Out of the Blue

01/04/2010 Tipo di risorsa Schede film Temi Relazioni familiari Titoli Rassegne filmografiche

regia di Dennis Hopper

(Canada, 1980)

Sinossi

Cebe, un’adolescente di Vancouver, Canada, fan di Elvis Presley e del Punk, vive con la madre, Kathy, cameriera di un fast food. Il padre, Don, è in carcere da cinque anni dove sta scontando una pena per aver provocato la morte di un intero scuolabus, da lui tamponato con un tir guidato in stato di ubriachezza. Cebe, che ha un rapporto conflittuale con il mondo che la circonda, un giorno vede la madre iniettarsi della droga e fugge da casa. La sua fuga la porta ad incontrarsi con soggetti squallidi e superficiali: dapprima conosce dei soggetti che la vogliono obbligare a partecipare a un’orgia, poi un batterista di un gruppo punk rock che le permette di suonare la batteria durante un brano di un concerto. Ma Cebe viene rintracciata dalla polizia a seguito del furto di un’auto, riportata a casa e sottoposta alle cure del dottor Brean, uno psicologo infantile. Intanto Don, il padre di Cebe, viene scarcerato. L’uomo, che ha degli evidenti problemi di alcolismo, trova un lavoro nella discarica di rifiuti, ma l’avversione del genitore di uno dei bambini che avevano perso la vita nell’incidente di cinque anni prima fa in modo che perda il lavoro. Nonostante alcuni tentativi infruttuosi di riconquistare la famiglia, Don è sempre più preda del suo vizio, ed una sera, ubriaco fradicio, cerca di far accoppiare il suo amico Charlie con la figlia Cebe. Vista la resistenza di quest’ultima, Don recede dal suo tentativo, ma nel corso della notte tenta di abusare di lei. Cebe, allora, colpisce il padre con un paio di forbici e ne causa la morte, poi, dopo aver svegliato la madre ed averla condotta nel relitto del tir protagonista dell’incidente - suo abituale rifugio - fa saltare in aria se stessa e Kathy utilizzando della dinamite che pochi giorni prima lo stesso Don aveva trafugato dalla discarica.

Introduzione al Film

«Di nuovo sulla strada»

Dennis Hopper, talento paranoico, dipendente dall’alcool e dalle droghe, poco prima delle riprese di Out of the Blue era ancora in esilio dal dorato mondo di Hollywood, ossia da quando il suo secondo film, Fuga da Hollywood (The Last Movie, 1971) era stato boicottato e reso invisibile dalla Universal. Hopper, dopo il grandissimo successo di Easy Rider (1969), aveva ottenuto carta bianca dal colosso produttivo per realizzare un film che ripetesse il successo del precedente. Ma Fuga da Hollywood, che risente di tutto il corredo di paranoie e personalismi dell’autore (la lezione di Jean-Luc Godard, l’influenza del cinema underground americano, l’ispirazione delle droghe lisergiche), sconcerta per la sua ipertrofia di simboli, per la visionarietà, per l’anarchia che caratterizza la narrazione e per l’eccentrico legame tra le sequenze di una storia che è un vero e proprio trattato sull’eccesso dell’immagine. I dirigenti della casa di produzione, dopo aver visto la pellicola, allibiscono e minacciano Hopper, il quale si rifiuta di modificare il film. La normale distribuzione viene impedita, ad Hopper non verranno concesse altre chance di regia per circa nove anni. Ma nel 1980 c’è Out of the Blue, un film scritto e prodotto da un giovane regista esordiente canadese, Leonard Yakir. Hopper deve interpretare la parte di un padre alcolizzato, ruolo che ricopre spesso da quando il cinema ha deciso di sfruttare il ‘maledettismo’ per il quale è ormai famoso. Ma Yakir dopo pochi giorni dimostra di non sapersi districare dietro la macchina da presa e Hopper viene incaricato di salvare il prodotto occupandosi in prima persona della regia. Il risultato è un film freddo, cinico e ben calibrato nella direzione degli attori, con un gusto particolare nell’organizzazione delle inquadrature (sempre molto bilanciate, frutto del passato di fotografo del regista). Si sente l’ispirazione estetica della coeva New Wave newyorchese (Amos Poe, il Jim Jarmush del primo periodo, gli esordi di Susan Seidelman, Scott & Beth B.), ma il senso di ineluttabile tragedia incombente è tutto di Hopper, «di nuovo sulla strada», come dice ad un certo punto della pellicola alla figlia Cebe.

