anche se nel nostro caso c’è più inquietudine, più fissazione ed un lucido calcolo che spiazza. Sembra convinta, la piccola Nic, che perdere la verginità determini l’ingresso nel mondo degli adulti, in una dimensione dove l’autonomia è maggiore e le sofferenze minori. Solo il legame di fratellanza sembra sopravvivere al deserto delle occasioni di crescita, dei sentimenti, della comprensione da parte del mondo adulto con cui si ritrovano a convivere i tre ragazzi. Purtroppo, anche in questo caso l’epilogo raggiunge limiti forse troppo pretestuosi: uno dei fratelli, per tenerezza e amore fraterno, insegna all’altro come masturbarsi e, in seguito, lo spinge tra le braccia di una prostituta; la più piccola, appena quattordicenne, arriva a concedersi al fratello maggiore per sacrificio e amore, un atto di affetto che supera ogni inutile (ai loro occhi) dubbio morale. Nondimeno siamo lontanissimi dall’intensità e dalla profondità di certi attacchi ai benpensanti, tipici di pellicole realmente scomode che affrontano il tema dell’incesto (si pensi, solo per citare due film di differenti stagioni cinematografiche e differenti realtà produttive, a La luna di Bernardo Bertolucci e a Gummo di Harmony Korine) in cui le situazioni sono certamente grottesche ma mai sardoniche. D’altronde, le stesse dieci regole di comportamento che Nic si autoimpone, visto che né la madre, né Mike hanno l’autorevolezza necessaria per offrirne di credibili, appartengono ad una sfera che, a ben vedere, non ha nulla a che fare con atteggiamenti rivoluzionari o trasgressivi. Sono dieci comandamenti che provengono dall’esperienza diretta della ragazza, non da una tradizione culturale condivisa e tesa a proteggere i componenti di una comunità dalle ripercussioni sociali, morali, culturali che determinate esperienze possono causare. In altre parole, in assenza di una famiglia e, soprattutto, di una società capace di unirsi sotto l’egida di un’etica comune, rimane solo un rapporto di fratellanza, alla pari, inevitabilmente piatto e sterile.

Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici

Poco utile in contesti didattici, il film di Taddiken può servire per osservare e studiare gli effetti che certe tecniche stilistiche possono avere sull’impianto ideologico e contenutistico di un’opera cinematografica. Altri titoli ben più significativi si possono trovare sul tema della “prima volta” (Io ballo da sola di Bernardo Bertolucci, il già citato Un’estate a La Goulette, 27 baci perduti di Nana Djordjadze) o su quello delle relazioni tra fratelli (es. Il ritorno di Andrey Zvyagintsev, La generazione rubata di Phillip Noyce, Rusty il selvaggio di Francis Ford Coppola). Marco Dalla Gassa