Maddalena zero in condotta

di Vittorio De Sica

(Italia, 1941)

Sinossi

La giovane e timida professoressa di corrispondenza commerciale, Elisa Malgari, scrive lettere d’amore ad un uomo d’affari viennese, Alfredo Hartman, il cui nome, fittizio, si trova nei libri di testo della sua materia, e alla cui silenziosa presenza affida i suoi sogni e le sue speranze. Casualmente però una di queste lettere viene trovata da Maddalena, spericolata e mascalzona allieva della Malgari, e altrettanto casualmente viene imbucata e spedita dalla compagna di banco della ragazza. Incredibilmente all’indirizzo segnato nella lettera corrisponde veramente l’abitazione di Alfredo Hartman il quale, ricevuto e letto lo scritto anonimo, incuriosito e affascinato dalle parole d’amore scritte, decide di andare a Roma per cercare l’autrice della lettera e per sposarla. Da quest’equivoco ne scaturiscono molti altri che coinvolgeranno oltre ad Alfredo ed Elisa anche Maddalena, che cercherà in tutti i modi di mettere insieme i due a rischio della sua stessa espulsione dall’istituto, il cugino italiano di Alfredo, Stefano Armani, che si invaghisce, corrisposto, di Maddalena, il padre di Maddalena, l’intero corpo insegnanti e le ragazze del collegio. Dopo alcune comiche situazioni, il film si conclude con il lieto fine, il fidanzamento tra Elisa e Alfredo, e la sostituzione nei libri di testo del nome di Alfredo Hartman.

Analisi

Secondo lungometraggio del giovane De Sica, Maddalena zero in condotta si inserisce nel filone delle commedie di origine asburgica che tanto erano in voga nell’epoca fascista dei telefoni bianchi, nonché nei film di genere collegiale che si erano visti in quegli stessi anni, da Seconda B di Goffredo Alessandrini a Ore 9 lezione di chimica di Mattoli, passando per Il birichino di papà di Raffaele Matarazzo. Il contesto in cui esce il film, lontano anni luce dal periodo neorealista del regista, sia per tecnica che per profondità di argomentazioni, ma anche dal successivo periodo “disimpegnato” dell’autore, ci rivela il primo dato essenziale della pellicola ovvero la ‘tradizionalità dell’impianto narrativo’. Commedia degli equivoci, scambi di persone, innamoramenti apparentemente contrastati, opposizione (Maddalena estroversa, la professoressa timida) o identità caratteriale (Stefano Armani è il doppio di Alfredo) tra i personaggi, macchiette comiche (il professore di ginnastica acciaccato, la direttrice burbera ma buona, la studentessa svanita), lieto fine: De Sica afferra a piene mani dalla tradizione della commedia dell’arte (egli recita, tra l’altro, Alfredo Hartman figlio, padre e nonno, dimostrando le proprie capacità di ‘maschera’), per sviluppare un canovaccio comico non distante dall’impostazione teatrale cui deriva il soggetto e la stessa esperienza attoriale del regista. Tuttavia consuetudine della storia non significa, in questo caso, banalità di contenuti. Maddalena zero in condotta si dimostra, infatti, una pellicola ricca di spunti e suggestioni sagaci. Innanzi tutto, il film riesce a tratteggiare, con buona profondità, il carattere, i sentimenti e la personalità delle attrici principali: Maddalena, giovane e scapestrata ragazza, vero motore della storia, e soprattutto Elisa, insegnante timida e sognatrice. La coppia antitetica, opposta nei modi di fare e di essere, è sintesi riuscita dello sfaccettato mondo femminile. In tal modo, diventa più evidente la contraddizione che si crea tra la complessità dei personaggi femminili e la vacuità degli altri personaggi dai cugini di nobili origini Alfredo e Stefano, fino ai professori del collegio femminile. De Sica introduce, seppure in modo ancora manierato e poco graffiante, uno dei temi a lui più cari: lo scherno nei confronti dell’universo aristocratico e borghese, unito alla ricerca della autenticità dell’essere nelle classi escluse della società (quelle dei ceti più bassi come in Ladri di biciclette o Miracolo a Milano, degli anziani come in Umberto D o dei bambini come in Sciuscià o in I bambini ci guardano). Nel nostro film, la veridicità dell’esistenza è caratteristica esclusiva delle ragazze del collegio, tratteggiate come un gruppo coeso e indistinguibile – se si fa eccezione per Maddalena e per le figure, strumentali alla storia, della privatista e della secchiona – una sorta di mandria animalesca e vitale, e del bidello, buffa ma nel contempo ammaliante maschera popolana. Altrettanto profonda e per certi versi corrosiva è la descrizione del mondo della scuola. L’esuberanza delle ragazze fa da contr’altare alla miopia del corpo-insegnanti, responsabile dell’educazione delle giovani generazioni, ma di fatto incapace di educare anche se stesso. La tematica pedagogica, nascosta nelle pieghe della commedia, palesa l’incapacità dell’adulto di accompagnare la crescita del ragazzo: l’insegnante di ginnastica è sintomaticamente inabile a qualsiasi sforzo fisico, l’insegnante di chimica non fa altro che affermare la necessità di una severa educazione, l’insegnante di lettere pensa più a sciare che a seguire i suoi ragazzi. La “necessaria” espulsione di Maddalena (la direttrice, sebbene capisca il gesto della ragazza a favore della sua professoressa, le vieta di presentarsi alle lezioni) non fa che confermare infine la vecchiaia e la rigidità di un sistema scolastico e soprattutto il baratro generazionale presente tra adulti e giovani, baratro che De Sica percepiva già forte e che successivamente riproporrà in I bambini ci guardano, in Sciuscià e in Ladri di Biciclette.

Marco Dalla Gassa

 

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