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

La ribellione e il rifiuto

La situazione familiare di Cebe, adolescente sul punto di spiccare il volo verso l’età adulta, ma ancora preda di desideri propri dell’infanzia protetta, non è sicuramente delle più rosee: la madre Kathy è dedita all’uso di sostanze stupefacenti (probabilmente eroina, che la donna s’inietta quando si sente un po’ giù di corda), si mostra facile preda di uomini vogliosi ed intesse una relazione con Paul, il gestore del fast food in cui lavora, mentre il marito Don dimora in carcere. Don, il padre di Cebe, è invece totalmente preda dell’alcool, che gli ha divorato il cervello ed è stato la causa principale dell’incidente con il quale ha ucciso un intero scuolabus cinque anni prima. Da allora Cebe vive con l’incubo costante di quel tragico evento (era presente nella cabina di guida del padre), che a più riprese ritorna nella sua vita (nel film attraverso improvvisi flashback), condizionandone le relazioni con le coetanee e procurandole un’aggressività figlia della rabbia e dell’insoddisfazione familiare (in diverse occasioni, infatti, la ragazza entra in conflitto, anche violento, con le sue compagne di scuola perché queste accusano il padre della strage dello scuolabus). A Cebe, allora, non rimane che abbandonarsi alla mitologia ribellistica incarnata da Elvis Presley (morto tre anni prima) e dal neonato punk, moda e filosofia di vita giunta dall’Inghilterra, in cui era nato nel ’76, che intende rivoltarsi contro ogni autorità stabilita a priori bruciando la propria vita sul piano dell’intensità e non su quello, canonico, della durata. La causa dei comportamenti ribelli di Cebe è facilmente rintracciabile nella disastrata situazione familiare, perché se scappa di casa e si avvicina pericolosamente ad individui che la vogliono coinvolgere in un’orgia, si aggrega ad un disastrato gruppo punk-rock e ruba un’auto (venendo fermata dalla polizia) è solo per stare il più lontano possibile da una madre che s’inietta una dose di droga. Il suicidio/omicidio infine scaturisce, in perfetta filosofia punk (non è un caso che per effettuare il suo folle piano Cebe si vesta con costume di pelle e spilla da balia infilata nella guancia, così come la moda proveniente dall’Inghilterra prevedeva), dal rifiuto totale della sua vita e soprattutto dei suoi genitori. Nel suo gesto estremo c’è certamente una dose di ribellione, ma c’è anche il tentativo di mettere fine - ritornando circolarmente nel luogo dove era iniziata - ad una parabola di morte e devianza che contamina tutto ciò che la circonda, come se fosse lei l’inconsapevole fattore contaminante. La filosofia punk è pienamente rispettata, così come la terribile vicenda di un’adolescente. L’innocenza di Cebe è sottolineata da Hopper per mezzo di una scena che merita di entrare in una ristretta antologia dei segmenti migliori del suo cinema: mentre dal fuoricampo provengono le urla animalesche di Don e Kathy che litigano, Cebe è seguita dalla macchina da presa nella sua stanza mentre si rivolge prima alla sua amata batteria, poi ad un orsacchiotto in cerca di conforto. Alla fine, continuando gli strepiti al di fuori della sua stanza, la ragazza si getta in terra in posizione fetale succhiandosi il pollice, per una regressione totale verso un alveo genitoriale non più in grado di fornirle la protezione di cui avrebbe avuto bisogno.

Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici

Un incidente di scuolabus all’origine del dramma

Un curioso parallelismo potrebbe essere introdotto confrontando Out of the Blue con Il dolce domani (The Sweet Hereafter, 1997; dal romanzo di Russell Banks) di Atom Egoyan. In entrambi i casi la situazione si origina da un incidente di scuolabus avvenuto in Canada: se nel film di Hopper la tragedia è causata dall’irresponsabilità di un autista ubriaco, nel film di Egoyan il mezzo finisce in un lago ghiacciato. Mentre in Out of the Blue l’incidente è l’origine di una crisi personale e familiare, il lutto del film di Egoyan colpisce un’intera comunità che deve operare un proprio personale superamento del trauma attraverso un sofferto percorso di elaborazione del dolore. Altra somiglianza tra le due pellicole l’accenno al tema dell’incesto, solo suggerito nella pellicola di Atom Egoyan, significato e mostrato nelle fasi preliminari in quella di Hopper. Out of the Blue può essere inserito in una discussione sulle famiglie disastrate dall’abuso di alcolici e sostanze stupefacenti, nell’ambito di un approfondimento su come le colpe degli adulti possano ricadere sulla minore età.

Giampiero Frasca